FONTANA GALARDI
Uva: aglianico, piedirosso
Fascia di prezzo: da 30 a 35 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Come ho festeggiato il Premio Veronelli
A Roberto. Con un brindisi all’amico che ci ha voluti lasciare nel pieno del nostro gioco vitale chiudo mercoledì la giornata del Premio Veronelli: in un ambiente internazionale dove siamo gli unici italiani, nella bella sala del Borgo San Jacopo attiguo a Ponte Vecchio stupidamente snobbato dai fiorentini, con un carissimo collega dell’Ansa che talvolta mi aveva accompagnato nelle prime scorribande a Galardi, quando era, e lo è ancora in effetti, un giovane di buone speranze appresso al suo capo. I passaggi importanti dell’esistenza, professionale e personale, sono questi, vince la ritrosia meridionale quotidie sempre umiliata dal tipo di lavoro e di attività che svolgo, emerge improvvisa la voglia di ritirarsi nelle cose lunghe, certe e profonde, mentre magari si dovrebbe fare il contrario, farsi vedere di più, rispondere alla gioia delle amiche e degli amici sinceri. Ma il Premio Veronelli è un lampo di vita particolare davvero non comune, non è una cosa solo mia, lo avverto dalle decine e decine di telefonate, messaggi e mail che mi arrivano, senti la tua fisicità appartenere ad altri, alle tante persone perbene, ma anche ai pochi vermi che operano nel territorio. Il mio, qui va bene il possessivo, territorio. L’emozione mi ha tradito per la prima volta da quando parlo in pubblico, carico questo regalo di significati profondi, di immagine forte ma anche di robusta sostanza, ed è così che rientrando precipitosamente da Milano decido improvvisa la tappa a Firenze, la città prigioniera del proprio passato e ancora convinta di essere al centro di qualcosa. Come Napoli. Sicché entrando in questi perimetri urbani ricchi di storia e tradizione togli i ponteggi dal presente, entri nello specchio di Alice ed hai già fatto un bel passo verso l’astrazione pura, l’umiliazione delle ansie. Poi a tavola bisogna scegliere il vino, in carta i campani più quotati, manco a dirlo, sono Terra di Lavoro e Montevetrano, i due supercampani che la critica neopauperista vorrebbe distruggere perché emblema del successo di una regione che ha rinunciato al ruolo macchiettistico e puzzolente per vivere da protagonista elegante la rivoluzione vitivinicola italiana. Ed ecco allora il Villa Sant’Urbano 1992 di Hofstatter per la linea del pesce, robusto brodetto alla marchigiana e tortino di riso ai ricci di mare in verza, e il Terra di Lavoro 2003 per l’agnello in crosta e l’anatra. Un accostamento enologico non facile per l’Aglianico perché costretto a rincorrere il Pinot Nero sul filo della solida classicità in una comparazione spontanea anche se culturalmente improponibile. Il Terra 2003 ha risposto anzitutto con la esuberante materia prima del Sud, un frutto rosso croccante pieno adagiato su un tappetto di variabili nuances molto fini, l’eredità di un legno centrato da Riccardo direi al primo colpo e dal quale non si è più discostato: ci sono ancora sentori terrosi, poi il segno del piedirosso che riporta talvolta parzialmente al vegetale, poi incalzano il cuoio, note balsamiche corroboranti, ancora caffé macinato. In bocca si capisce perchè è stato uno dei vini più premiati di tutti i tempi dalle guide specializzate: l’unghia violacea del rosso rubino rivela giovinezza e vitalismo assoluto, la freschezza è ben presenta ma contenuta, imbrigliata, quasi dovesse come una diga rilasciare quel tanto che è necessario per mantenere l’equilibrio con i tannini vellutati e risolti, la struttura e l’alcol con il risultato di una chiusa lunga, persistente, intensa, frutto di una occupazione scientifica di tutto il palato. Sposa l’anatra, sposa l’agnello, la cena degrada dolcemente nei ricordi mentre l’Arno scorre placido sotto di noi riflettendo la luna. La pausa necessaria perché questi momenti servono a ricordare le persone di cui non possiamo più godere l’amicizia e il sarcasmo sagace di Roberto Selvaggi torna in continuazione, un mattatore nato, un ribelle con il quale si entrava subito in simbiosi perché lui cercava sempre l’intelligenza nell’interlocutore. Una stagione del vino è sicuramente al tramonto, quella dell’entusiasmo e della voglia di stupire, ora confidiamo nella capacità delle aziende di creare la storia attraverso la verticalizzazione del discorso, magari insistendo sui cru: si deve passare dal liceo all’università e non importa se alcuni sono restati a giocare all’asilo, il più è fatto dai più ma ancora non basta. Bevetelo, se lo trovate, questo 2003. Il millesimo del caldo tropicale è capace di regalare, quando si esprime in terra vulcanica e ad un po’ di quota, livelli di grande piacere, di eleganza inaspettata. Non è necessario andare lontano per trovare emozioni, basta amare la propria terra e chi ci ha investito la propria esistenza: il vero viaggio nel Sud inizia adesso. Sarà bello e intenso.
Sede a Sessa Aurunca, stradaprovinciale Sessa Mignano, località Vallemarina. Frazione San Carlo.Tel. 0823.925003. Fax 081. 5753270. www.terradilavoro.com Enologo:Riccardo Cotarella. Ettari: 10 di proprietà. Bottiglie prodotte:25.000. Vitigni: aglianico, piedirosso
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