I FAVATI
Uve: Greco di Tufo
Fermentazione ed affinamento: acciaio e bottiglia
Prezzo: dai 10 ai 15 euro
Punteggio: 90 (Alla vista: 5/5 – Al naso: 25/30 – Al palato: 27/30 – Bonus: 33/35)
La fierezza, la dignità dell’appartenenza, la sottile malinconia di valori tanto radicati quanto a volte facilmente ignorati. Non si può produrre vino prescindendo dai primi due elementi appena citati, non ha senso invischiarsi nell’impresa di fare vino se non credi nel valore della tua terra, men che meno se la ignori in virtù del solo fine di produrre reddito. Mi sono ritrovato, ultimamente, parecchie volte a guardare la vigna su cui affaccia il balcone di casa mia. Tutta sarà poco più di un ettaro, terrazzato, curato con parsimonia, vecchio quasi come il contadino che lo conduce ed allevato con il sempre suggestivo “spalatrone puteolano”.
A dirla tutta, dà un vino da poco o niente, ma la fierezza e la dignità dell’appartenenza con la quale don Antonio, e di tanto in tanto suo fratello, vecchio forse più di lui, ci spendono intere giornate, in questi giorni anche sotto la pioggia, mi fa pensare a qual valore abbia la terra per chi coltiva la vite. Decisamente Incalcolabile.
Con questo pensiero mi lascio alle spalle Cesinali, così si esaurisce la piacevole giornata trascorsa a casa di Rosanna Petrozziello e la famiglia Favati tutta, con le stesse ultime curve prima della strada statale che mi avevano accompagnato qui dall’uscita autostradale Avellino est. Con me però anche la convinzione di aver ritrovato vini davvero importanti, come avevo sempre avuto modo di assaggiare, ma oggi più che mai ascritti ad una identità ben precisa e a quanto mi è parso sempre più riconoscibile soprattutto nella personalità di una straordinaria donna del vino –Rosanna appunto – che al vino, d’un tratto, si è dovuta concedere in tutto e per tutto per dare continuità ad un progetto iniziato per volontà della famiglia ma che in lei, anzitutto in lei, ha trovato linfa vitale per affermarsi e progressivamente proporsi come tra i più interessanti e solidi dell’areale irpino.
L’azienda nasce nel 1996 per volontà dei fratelli Piersabino e Giancarlo Favati (di cui Rosanna è moglie, ndr) e sin dal primo imbottigliamento, annata 2000, si è subito imposta come un riferimento da non perdere d’occhio, sul fiano in particolare che rimane la loro specializzazione, il loro fiore all’occhiello, espresso tra l’altro anche con un sempre interessante spumante metodo charmat, il Cabrì. Per la verità la prima vendemmia del fiano di Avellino è avvenuta nel 1999, ma date alcune complicanze sopraggiunte in commissione per l’allora doc, in primis per banali errori di interpretazione del grado alcolico, si lasciò preferire, pur di non declassare la produzione, il tombino della cantina allo svilimento di quattro anni e mezzo di lavoro, il che la dice lunga sull’approccio che coltiva la famiglia Favati con il mondo del vino! Oggi l’azienda conta giusto 12 ettari di vigna di cui 10 di proprietà, sparsi qua e là nelle sottozone maggiormente vocate del territorio sia per quanto riguarda il fiano di Avellino che l’aglianico di Taurasi, tra la stessa Cesinali per il primo e varie parcelle nei comuni di Montemarano e Venticano per quando riguarda il secondo. I due ettari di greco sono invece in conduzione, ma ciò nulla toglie, ed il Terrantica 2009 ne è testimonianza tangibile, alla straordinaria capacità di ben interpretare uno tra i più interessanti varietali regionali. Il tutto si traduce in circa 100.000 bottiglie prodotte, delle quali più della metà vanno all’estero.
Dagli assaggi per la verità gran parte della mia attenzione è ricaduta sull’ottimo Fiano di Avellino 2009, sempre “etichetta bianca”, che personalmente ritengo il migliore sino ad oggi uscito dalle porte di questa cantina, oggi seguita da Vincenzo Mercurio: un vino di una piacevolezza olfattiva e progressione gustativa sinceramente molto al di sopra della media dei Fiano 2009 sino ad oggi assaggiati. Ma non posso negare la tanta curiosità su questo greco di Tufo, anzitutto perché se per i Favati fare fiano è una vocazione naturale, il greco non sembra affatto soffrire di minor attenzioni, sfoggiando con questo millesimo una gran verve, soprattutto al gusto, che ne fa presagire non poca fortuna. Sia chiaro, non è un vino “facile”, tutt’altro, e la veste di “selezione” – o come spesso anch’io amo tradurre in cru – confido sia ben spiegata al ristoratore di turno come dal sommelier all’avventore appassionato: è un vino che va lasciato respirare e soprattutto servito ad una giusta temperatura (12°-14°) per non ghiacciare con le papille gustative anche i sottili ma persistenti profumi minerali e soprattutto una vivacità gustativa che sorso dopo sorso si tramuta in una profondità davvero encomiabile, che avvolge il palato e non lo lascia per molto, molto tempo.
Si è parlato, spesso, di non pochi errori di interpretazione di questo come altri varietali autoctoni campani, nel tentativo, di rendere più slanciate note olfattive per la verità sempre poco caratterizzanti vini del genere, il greco su tutti, ed ammorbidire certe sfumature gustative magari troppo poco appetibili dal gusto internazionale quanto invece patrimonio di questo vitigno in particolare. Ebbene, lo stile dei vini dei Favati non si è mai piegato a questo gioco al massacro e semmai servisse un esempio per ribadire ancora una volta il concetto che l’unica molla per affermare e consolidare la viticultura regionale sia la profonda biodiversità che la caratterizza e non il vano tentativo di renderla puttana, beh, il Terrantica merita sicuramente una delle poche candidature alle primarie!
Questa scheda è di Angelo Di Costanzo
Sede a Cesinali, Piazza Di Donato Tel. 0825.666122 e 0825.666898. Proprietà: famiglia Favati Enologo: Vincenzo Mercurio. Ettari: 10 di proprietà, + 2 in conduzione. Bottiglie prodotte: 100.000. Vitigni: fiano, greco, aglianico di Taurasi.
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