Questa fantastica ottobrata campana mantiene la lana negli armadi e i rossi importanti in cantina. E mentre i produttori delle uve a vendemmia tardiva si fregano le mani per l’insperato risultato ottenuto da una annata partita molto male, noi diciamo: si continua con i bianchi dal gusto tipico a prezzi da affare. Come il Tramonti bianco 2005 di Apicella, blend di falanghina e biancolella lavorato da Prisco, il figlio di Giuseppe che ha studiato enologia in Piemonte. Ancora pochi conoscono il cuore agricolo della Terra delle Sirene, dove si produce quasi tutto quello che poi arriva alle tavole dei ristoratori di qualità, una civiltà contadina sopravvissuta al caro, carissimo, prezzo imposto dalla fame dalla quale sono fuggiti quasi tutti per cercare fortuna negli Stati Uniti come il nonno di Mario Cuomo o, nel Dopoguerra, al Nord dove si sono imposti come pizzaioli. Una, al massimo due generazioni fa, le gole di Tramonti, il comune che vive attraverso tredici frazioni, rimasero quasi disabitate, le sue bellissime chiese e i conventi abbandonati. Poi il turismo costiero ha rappresentato la prima possibilità di sopravvivenza e alcuni, come Giuseppe, hanno deciso di tornare. Lui per produrre vino dalle uve coltivate su viti a piedefranco capaci di coprire una collina, e invece di venderlo sfuso, ha iniziato ad etichettare. Dopo di lui, in tempi recenti, Reale e San Francesco, ma non è finita perché un’altra azienda, curata dal giovane Gerardo Vernazzaro, enologo di Cantina degli Astroni, sta per uscire con i suoi prodotti. E Salvatore De Riso ha trapiantato il cuore della sua attività qui, dove c’è lo spazio adatto per poter lavorare alla grande, come del resto i numerosi caseifici. Tramonti, dunque, testa e cuore della Costiera ancora fuori dai circuiti di massa, ma ricca di grandi sorprese come ci diranno Michele Manzo, Luigi Moio e Antonella Monaco nel convegno sul Tintore organizzato nella chiesa rupestre di Gete dall’omonima associazione il 12 novembre. Tramonti, come quelli mozzafiato di cui è possibile godere dalla sala del Santa Caterina di Amalfi dove abbiamo provato il bianco di Giuseppe e Prisco sul duo di cannelloni vegetariano e tradizionale, un must dello chef Domenico Cuomo. Il bianco, in uscita sotto i dieci euro, ha mostrato la sua capacità di abbinarsi anche a piatti saporiti e strutturati grazie all’equilibrio raggiunto in bottiglia. Lo abbiamo provato dopo il More Maiore di Mastroberardino, un Fiano importante fermentato in legno, e non ha affatto dato la sensazione di scendere come scala di valori. Un piccolo grande vino da poter spendere ancora per qualche anno senza problemi.