Oggi voglio raccontarvi una storia, la storia di un quarantenne, napoletano di adozione torinese, partito da una laurea in Giurisprudenza e giunto ad un Corso Master di Alto Apprendistato per panettieri e pizzaioli presso L’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Il percorso non è esattamente quello ordinario come infatti, non è il suo protagonista, Dario De Marco, mille passioni e tanti sogni nel cassetto.
Un ragazzo emigrante, certo senza valigia di cartone, un emigrante 2.0 come si autodefinisce, figlio del precariato intellettuale, partito dal sud alla volta del laborioso nord con la voglia di fare il giornalista. Desiderio realizzato per certa parte della sua vita, sino a che, licenziato, con un figlio in arrivo, si reinventa, apre un blog, scrive un libro e nel contempo fa il “mammo (parola che il nostro detesta, ma ci perdonerà)”. Molti di noi avrebbero provato sconforto, si sarebbero arrovellati tra i ma ed i perché cercando una risposta ai propri rimpianti. Lui no, lui invece, animato dalla passione e dall’incontenibile energia profusa dal piccolo fagotto di cui amorevolmente si stava occupando, partorisce l’idea di cambiare strada, di seguire un nuovo progetto, e svolta. L’artigianato nella sua forma più vera lo affascina, sente forse il bisogno di non creare più parole ma cose e, dunque, realizza un prodotto come “capolavoro” finale del percorso di Alto Apprendistato, che a mio avviso, sa di geniale: il CASATIELLONE.
In apparenza un casatiello, tipico rustico pasquale napoletano, che sembra un panettone, noto dolce natalizio milanese. In realtà la novità vera sta nella fusione di due ricette che originano un grande lievitato di nuove generazione. “In un’Italia forse più unita rispetto a centocinquanta anni fa, o anche solo a cinquanta. O forse no. Prendere i due simboli gastronomici delle due culture e unirli, fonderli in qualcosa di nuovo e diverso, ma che avesse un po’ dell’uno e un po’ dell’altro, è stato un modo per me di ricreare, almeno a tavola, almeno a casa mia, quell’unità d’Italia mai serenamente raggiunta”. Quando gli chiedo da dove nasca l’idea del casatiellone, mi risponde: “Con sorpresa, quasi con orrore, ho scoperto nelle mie peregrinazioni gastronomiche per il nord Italia che non solo le persone comuni, ma anche gli addetti ai lavori – panettieri magari in grado di realizzare una perfetta baguette o un pan de muerto della tradizione messicana – non conoscevano il casatiello, non l’avevano mai sentito nominare. Colpa loro? Colpa nostra, forse. Certo è che per una serie di circostanze l’immagine di Napoli a tavola è una sola: pizza, pizza, pizza”. E cos’è esattamente?: “Ho voluto azzardare qualcosa che si spingesse un po’ più in là, una fusione. È vero, gli ingredienti sono quelli del casatiello. È vero, lo stampo è quello del panettone. Ma sono state inserite alcune ibridazioni: la farcitura non è inserita nella pasta schiacciata e arrotolata dopo la prima lievitazione, ma incorporata nell’impasto da subito; e così nell’impasto è inserito il grasso, che per di più non è la sugna (una versione meno nobile dello strutto) ma il settentrionalissimo burro; infine le uova, simbolo di rinascita prettamente pasquale, non sono in risalto ma nascoste anche loro nell’impasto. Il risultato, o almeno l’obiettivo, è così quello di creare un qualcosa che abbia il sapore deciso e rustico del casatiello, e insieme la sofficità e la piacevolezza dei grandi lievitati”.
Cosa fa oggi Dario De Marco? Lavora da Pomodoro e Basilico, pizzeria gourmet di Patrick Ricci, tre spicchi del Gambero per tre anni consecutivi, e con lui sperimenta su nuovi impasti per la pizza, sulla produzione di pani regionali e tipici e sullo sviluppo di nuovi lievitati. Elemento di punta, ovviamente il Casatiellone che si può trovare, su ordinazione non solo nella sua versione originale, ma in più varianti.
Dario, sei soddisfatto della tua nuova vita? “ Io ho sempre fatto delle scelte seguendo la mia passione anziché la convenienza o l’opportunità. Negli studi come nel lavoro come nelle svolte. Questo mi ha portato più difficoltà ma più soddisfazioni. Non mi sono mai fatto i soldi, ma mi sono sempre divertito! Fino alla prossimità svolta…”.
Attendiamo fiduciosi che l’estro di Dario sforni a colpi di farine e lieviti piatti che sanno di tradizione ma guardano al futuro, come solo un emigrante 2.0 dal cuore grande sa fare.
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