di Monica Bianciardi
L’amore è il filo conduttore che caratterizza l’intera storia delle Potazzine; amore per la famiglia, per le tradizioni, per tutto quello che caratterizza la terra e la coltivazione dei preziosi grappoli di Sangiovese Grosso, fino alla vinificazione immutata e non influenzata da mode o dettami passeggeri quanto effimeri. Un’azienda che nasce nel 93 con l’acquisto di tre ettari e mezzo che si trovano sul lato sud ovest di Montalcino a circa 510 M slm i vecchi vigneti vengono reimpiantati lato sud nel 2001 e lato nord 2007 con un totale riorientamento dell’impianto che ha una densità di 6000 ceppi per ettaro, le viti hanno oggi un’età compresa tra 10 e 20 anni.
Un territorio baciato dal sole e dalle continue brezze che anche in una giornata di pieno sole riescono a farmi rabbrividire e scomparire dentro il piumino fino al mento.
Le Potazzine nasce come vino in contemporanea con la nascita delle figlie di Giuseppe e Gigliola Gorelli, alle quali viene dedicata la prima uscita del vino. “Le Potazzine”, è difatti il nome con cui chiamavano le loro figlie, Viola e Sofia, ai tempi in cui bambine di pochi anni si sono guadagnate l’affettuoso appellativo cinciallegre ovvero gli uccellini che svolazzano intorno alla tenuta, chiamate localmente
Potazzine (che non a caso appaiono sull’etichetta).
Un’accoglienza calorosa quella di Gigliola persona spontanea con cui entro subito in sintonia . I vigneti della Tenuta circondano un vecchio casale del 1300 recuperato in cui la famiglia vive, nel cuore della campagna di Montalcino, il paesaggio è incastonato dal Monte Amiata che si staglia davanti le vigne e dalle colline da cui nei giorni limpidi si scorge la città di Siena. Dalla parte opposta in lontananza la costa. Gigliola Giannetti ama mantenere le tradizioni per tramandare quei valori di cura e rispetto del territorio che si riflettono nella cura dei vigneti e del vino. Dalla nascita dell’azienda ad oggi ha sempre caparbiamente rifiutato di adeguarsi a quei trend modaioli che vorrebbero Brunelli colorati e corposi spesso passati in barrique, alterati di quella autentica vibrante eleganza del Sangiovese in purezza. Una battaglia anche più recente con un disciplinare che con fare ammiccante vorrebbe aprire con un 20% ad altri vitigni (Merlot e Cabernet ) per rispondere all’alta richiesta di mercato, con il rischio di omologare il Brunello ad altri vini prodotti in bland.
Le colture non solo rispettano regole tradizionali, ma i vigneti vengono coltivati senza uso di sostanze che ne possano alterare la salubrità del suolo sfruttando il più possibile le risorse naturali. Il clima ventoso da parte sua aiuta a mantenere quelle condizioni ottimali che rendono possibili metodi basati su procedimenti quasi esclusivamente naturali, con il solo utilizzo di rame o zolfo. Una produzione altamente qualitativa il maggior uso è quello del “buon senso” (come ama definirlo Gigliola che per prima tiene a vivere con la famiglia in un ambiente sano). I locali dove avviene la vinificazione sono rischiarati da un’ampia vetrata ad arco da dove entra luce naturale, che propone una vista sul vigneto confinante con il bosco, dando l’impressione di trovarsi su un terrazzo immersi tra i filari. Botti di slavonia e contenitori in acciaio costituiscono il solo arredo, niente pompe, le uve vengono introdotte dall’alto e tutto il processo di vinificazione ed invecchiamento avviene per caduta, con il solo utilizzo di lieviti indigeni e nessun uso di temperature controllate. Anche nei locali in cantina la vinificazione segue le regole tradizionali con solo uso di botti grandi, da cui spilliamo alcuni assaggi che in alcuni casi stupiscono già per la piacevolezza di un gusto, che lancia ottimi presagi per gli anni a venire.
Gigliola non crede nella valenza una certificazione che dia valore aggiunto ai loro vini, non ne ha di fatto nessun bisogno e basta assaggiare il suo ottimo Brunello per capirlo….
Wine Tasting
Parus 2014 IGT
Solo acciaio per questo vino base della linea, pochissime le bottiglie prodotte sempre con il Sangiovese Grosso. Vino che si mostra per quello che è sincero e senza pretese , ma dal fascino croccante e freschissimo con profumi fragranti di fiori e agrumi, che lasciano spazio ad un gusto beverino e fin troppo facile, il vero rischio è quello di finire la bottiglia in pochi minuti.
Rosso di Montalcino 2014
L’intensità del rosso arriva in un vortice di frutto rosso maturo e croccante in cui l’agrume si alterna ad un floreale di rose e viole con un fresco soffio di erbe aromatiche. L’ ingresso al palato ancora in fase di evoluzione risulta comunque coerente e fresco, con una buona struttura ed tannini soffici accompagnano il finale pulito e persistente.
Rosso di Montalcino 2013
Meno intenso rispetto al 2014 il frutto è rosso e lieve floreale, l’anno in più si avverte nelle note di humus e sottobosco. In bocca la freschezza rende il gusto dinamico e teso, di corpo il tannico è comunque scorrevole , più bilanciato rispetto al 2014 nell’equilibrio, la persistenza è comunque lievemente ridotta
Brunello di Montalcino 2011
Luminoso rosso rubino, ha un naso aristocratico che non svela immediatezza, ma si apre poco alla volta con uno sviluppo profondo e molto elegante di note che emergono in successione ribes, arancia sanguinella, sensazioni pietrose , marine e balsamiche. Anche al gusto la vena fresca lascia spazio a ritorni agrumati aprendosi in succosi rimandi, il corpo è flessuoso ed agile supportato da una tannicità che sussurra longevità, in un finale netto pulito e lunghissimo. Vino di grande fascino.
Brunello di Montalcino 2010
Smagliante rosso rubino in cui l’unghia inizia a riflessarsi di granato. Al naso ampio ed intenso di succosi e maturi frutti rossi il ventaglio olfattivo dipana tra floreale di rosa appassita, humus, cipria, sottobosco, rabarbaro, balsamico. In bocca il gusto è pienamente appagante, si allarga con scioltezza ben bilanciato tra freschezza e morbidezza, tannini docili e ben dosati accompagnano un gusto infinito e succoso.
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