Non è nostra abitudine entrare nel merito delle scelte delle guide. Primo perché è inutile. Secondo perchè ogni polemica, per quanto giusta e sacrosanta, non è altro che pubblicità gratuita che va a favore del criticato in base alla nuova logica che guarda ai numeri a prescindere dai contenuti.
Del resto ogni scelta ha una sua logica, può essere condivisibile o meno, comunque ciascuno è padrone a casa sua, soprattutto se è un soggetto privato.
Però il motivo della revoca della Guida Michelin 2025 della stella più vecchia di Napoli che Lino Scarallo aveva conquistato a Palazzo Petrucci 15 anni fa resta incomprensibile.
La cucina è sempre stata tonica, ricca di spunti, il servizio impeccabile. Il successo di pubblico ha portato Palazzo Petrucci ad essere una azienda media con 40 dipendenti, investire in tutto il Palazzo dopo il trasferimento anno dopo anno, creare una delle cantine più smisurate d’Italia.
Era una stella che faceva simpatia alla Michelin, dove il cliente è a proprio agio, nessuno interrompe quindici volte a pasto la conversazione e quindi è l’ideale bene per un incontro romantico, amichevole o per affari con vista sul mare di Posillipo.
Una cucina moderna e mediterranea, basata sull’olio d’oliva, l’elemento vegetale e del mare.
Napoli vive così adesso un paradosso: è il capoluogo della provincia più stellata d’Italia ma al tempo stesso ha soli tre ristoranti stellati, davvero pochi considerato il flusso di turisti e il milione di residenti.
Edoardo Trotta e Lino Scarallo sono uomini di mondo, niente lagna su Facebook. Forse chiederanno con garbo una spiegazione che il direttore Lovrinovich ha ritenuto di non dare sinora comportandosi come l’algoritmo di un social che improvvisamente blocca un account, sostanzialmente privo di rispetto umano.
La richiesta, se mai avrà una risposta, non restituirà la stella perché se immotivata è stata la rimozione altrettanto lo sarebbe la restituzione.
C’è chi azzarda una spiegazione: troppe cerimonie. Ma se questa fosse la logica, posto che al ristorante è riservato un intero piano separato e che nessuno si è mai lamentato di nulla, dovrebbero restituire la stella un bel po’ di locali, soprattutto quelli che hanno il fine dining vuoto in cui mangia solo l’ispettore Michelin mentre il resto della struttura piena di clienti al bistrot di cucina tradizionale e al bar.
Ecco, forse il problema è questo: non era un ristorante vuoto, ma sempre pieno, funzionante a pranzo e a cena, tutto l’anno.
Troppo ristorante per restare stellato.
Ps: Lino, ragazzo umile e appassionato, da ieri non riesce a parlare. Gli sia di conforto la solidarietà di decine di colleghi sotto il post di un suo amico. La Michelin è forte, ma il vecchio passaparola lo è ancora di più, nonostante tutto.
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