Una grande emozione: aprire bottiglie custodite per oltre vent’anni a casa nel cuore di Taurasi. E la decisione a lungo rimandata: sì, stappiamo,e una volta per tutte, cosa altro bisogna aspettare?
Mi vengono in mente i ricordi della prima metà degli anni ’90, quando in redazione arrivò una telefonata nel giorno di Cantine Aperte dopo la pubblicazione della prima pagina dedicata all’evento nel maggio 1995: “Mi chiamo Antonio Caggiano, anche se non sto nel programma ufficiale, perché non venite a trovarmi?”.
Ero rassegnato all’idea di trovarmi in una casa di campagna isolata con vasche in vetroresina, scoprii improvvisamente la prima cantina campana pensata e progettata per l’accoglienza.
Non sapevo nulla della storia di Moio, Antonio mi accolse con un giovanissimo Angelo Valentino a Salae Domini, il Taurasi era ancora al di là da venire. E in questa costruzione dove c’era il suo mitico studio fotografico si parlò di aglianico, di vino, di donne e di viaggi.
Una mattinata primaverile bellissima, era la prima volta che andavo a Taurasi, sinora il vino senza paese, con il castello ancora diroccato e da recuperare.
Da allora sono sempre tornato per ritemprarmi e vivere la trionfale cavalcata degli anni ’90 con la moltiplicazione delle aziende e dei protagonisti. Qui ho tanti cari amici con i quali abbiamo sempre trascorso momenti intensi ed emozionanti.
Molti sogni sono svaniti, le certezze sono diminuite, forse perché l’età accentua il senso di precarietà e aiuta a relativizzare, magari anche ad accontentarsi. Il Consorzio non esisteva, e ancora non ha riconoscimento ministeriale, alcuni miti sono tramontati, altri sono stati rafforzati dal tempo. Caggiano resiste, ad esempio con un Macchia dei Goti che mette quasi sempre tutti d’accordo. Appare ormai chiaro che l’Irpinia, dopo aver perso il treno del boom vitivinicolo 1995-2001 e adesso anche quello della ripresa dal 2012, non è più candidata ad essere un grande e maturo territorio vitivinicolo nei prossimi decenni, ma solo una zona bellissima dove si esprimono alcuni grandi solisti grazie a condizioni pedoclimatiche eccezionali e rare: troppo individualismo autolesionista, rancori che invece di sciogliersi si tramandano, ma soprattutto tanto dilettantismo e visione assistenzialista/clientelare della promozione.
La storia di Caggiano è importante perché ha dato il nome al Paese, poi perché ha costruito una cantina utilizzando quello che gli altri buttavano grazie al suo occhi attenti di geometra, infine perché ha introdotto l’uso della barrique con l’aglianico su indicazione di Luigi Moio.
Entrambi hanno avuto una visione precisa a cui sono stati fedeli, persino nelle etichette, quasi sempre uguali.
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Taurasi Macchia dei Goti 1999
Parliamo dell’annata perfetta, quella che ancora non è tornata, generosa per i bianchi come per i rossi che continua a regale emozioni continue. Il primo Tre Bicchieri di Caggiano, il naso un po’ concentrato di frutta, note di frutta ancora fresco, toni di cenere, china, rimandi balsamici. Il vino è praticamente perfetto e rispecchia il millesimo davvero grande. In bocca entra fresco, tannino ancora ficcante, non spigoloso, la salivazione è accentuata. Il finale è lungo, persistente, leggermente amaro. Pulito, preciso, lungo. Voto 91.
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Taurasi Macchia dei Goti 1998
Una annata difficile da gestire in cantina al termine di una annata abbastanza calda al termine della quale la frutta non è arrivata tonica in cantina. Quasi un anticipo della 2000. Un naso più ricco, note di cioccolato, anice, cotognata, carruba, frutta concentrata. L’idea complessiva è quella di una materia concentrata, ma al tempo stesso appare anche abbastanza elastica e snella al naso. Un vino con più estrazione. In bocca la beva appare un po’ più contratta e il finale tarda ad arrivare. Voto 89
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Taurasi Macchia dei Goti 1997
Millesimo del secolo, proclamato in più territori e in più sede, ma ridimensionata nel corso degli anni per molto colpi sparati a vuoto a causa di una interpretazione sbagliata. Spesso parliamo di vini che hanno bisogno di distendersi ancora. Il naso esprime frutta concentrata, con note di caffè e lampi balsamici molti. Note di macchia mediterranea fresche. II ruolo del legno è molto più incisivo al naso. In bocca si esprime in maniera sorprendente: freschissima, elastica, lunga, di buon corpo, piacevole, chiusura con un tono amaro e pulito che resta lunghissimo. Voto. 90
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Taurasi Macchia dei Goti 1996
Annata difficile, poco generosa, difficile da gestire. Certamente non memorabile. Bomba di liquirizia al naso: un tema quasi monocorde da cui il vino non si distacca anche con il caldo. In bocca è davvero amaro, con tannini un po’ polverosi. La dinamica al palato è strana, singolare, con il vino che ad un certo punto sparisce lasciando spazio soprattutto alla freschezza. Voto 87
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Taurasi Macchia dei Goti 1995
Annata buona ma che sconta forse la poca esperienza del rapporto tra legno e aglianico. Un naso molto affascinante, con una bella alternanza tra frutto, liquirizio, note balsamiche, allungate e persistenti. Al palato viene sostenuta sino al centro del palato più dalla acidità che dalla materia, c’è una nota dolce di conserva di fragola molto piacevole. Snella, agile, ma non conclude bene sino in fondo. Il palato resta pulito. Voto 89
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Taurasi Macchia dei Goti 1994
Non è stata una annata memorabile. Il legno è preponderante al naso con note di liquirizia, note balsamiche, un po’ di vaniglia. Al palato ha una incredibile energia dovuta alla freschezza, ai tannini molto ben risolti e levigati dal tempo, una chiusura amara precisa e ripulente. Una bella . Voto 90.
NOTE TECNICHE
Un aspetto interessante di questa degustazione è stato il fatto che sono state usate bottiglie private e non aziendali. 1994 (una era tappo), 1996 e 1997 erano mie, tenute sempre al buio ma sottoposte agli sbalzi termici di un appartamento di città, comprese le estati torride 2003, 2007 e 2011. La 1998 e la 1999 erano di Alessandro Barletta, conservate nella propria cantina del B&B dove si è svolta la degustazione mentre la 1995 è stata offerta dall’Oasis di Vallesaccarda, l’unico ristorante campano che ha significative verticali di vini irpini.
ASPETTI ORGANOLETTICI
Anche alla luce di queste considerazioni il risultato finale appare interessante. A parte un tappo della 1994, tutte le bottiglie non hanno avuto cedimenti di colore o note di ossidazione al naso. Il vino si è presentato integro e senza residui, il colore rosso rubino vivo. Sempre e dovunque tanta freschezza in bocca, con punte di grande equilibrio.
CONCLUSIONI
L’annata che forse più ha incontrato i favori, o almeno quella che ha espresso maggiori potenzialità evolutive in prospettive, è stata la 1997. Io personalmente ho preferito la 1999. Molte segnalazioni per la 1995, la 1998 fanalino di coda.
Il tema portante di questa degustazione era il rapporto tra il legno di barrique e l’aglianico, ma l’enigma non si è sciolto del tutto: le prime annate risentono di un uso preponderante del legno, sono piacevoli, ma molto diverse da quelle contemporanee di Molettieri e Mastroberardino. Paradossalmente lo stile ha avuto una correzione proprio a partire dalla 2001 e se pensiamo all’ultima, Macchia dei Goti 2011, possiamo dire che venti vendemmie sono servite a tararsi sempre meglio.
L’Aglianico in questo protocollo è certamente elegante e ha tannini sempre molto ben risolti e piacevoli.
Una bellissima cavalcata nel tempo di una storia che ha bisogno di essere ancora scritta.
Sede a Taurasi. Contrada Sala Tel e fax 0827.74043
www.cantinecaggiano.it Ettari:20 di proprietà
Bottiglie prodotte:100.000 Vitigni: fiano, greco,aglianico
Credits:
Alessandro Barletta per aver messo a disposizione i locali e le bottiglie 1998-1999
Flavia Pappalardo di Tenuta Montelaura per lo splendido piatto di candele al sugo di pancetta di agnello e mugliatielli
Lello Tornatore per le foto
La famiglia Fischetti dell’Oasis di Vallesaccarda per il 1995
Mario Carrabs per i salumi
Antonio Caggiano per Taurasi
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