QUINTODECIMO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista 5/5. Naso 28/30. Palato 30/30. Non Omologazione 32/35
La perfezione di questo vino dieci anni dopo è onirica. E’ molto bello rileggere la scheda del 2007, quando lo provai per caso una sera con Umberto Matricano nella vecchia sede del ristorante Era Ora di Pietro Parisi: scrissi che dovevano passare ancora almeno cinque anni, ne sono trascorsi due in più ma i conti tornano perfettamente.
L’idea di Moio è fare grandi vini competitivi a livello italiano e internazionale senza avere paura di misurarsi utilizzando vitigni autoctoni campani, una regione che, secondo Luigi, ha le sue fondamenta nell’Aglianico e nella Falanghina. Un grande vino non si progetta da un giorno all’altro, ma niente nella vita è così se non una eredità o una vincita alla Lotteria: tutto ha bisogno di tempo, di impegno, di capacità visionaria, di costante lavoro quotidiano ogni giorno, day after day (cit. Pink Floyd). Soprattutto la cosa più elementare è capire che non si possono fare grandi vini se non da una grande vigna i cui grappoli siano lavorati perfettamente, acino dopo acido, completamente diraspati e senza rompere i vinaccioli.
E poi è necessario il tempo, il vero valore aggiunto di ogni lavoro artigianale che si oppone al concetto di industriale perché ha bisogno dell’approfondimento qualitativo delle cose mentre il secondo affronta la battaglia delle velocità, fare un movimento il più rapidamente ed economicamente possibile. Se i mobili in massello valgono di più è perché anzitutto l’albero ha impiegato molti decenni ad indurirsi al centro per affrontare i secoli.
Ed è proprio a questa metafora a cui faccio riferimento quando riprovo per combinazione questo vino di cui si èparlato poco, l’ultima annata di Irpinia igt prima della doc. La fusione tra frutta e legno, scissa in quell’assaggio che ricordo perfettamente nel ristorante di Pietro, è assoluta, completa, gratificante. Il rosso a questo punto è solo un adolescente che inizia a sbrigarsela da solo, dal colore rosso rubino vivo e palpitante, dall’olfatto di ciliegia perfettamente maturata in una cornice di rimandi balsamici e spezie dolci ben equilibrate, mai invasive, meno scisse da quel naso di sette anni fa.
In una parola, il vino ha digerito perfettamente il legno. In bocca, ma qui non ci potevano essere dubbi, è un vino giovane, fresco, attacco sapido, dolce di frutta e chiusura amara tipica del vitigno che lascia il palato fresco e pulito. La perfezione dell’esecuzione è assoluta, siamo nell’ultima mia grande annata preferita per il Taurasi e mi ci ritrovo in modo incredibile, tanto che è impossibile non trattenere il vino e berlo nonostante stessimo in degustazione.
La conferma dell’unica strada possibile da percorrere in Irpinia, la rottura cioè con ogni mediazione commerciale di corto respiro e una progettuale priva di compromessi e soprattutto di giustificazioni. Se compri o assembli uve puoi fare un ottimo vino, ma non potrai mai fare una bottiglia che abbia l’ambizione di poter competere, nelle degustazioni coperte come sul prezzario degli scaffali, con i grandi vini mondiali nell’immaginario collettivo.
E i fatti, purtroppo per i suoi critici, del legno come del portafoglio, stanno dando inesorabilmente ragione al professore, ben esercitato dai famosi tempi accademici alla pazienza.
Il resto? Son tutte chiacchiere. Amen
Scheda del 21 settembre 2007. Diciamo subito che non è un vino facile perché impone molta attenzione durante la beva. La seconda annata dell’Aglianico di Luigi Moio, waiting il Taurasi, segna a nostro giudizio un passo in avanti rispetto alla precedente e si iscrive d’ufficio ad alcune etichette, penso al Sigillo di Cantina del Notaio e al Vigna Piancastelli di Terre del Principe, dove prevale la voglia di spingere l’uva sino al massimo delle sue potenzialità, quasi un salto con l’asta messa sempre più in alto. In questi casi il primo parametro da valutare è sicuramente la freschezza perché solo grazie ad essa si riesce poi ad andare avanti nella beva e negli anni: qui sicuramente c’è, dell’annata 2004 sulla quale più volte ormai ci siamo soffermati con inaspettato piacere, sia del vitigno, l’Aglianico, la cui caratteristica principe è proprio questa alla fine. Il naso, rispetto al primo assaggio di tre mesi fa, sicuramente è più evoluto e composto, prevalgono ancora nette le note balsamiche, di liquirizia, di speziatura e un po’ di tostate rilasciate dal legno piccolo ma sicuramente la frutta si è liberata ed è capace di esprimersi maggiormente e con più libertà. In bocca l’ingresso è sontuoso, il vino rivela un certo nervosismo per una fase di assestamento ancora in corso e che richiede a nostro giudizio ancora qualche mese di paziente attesa. Scusate la banalità, ma credo che aver aperto questa bottiglia a distanza di appena tre anni dalla vendemmia è un procurato aborto: sono convinto infatti che il Terre d’Eclano ha bisogno per esprimersi di una attesa più lunga, almeno cinque anni: freschezza, struttura e alcol viaggiano infatti ad altissima quota mentre i tannini, invece, appaiono brillantemente risolti come ormai solo Moio riesce a fare dopo l’esperienza incredibile accumulata con l’Aglianico. Nonostante sia tutto sommato il base dell’azienda, se è possibile usare questo termine con i vini di Luigi, il piccolo gioiello costruito con passione maniacale ed entusiasmo giovanile non lontano dal passo di Mirabella Eclano lungo l’Appia, il Terra d’Eclano 2004 è quasi un vino da meditazione o da accostare ad alcune carni ben elaborate come ad esempio abbiamo fatto noi, una costoletta d’agnello impanata preparata nel ristorante Era Ora a Palma Campania, oppure su alcuni formaggi molto decisi come i pecorini abruzzesi della transumanza, il caciocavallo podolico ben stagionato. Mentre ne parliamo, si sta preparando la 2005 e sono in programma i primi bianchi aziendali: siamo sicuri che non mancheranno le sorprese positive.
Sede a Mirabella Eclano, via San leonardo. Tel e fax 0825.449321. www.quintodecimo.it; info@quintodecimo.it. Enologo: Luigi Moio. Ettari, 4. Bottiglie prodotte: 10.000. Vitigni: aglianico.
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