di Pasquale Porcelli
Foto di Eustachio Cazzorla
La dovuta e formale cronaca dell’evento
Nell’ambito delle iniziative che anticipano la manifestazione di Radici il festival dei vini autoctoni di Puglia e Basilicata che si terrà il 14-15 giugno si è svolta la degustazione verticale di “Masseria Maime”, il Negromaro di Tormaresca, l’azienda pugliese degli Antinori a Minervino Murge.
La manifestazione ha avuto luogo in una delle due tenute di cui si compone l’azienda, Bocca di Lupo che si estende su 170 ettari, tra le prime propaggini dell’Appennino lucano e le valli che portano all’Adriatico. L’altra, appunto Masseria Maime, si trova nel Salento. La degustazione, introdotta da Nicola Campanile a nome di Radici che ha curato l’organizzazione e coordinata da Luciano Pignataro, ha visto partecipare un folto gruppo di addetti ai lavori che hanno potuto così ammirare la struttura molto suggestiva appena terminata.
Le considerazioni personali (anche se non richieste)
Mentre Renzo Cotarella deus ex machina del gruppo Antinori ed il mio amico Enzo Scivetti a cui è stata affidata l’aspetto sensoriale della degustazione verticale di Maine delle annate 2001-2002-2003-2004-2005-2006, andavano avanti nell’analisi delle annate e dei vini, constatavo quanta differenza correva con i Negromaro che avevano fatto la storia di questo vitigno Salentino. Vini come Patriglione e Graticciaia a loro tempo avevano sdoganato questo vitigno dalla massa dei vini da taglio, facendosi conoscere ad un pubblico anche internazionale. Se si ha in mente questo modello di Negroamaro il Maine spiazza. A suo tempo il Patriglione ed il Gratticiaia furono il frutto di intuizioni innovative del grande enologo Severino Garofano (rispettivamente sovramaturazione ed appassimenti) che tuttavia si inserivano bene in una tradizione che vedeva vini di spessore con frutto proteso verso la confettura, muscolosi e potenti. Un’evoluzione, all’interno di un quadro assolutamente tradizionale.
Il Maime è un’interpretazione del Negromarao completamente antitetica con una ricerca attenta del frutto non surmaturo, capace di invecchiare come s’è visto nelle annate 2001 e 2002 senza creare sviluppi terziari pesanti, ma con una esaltazione della componente minerale più leggera pur mantenendosi nella zona empireumatica. Un vino, frutto di questi tempi, ancora alla ricerca di una vera identità che tuttavia traspare con uno stile ben definito, che traccia un profilo diverso del vitigno sinora conosciuto. Non si tratta ovviamente di fare valutazioni qualitative, di stabilire quale sia migliore,ma di accettare anche un’altra interpretazione del vitigno, senza essere per questo considerati “eretici”. La storia dei vitigni Pugliesi come quella di tutto il sud è troppo breve per avere certezze assolute in un senso o nell’altro. Nel difficile compito di tracciare un’aderenza territoriale le due diverse interpretazioni possono trovare uguale cittadinanza come due facce della stessa moneta.
Poche righe per i Vini
Masseria Maime 2001
Frutto di una buona annata, un po’ calda, ma che ha consegnato uve completamente mature e quindi permesso una buona espressione. A distanza di anni anche se con corpo non certo pieno, mantiene acidità ancora viva e tannino vibrante. Longevità assicurata.
Masseria Maime 2002
Annata complessa con una maturità fenolica diversa e con acidità leggermente più sostenuta. Si percepiscono note terziarie minerali che sconfinano nella pietra focaia. In bocca è vigoroso un tannino leggermente immaturo ed una lunghezza inferiore all’annata precedente.
Masseria Maime 2003
Annata difficile per antonomasia, tra le più calde di fine secolo, con uve quasi sovramature, al limite. Sconcerta e sorprende la freschezza che ne risulta dalla degustazione con note di ciliegie sotto spirito al naso e con tannini abbastanza setosi che si stemperano in un finale di liquirizia. Un gran bel lavoro.
Masseria Maime 2004
Un vino che si distacca da tutte le annate degustate e che c’entra poco con lo stile proposto. Derivante da un’ annata soleggiata, si propone con una intensità del frutto fuori tono con sottolineature vegetali, anche se non spiacevoli. Si percepisce un corpo più grasso (le viti giovani cominciano a dare risultati anche in termini di sostanza), un’acidità più sostenuta e meno tannicità.
Non giurerei molto sulla sua longevità.
Masseria Maime 2005
Annata discreta con pioggia nel finale, ma con uve tuttavia arrivate integre. Al naso frutto ancora leggermente sottoposto alle note del rovere, che con il tempo come constatato nelle annate precedenti sarà completamente assorbite e metabolizzate. In bocca è pieno con spalla acida leggermente in evidenza, mentre i tannini sono in piena evoluzione.
Masseria Maime 2006
Un’annata definita ottima con piena maturazione fenolica delle uve. Anche se ancora giovane si comincia a delineare il profilo del Maime del futuro, quando le viti entreranno in piena vigoria. Al momento è quello più definito, immediato al naso con frutto decisamente fresco e bocca di buon volume, viva acidità e con tannini di qualità.
Tutti i salmi finiscono in gloria
Come si comprenderà da queste annotazioni, prese al volo, lo scopo della degustazione dichiarato anche da Renzo Cotarella era quello di cogliere le evoluzioni di questo vino nel tempo, senza stabilire graduatorie, anche se ovviamente ognuno ha potuto farsi la sua idea. La manifestazione ha trovato la sua degna conclusione nella cena, dove i vini sono stati sottoposti alla prova dei piatti magnificamente preparati da Peppe Stanzione cuoco della Casa del Nonno, il ristorante di Mercato San Severino inventato e diretto da Raffaele Vitale.
La cena è stato un grande e complessivo momento di piacevolezza sottolineato anche dal gaudente clima di informale convivialità in cui si è svolta tutta la manifestazione.
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