Taurasi Mastroberardino all’Enoteca Ronchi di Milano

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

di Alessandro Marra

Viaggio nel tempo: 1999, 1998, 1997, 1983, 1968
Si sa, l’incontro con il produttore regala sempre grandi emozioni.Ma quello con Piero Mastroberardino – tenuto all’enoteca Ronchi di Milano – è stato per me particolarmente suggestivo: sia per la straordinaria longevità dei Taurasi scelti per la verticale; sia per l’orgoglio delle mie origini irpine (mio papà è nativo di Chianche, uno degli otto Comuni del Greco di Tufo docg) che mi legano affettivamente all’azienda di Atripalda.
Poche parole per una veloce presentazione dell’azienda, che ha festeggiato lo scorso anno il centotrentesimo anniversario dall’iscrizione alla Camera di Commercio di Avellino con la tiratura particolare del Taurasi Radici Riserva 1999, raffigurante in etichetta i volti di tre importanti membri della famiglia Mastroberardino (anche se in realtà, come tiene a precisare Piero, “l’inizio dell’attività vitivinicola risale agli inizi del 1700”). Un breve filmato per dare un’idea di quella terra generosa che è l’Irpinia, per tutta la serata al centro dell’attenzione salvo una doverosa parentesi in cui Piero Mastroberardino ha parlato con orgoglio del progetto “Villa dei Misteri”, iniziato nel 1996 con l’incarico conferito dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei di ripristinare la viticoltura entro le mura dell’antica città, in un’area della superficie di circa un ettaro (raddoppiata nel 2008 con l’impianto di alcune viti di aglianico “a piede franco” oltre a quelle già allevate di piedirosso).
A seguire, l’assaggio di Morabianca, interessante cru di falanghina, ottenuto da uve provenienti dai vigneti della Tenuta di Mirabella Eclano (dove hanno sede oggi il Radici Resort e il ristorante Morabianca).
Poi, il vero protagonista della serata: il Taurasi. Il Radici e il Radici Riserva. Entrambi ottenuti da uve di aglianico in purezza (nonostante l’attuale disciplinare di produzione consenta l’uso in percentuale minima dell’85%) provenienti dai vigneti di Montemarano e Mirabella Eclano, per il Radici (prodotto per il primo anno nel 1986) e dai soli possedimenti di Montemarano (che si caratterizzano per un microclima diverso per maggiori altitudine, ventilazione ed escursioni termiche), per il Radici Riserva. Macerazione delle uve (per periodi di lunghezza variabile, a seconda delle annate) e affinamento perlopiù in botti grandi, per il resto in barrique di rovere di secondo passaggio.

TAURASI RADICI RISERVA 1999 (13,5%) Colore luminoso rosso rubino con tenui riflessi granati; limpido e di notevole consistenza in bicchiere. Il primo impatto olfattivo si caratterizza per l’eleganza e la complessità dei profumi più che per la loro intensità. Si impongono subito profumi di frutta, fiori e spezie; poi i sentori di ciliegia e viola lasciano spazio alle note di tabacco, pepe nero e di caffè; poi ancora dei piacevoli odori fungini e di sottobosco. In bocca è secco, caldo e intenso. Il tannino, pur vigoroso, è ben integrato anche per merito di una vibrante freschezza che ne trattiene l’impeto al palato. Lunga persistenza finale in cui se la giocano le spezie, la frutta e il caffè; il cioccolato, la radice di liquirizia e le erbe officinali secche, con ricordi di camomilla. Di grande eleganza, buona morbidezza e equilibrio. Robusto. “Sufficientemente giovane per esprimere freschezza ma abbastanza vecchio da affascinare per eleganza; una delle annate migliori ancora in commercio insieme al 1990 e al 2001”: così ne parla Piero Mastroberardino.

TAURASI RISERVA RADICI 1998 (13,5%) Rosso rubino con lievi sfumature tendenti al granato: colore impenetrabile. Al naso si presenta ben più intenso del precedente millesimo ma è inizialmente chiuso e incerto. Prevalgono i profumi speziati e una pungenza eterea; poi vengono fuori odori di frutta rossa matura, sentori di pepe nero e caffè, cuoio e terriccio. Di grande personalità; colpisce per la nobiltà e la complessità che non ti aspetti dopo il primo imbarazzo. In bocca è possente. Tannico sì, ma ancora piacevolmente fresco. Secco, caldo. Di buona morbidezza; intensa persistenza di caffè. Elegante, ma non come il precedente; abbastanza morbido e robusto. Sarebbe interessante riprovarlo tra un po’ di tempo, essendo sicuramente un millesimo di maggiore potenza e “mascolinità” rispetto alle annate 1999 e 1997.

TAURASI RISERVA RADICI 1997 (13,5%) Rosso rubino intenso tendente al granato, densa consistenza. Rispetto alle due riserve precedenti, l’impatto olfattivo è forse un po’ meno intenso ma – allo stesso modo del 1998 – inizialmente chiuso. Si apre, poi, con maggiore disinvoltura, proponendo profumi di grande complessità e buona intensità, tra cui spiccano quelli di frutta rossa in confettura, come la prugna; poi note floreali e speziate. Accenni di fiori di lavanda e di curry gli conferiscono ulteriore finezza e un’avvolgente balsamicità. In bocca si concede con grande intensità e equilibrio; secco, caldo. Il tannino è ben levigato e addomesticato da una piacevole freschezza. Ottima rispondenza gusto-olfattiva nella lunghissima persistenza finale di prugna e caffè su uno sfondo di spezie. Ne ha ancora di strada da fare ma già sin d’ora si apprezza per buona morbidezza ed equilibrio. A mio parere, già pronto per suggellare l’abbinamento con i piatti importanti della tradizione.

TAURASI 1983 (13,5%) Il colore è granato, i riflessi aranciati conferiscono una grande luminosità. Straordinaria limpidezza (se si considera che è pur sempre un vino della mia età…­­­­). Al naso si esprime con suadente intensità ed eleganza. Ricordi olfattivi di frutta rossa in confettura, pepe nero e tabacco. Poi vengono fuori note di foglie di alloro e profumi di grande evoluzione che virano verso l’animale e la frutta sotto spirito, il cioccolato fondente ed il cuoio. In bocca è caldo, secco. Il nobile tannino è ravvivato da un’incredibile freschezza che ne sostiene la beva. Intenso, perfetta coerenza con i ricordi olfattivi di cioccolato, confettura di frutta e cuoio. Di grande equilibrio e armonicità, robusto. Sontuosa eleganza.

TAURASI RISERVA 1968 (13,5%) Di colore aranciato. Luminoso, sicuramente più di quello che sarebbe lecito attendersi per la sua memorabile longevità. Grande pulizia nel bicchiere, a testimonianza del perfetto stato di conservazione. L’impatto olfattivo è sorprendentemente elegante, di inimmaginabile intensità e complessità. Quasi un vino madeirizzato. E’ un delirio di profumi: cioccolato fondente, dattero, frutta secca, caramello leggermente bruciacchiato, zucchero per poi finire in una decisa speziatura di pepe nero. In bocca è caldo, intenso, maestoso. Il tannino è straordinariamente elegante, ben arrotondato dal tempo. Di grande armonicità e di profonda persistenza con un lungo finale speziato che riporta alla piacevole affumicatura di zucchero e caramello percepita al naso. Secondo Antonio Mastroberardino (ce lo dice il figlio Piero), “la migliore annata degli ultimi cinquant’anni”. E’ una cuvée delle uve di aglianico provenienti dai vigneti di Piano d’Angelo, Castelfranci e Montemarano (i Mastroberardino erano all’epoca pionieri della vinificazione di sottozona e distinguevano in etichetta la provenienza delle uve con l’indicazione del cru). “Il loro sguardo oltre confine… le radici, profonde, in Irpinia”: è qui, in questa frase, il merito della famiglia Mastroberardino! Aver puntato tutto sull’identificazione del vitigno con la zona di provenienza e sulla valorizzazione (in Italia come nel Mondo) dei grandi vini del territorio in cui la famiglia ha le sue radici: l’Irpinia.


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