Terre di Vite, atto terzo. Anatomia di un successo

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Alessandro Marra

La formula “Terre di Vite” è ormai collaudata e appuntamento dopo appuntamento (quello dello scorso weekend al Castello di Buronzo era il terzo) si conferma vincente.

Anzitutto, per gli appassionati: la selezione dei produttori si è arricchita di nomi nuovi, innalzando ulteriormente il livello qualitativo dei prodotti. E poi per i produttori stessi, felici di aver di fronte un pubblico interessato e anche con certe conoscenze di base, pronto ad ascoltare le loro storie e i loro vini.

 

 Qualche nome nuovo, dicevo. Per me, ad esempio, Moriondo, viticoltore valdostano che mi dicono da più parti sia da tenere d’occhio. Non ho avuto il tempo di assaggiare tutti i suoi vini ma il suo Echanson 2005 la dice lunga sul personaggio Giulio Moriondo. Un uvaggio composto da un 30% di uve chardonnay attaccate dalla muffa nobile (cosa rara in Valle d’Aosta) e da un 70% di pinot grigio raccolto in stato di sovramaturazione. Il risultato nel “coppiere” – questo il significato letterale di “echanson” – è un vino che non dimostra gli anni e i gradi che ha, tanto è vogliosa la beva. Nessuna chiarificazione, nessuna filtrazione. Odori caldi promanano dal calice: di pesca disidratata, di canditi e di frutta secca che si intonano con le dorate tonalità del colore. Leggermente abboccato, il sorso; magari appena un po’ cortino rispetto alle attese, ma niente da dire: un vino irripetibile ed emozionante nella sua unicità.

O ancora, Manaresi, con i suoi due bei pignoletto dei colli bolognesi. Quello frizzante (il mio preferito), leggermente aromatico, dai profumi fraganti di pesca bianca e melone, fresco e vivace, di invidiabile lunghezza al palato. E quello fermo, stessi e identici odori del primo, più caratterizzato sul finale da quella bella nota amarognola e dal ricordo di fieno.

 

E poi le conferme: i vini di Luciano Capellini, audace viticoltore in quel di Volastra e di Luciano Ciolfi (Sanlorenzo) da Montalcino, new entry nel gruppo di “Terre di Vite”; i rossi da aglianico di Sara Carbone e quelli da chiavennasca di Ar.Pe.Pe.; il Vin Santo 2003 e i Nobile di Susanna Crociani, il Cirò di Francesco Maria De Franco (A’Vita) o il Faro di Bonavita. E ancora, i Barolo di Augusto Cappellano, compreso il meraviglioso barolo chinato. Che faccio, vado avanti?

 Il tutto servito con gli abbinamenti artistico-musicali di “Calici d’Arte” . Insomma, una manifestazione che si è ritagliata ormai uno spazio importante grazie all’appassionato lavoro del “trio ABC” (Arturi-Brandoli-Conti) e del loro staff, con il prezioso aiuto di Roberto Giuliani.
Come dire, s’è appena conclusa la terza e molti – me compreso – già aspettano la prossima edizione.


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