Non amo molto la 2007 per la sua esuberanza frutatta, ma, come è già accaduto per la 2003, altra annata calda, devo ammettere che con il passare del tempo i Taurasi iniziano a dare buone soddisfazioni.
L’occasione per una verifica è stata la degustazione di Slow Food Valle dell’Ufita-Taurasi nel castello di Taurasi che ha chiuso la due giorni di festeggiamenti per il Ventennale organizzato dal Gal. L’occasione per fare il punto di una avventura incredibile e insperata che ha ancora tanti appuntamenti davanti a se.
Il Taurasi, inutile negarlo, vive la stessa crisi di consumi attraversata da tutti i grandi rossi strutturati italiani: la cucina alleggerita e velocizzata, il clima anche un po’ più caldo, le abitudini cambiate, non ne favoriscono il consumo. Ma, a differenza di altre denominazioni importanti, la struttura produttiva del territorio non è in grado nel suo complesso di sopperire con l’export al crollo della domanda interna.
Come se non bastasse, Taurasi è anche l’unica grande denominazione docg che non ha un consorzio riconosciuto dal ministero, che non celebra un’anteprima e che non ha un rating d’annata. Insomma, una storia tipica del Sud in cui ogni solista, per quanto bravo, è convinto di avere la ricetta giusta e di non avere bisogno degli altri, che spesso vede ancora come concorrenti.
Questo disastro antropologico-commerciale, comune al Vulture, presenta però un grande vantaggio per gli appassionati di nicchia: le aziende non hanno fretta di uscire con gli ultimi millesimi ed è facile, viaggiando sul territorio, trovare con molta facilità ormai vecchie annate nelle cantine piene, almeno sino alla 2004, primo vero millesimo collettivo territoriale che ha visto impegnate più di 40 produttori.
Un altro elemento molto positivo per gli appassionati è che, salvo sbandamenti individuali che hanno deviato sul fruttato-morbido-dolce, la barra dritta della Mastroberardino tenuta sullo stile austero e minerale, sapido e fresco, coniugato alla mentalità sostanzialmente conservatrice e poco propensa alle novità dell’Irpinia, ha imposto vini tipici, fortemente caratterizzati, non esuberanti, sapidi, freschi e affascinanti.
La prova è stata questa degustazione fatta insieme ad Annibale Discepolo e organizzata da Alessandro Barletta, di cui vi do brevemente conto.
Bosco Faiano 2007, I Capitani
Una stile leggermente più concentrato, dove il frutto è borderline alla sensazione di conserva di amarena. In bocca fresco, lungo, piacevole.
Voto 87/100
Opera Mia 2007, Tenuta del Cavalier Pepe
Dopo il capolavoro 2006, la prima annata calda prende di sorpresa Milena Pepe. Naso con eccesso di frutta, bilanciato in bocca dalla buona energia e da tanini presenti ma ben risolti.
Voto 87/100
Taurasi 2007, Guerriero
Azienda taurasina poco conosciuta e di stile tradizionale. Il vino, bevuto a seguire, volge deciso verso la freschezza. Ricco e gradevole.
88/100
Taurasi 2007, Antico Borgo
Raffaele Inglese è l’enologo di Taurasi, da lui interpretato senmpre in modo tradizionale. Anche questa versione è austera, fresca, sapida, lunga.
Voto 88/100
Primum Taurasi 2007, Guastaferro
Forse il più dolce degli otto. Dolce ma non stucchevole grazie alla spinta acida inconfondibile del rosso. Tannini molto ben risolti.
Voto 86/100
Taurasi 2007, Contrade di Taurasi
Un vino di grande equilibrio, con il legno ben fuso al frutto, sapido e fresco al palato, decisamente il più complesso e profondo dei campioni
90/100
Don Ciriaco 2007 Taurasi, Mier Vini
L’unico in botte di castagno alla antivca maniera. Tannini rustici e presenti, molto adatti a formaggi invecchiati, vibrante acidità.
87/100
Spalatrone 2007, Russo
Il più moderno degli otto con la gestione del legno piccolo senza se e senza ma. Tannino morbido, vellutato quasi, bocca ricca di carattere e piacevole.
88/100
In sostanza gli otto campioni avevano, pur nella diversità delle interpretazioni, molte cose in comune.
1-Tanta giovinezza, come un bambino di sette anni, nessun cenno di ossidazioni e colore rubino vivo.
2-Freschezza da vendere
3-Buona gestione dei tannini, presenti ma ben risolti sempre
4-Frutta di ciliegia e amarena, nessuna vaniglia e stramberie varie. Naso più maturo ma non cotto nei Capitani, Tenuta, Russo
5-Buon corpo e finale lungo
6-Tensione sapida e chiusura amara ripulente.
Que viva il Taurasi!
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