di Teresa Mincione
Taurasi è un’esplosione di energia. Una bomba di emozioni che ti attraversa e ti parla di vino. Il suo vino. Per il mondo enologico, è il cuore dell’eccellenza in terra irpina, culla dell’omonimo erculeo red wine. Per gli amanti, per chi ascolta il fruscio che prende voce tra i filari quando c’è qualche refolo di vento, per chi si ferma a guardare il colore scuro della terra al calar del sole, o le distese di vigne nel diverso alternarsi dei toni del verde, è la meraviglia! Una giornata trascorsa ad andar per Taurasi. Avere i giusti compagni di viaggio è impareggiabile. Specie quando ci si incunea in territori dove ogni piccolo scorcio è un angolo di paradiso. Le risate corrono facili e il paesaggio contribuisce a far da cornice. Più che altrove, qui il vino è parte del tutto. E’ l’essenza di un intero territorio. A Taurasi si fa vino che fa storia, ma l’Aglianico taurasino non è lo stesso, sempre e comunque.
L’areale si compone di terreni, altitudini ed esposizioni radicalmente eterogenee al suo interno, da consegnare a chi beve, vini dal volto diverso. E’ questa la grande bellezza! Un vino che nasce sotto un’unica Docg ma che esprime anime diverse, a seconda dell’angolatura del distretto da cui nasce. Eppure, sono facce della stessa medaglia!
Si ha il Taurasi di Taurasi diverso da quello di Castelfranci o di Paternopoli. Un sorso, a seconda di come la bussola sposta il suo asse. E ancora, nelle zone esposte in altezza, come Castelfranci, Montemarano e Paternopoli spiccano i tannini, alcolicità e acidità. Calici più modulati verso Luogosano. L’occhio vuole la sua parte, e il palato segue a ruota.
Una verticale di Don Ciriaco dell’azienda Mier Vini, di Giacomo Pastore. Taurasino d’origine di grande esperienza e vignaiolo. Il suoi calici sono una proiezione non verso il tradizionale, ma verso ciò che si è sempre fatto, a cominciare dal legno usato, per questo vinificato in botti di castagno di Caposele. Non un caso che il termine mier ( da cui il nome) sia di derivazione dialettale di origine greca, ancora oggi in uso, che indica il vino, quello fatto come lo si faceva un tempo. Le annate vanno dalla 2008 alla 2005.
Don Ciriaco 2008
Rubino. All’olfatto refoli di jelli di mora e frutta rossa. Di certo la versione “più moderna della batteria”. Un rosso focoso senza troppi giri di parole. Tosto, macho, nerboluto. Dai tannini ruggenti e dall’acidità strepitosa. Un sorso sapido e ..strog! Perfetto sui piatti tradizionali.
Don Ciriaco 2007
Rubino. Sentori di frutta rossa e spezie dolci. Un tocco di morbidezza in più rispetto alle precedenti versioni. Sapido e di struttura. Un sorso ingentilito che ha domato la vulcanicità innata dell’Aglianico.
Don Ciriaco 2006
Che freschezza!! Rubino con leggera unghia porpora. All’olfatto la frutta rossa si accompagna a spezie nere come pepe e chiodi di garofano. E’ sapido e tenace al gusto. Una freschezza strepitosa.
Don Ciriaco 2005
Un Aglianico dalla trama stretta che conserva la forza e la personalità all’olfatto quanto al gusto. Il naso conserva le note fruttate e floreali seppur arricchite da echi di tabacco e cacao. In bocca è sapido ed ancora fresco. Un vino della tradizione.
Quattro annate, tutte diverse, un unico cordone: l’impareggiabile e nobile irrequietezza dell’Aglianico.
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