di Enrico Malgi
Il patrimonio di tanti buoni propositi, di saperi, di esperienze di vita vissuta e di sane abitudini, che riguarda le pratiche agricole portate avanti dai vecchi contadini da trasmettere poi in eredità come bene prezioso ai loro discendenti, non può essere assolutamente disperso. Da parte di chi riceve, però, ci deve essere piena consapevolezza, condivisione, abnegazione e coraggio nell’accettare questo come una vera missione, fatta spesso di duri sacrifici e di rinunce.
Tutto questo i fratelli Chiara e Francesco Romano l’hanno capito molto bene perché non si sono tirati indietro, decidendo di continuare il lavoro svolto dai loro genitori Franco e Fiorenza in quel di San Mango sul Calore, un vocato e privilegiato areale irpino ideale per la produzione dell’aglianico per il Taurasi. E così per fortuna l’azienda di famiglia Antico Castello continua ad essere ancora in buone mani.
Un profondo legame tra prodotto ed ambiente ed un perfetto connubio tra modernità e tradizione, passione e visione imprenditoriale vitivinicola sono le carte vincenti di questa azienda. Senza rinunciare mai però al cordone ombelicale che lega indissolubilmente gli attori principali all’operoso e fortunato territorio irpino, perché è qui che sono radicate le loro origini.
Frutto di questo preciso e capillare lavoro, che si avvale del contributo dell’ enologo Carmine Valentino, è la produzione di vini di alta qualità che risultano vincenti. In modo particolare è il Taurasi a primeggiare sia nelle vendite, e sia nei concorsi a cui spesso partecipa. Come succede, per esempio, a Radici del Sud dove il millesimo 2012 è si è piazzato al primo posto assoluto nel 2017. Posizione questa non solo confermata ma addirittura migliorata durante l’edizione 2019, laddove il Taurasi Docg 2013 ha conquistato il podio più alto da parte dei giudici dei Wine Writers e contemporaneamente anche quello appena inferiore come ha sentenziato la giuria dei Wine Buyers.
Aglianico in purezza, coltivato a 450 metri di altezza e poi, dopo la raccolta delle uve a novembre, lavorato lungamente in acciaio, botti di rovere e vetro. Il tasso alcolico è di quattordici gradi. Prezzo in enoteca di 25,00 euro, sicuramente ben spesi.
Emblematico il colore rosso rubineggiante che traspare nel bicchiere. Caratteristico, intrigante e vario il ventaglio olfattivo che si materializza con l’intensità dei profumi. Per cominciare nuances di frutta piccola e media a go-go com’è palese. E poi continuando su questa falsariga ecco approssimarsi odorose ed adamantine percezioni di fiori secchi; fluttuanti effluvi di spezie orientali; e terziarie cadenze di sandalo, goudron, cuoio, corteccia, caffè tostato, china, grafite, balsamo e screziature vagamente terrose. La bocca poi da parte sua prende il cambio di staffetta molto sul serio per testare dovutamente il sorso, che plana sulla lingua in modo esuberante, voluminoso, materico, maestoso, corposo ed austero. Poi all’improvviso questo cambia registro e così si dimostra fine, arioso, morbido, seducente, garbato e perfino elegante. Tannini di rara grazia. Il retroaroma è persistente, godibile e leggermente amaricante. Vino che durerà ancora per molto tempo. Da provare su piatti di carne arrosto e su un pecorino stagionato di laticauda.
Sede a San Mango sul Calore (Av) – Contrada Poppano, 11 bis
Tel e Fax 0825 610384 – Cell. 340 8062830
Enologo: Carmine Valentino
Ettari vitati di proprietà: 10
Bottiglie prodotte: 50.000
Vitigni: Aglianico, Falanghina, Greco e Fiano
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