
di Tonia Credendino
Dal blog Il Gastronomo Riluttante-Mucca Pazza alla sala di Al Cambio: la storia intensa e sincera di un cinquantenne che ha fatto della sala un’arte.
Dedicato a chi ama il silenzio della sala quando si accende la luce. A chi sa che l’accoglienza non si improvvisa. A chi ha scelto l’umanità prima della scena.
Via Partenope, Napoli. Il mare si colora di rame al tramonto. Dentro la sala calda e contemporanea di Jacanà Churrasco e Pizza, lo scorso 9 aprile si è celebrata la presentazione di Nato Oste, il libro di Piero Pompili, edito da Maretti Editore. Una serata di ascolto e condivisione, guidata da due voci autorevoli e profondamente legate al mondo dell’enogastronomia: Luciano Pignataro e Maurizio Cortese. Una sala gremita, attenta, viva. Tutti lì per lui, Piero, oste e uomo, che da anni dà forma e sostanza a quella parte del ristorante che non sempre fa notizia: la sala, dove lo sguardo vale quanto un piatto e la parola è un ingrediente delicato.

“Questo è un libro d’amore”, lo ha detto Maurizio Cortese, con la voce piena e lo sguardo fermo. Un libro d’amore in tutte le sue forme: per un mestiere, per una visione, per chi ci ha sostenuti nei momenti più duri. Cortese, dopo aver letto il libro, ha voluto condividere con il pubblico la figura di Arnaldo, colonna fondamentale nella vita di Piero, presenza silenziosa ma decisiva. “Mi ha colpito profondamente il modo in cui Piero racconta il suo legame con Arnaldo: è una storia d’amore vera, fatta di rispetto, dedizione, collaborazione profonda. Una di quelle relazioni che fanno crescere e attraversano anche la malattia con dignità.”
Luciano Pignataro, con la sensibilità che lo contraddistingue, ha ricordato i primi passi digitali di Pompili con il blog “Mucca Pazza”, uno dei primi spazi italiani dedicati alla narrazione gastronomica dal basso: “Era avanti, visionario, quando i social ancora non c’erano. Piero si è buttato, ha cercato verità, ha scelto di raccontare senza filtri”. E da lì si è passati a uno dei passaggi più forti e sinceri del libro.
“#Bellamerda! Non è tutto MasterChef ciò che luccica”. Così si intitola uno dei capitoli più intensi di Nato Oste. Tutto nasce da un post pubblicato da Pompili in un momento di febbre e stanchezza prima del lavoro. Una frase ironica e brutale: “Lavorare in un ristorante? #Bellamerda”. In poche ore il post diventa virale. Era il 2019, e da lì a poco sarebbe iniziata una nuova stagione di MasterChef. Pompili non lo sapeva, ma le sue parole avrebbero innescato un vero “celebrity match”: Pompili contro MasterChef. “Quasi un manifesto anti-MasterChef”, scrisse Pignataro sul suo blog. Ma dietro l’ironia c’è molto di più. C’è la voglia di dire le cose come stanno, senza romanticismi e senza filtri. “Oggi tutti vogliono fare lo chef. Nessuno vuole più servire in sala. Eppure, senza la sala, la cucina è muta”, scrive Pompili. E ancora: “Il ristorante non è solo show. È fatica, lucidità, dedizione. Ma può essere anche bellezza, quando vissuto con rispetto.”
Quando ha preso il microfono, Piero Pompili ha parlato senza barriere, con quella voce ferma ma gentile che sa arrivare dritta. Ha raccontato il suo passato da ragazzo marchigiano cresciuto nel culto del lavoro: “A 13 anni guadagnavo 900 euro. A 18 ne avevo messi da parte 50mila. Non potevamo stare con le mani in mano. Ma oggi mi rendo conto che non ho mai celebrato nulla. Ho lavorato, ho fatto. Scrivere questo libro è stato il mio modo per riconciliarmi con me stesso.”
“Cosa significa oggi essere un oste?” Questa è la domanda che gli ho rivolto. E lui ha risposto senza esitazione: “Essere oste oggi significa scegliere la relazione, ogni giorno. Significa osservare, accogliere, ascoltare. Custodire storie. È un lavoro di silenzi, di mani sulle spalle, di piccoli dettagli che cambiano tutto.”
Dopo le parole, è arrivato il piatto. La vera lasagna alla bolognese, quella di Al Cambio, celebrata anche dal New York Times tra i 25 migliori primi piatti d’Italia. Una lasagna sontuosa, identitaria, preparata con: sette strati di sfoglia verde (con spinaci e prezzemolo), ragù di maiale sfumato al vino rosso, besciamella vellutata e Parmigiano Reggiano generosamente grattugiato. Accanto, due vini pensati per accompagnare: il Gragnano Otto Uve, fresco, frizzante, napoletano, e il Lambrusco Brutrosso di Cantina della Volta, elegante e asciutto. A completare il quadro, le carni alla brace della churrascaria Jacanà, servite con generosità e sapore.
Nato Oste è un libro che vuole restare. Parla della sala come cuore della ristorazione, della memoria come forma di resistenza, della verità come gesto d’amore. Pompili scrive per ringraziare, per restituire, per non dimenticare.
In un mondo che corre, semplifica e dimentica, questa serata ci ha ricordato che la famiglia non è un ricordo, ma un seme da proteggere. Che il sapere autentico non è un privilegio, ma una responsabilità da tramandare. Che l’oste, quando è vero, non serve piatti: serve storie, memorie, umanità.
Leggere Nato Oste significa sedersi idealmente a uno di quei tavoli che Piero ha servito per una vita, ascoltare senza fretta, ritrovare parole che scaldano e insegnano. Un libro che sa di pane, di fatica e di verità. E che merita di essere letto, custodito e, magari, raccontato. Dal 22 aprile in tutte le librerie, oppure per chi desidera riceverlo prima, su www.marettimanfredi.it.
Alcune foto sono di Federica Capo.
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