Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Purtroppo non ho un carattere paziente, sin da piccolo ero molto insofferente a ogni tipo di attesa e il lavoro che faccio non corregge questo mio difetto: in un quotidiano quello che si decide deve essere già fatto, e tutto, in ogni caso, prima della fine della giornata.
Così, come i cattolici sono attratti dal fascino perverso dei peccatori, io ammutolisco di fronte a coloro che usano il tempo come se la vita media fosse di 200 anni e solo grazie al vino ho acquisito il rispetto del tempo.
Ovviamente, non si tratta di perdere tempo, ma di guadagnarlo impiegandolo bene. Un po’ come la lievitazione: quello che non lievita prima lo fa nello stomaco.
Uno dei suicidi di gran parte del mondo del vino è stata la fretta, inseguire i tempi editoriali delle guide ma per fortuna, complice un mercato che ha finito di succhiare ogni cosa ed è molto più selettivo sulla qualità ai piani alti e consapevoli, le cose stanno cambiando.
Uno dei punti di svantaggio dei vini irpini, in passato, ma anche di quelli campani, è che venivano presentati troppo presto in un modello imperante di morbidezza che altri vitigni e altri territori avevano imposto come pensiero unico. Per fortuna le cose si stanno aggiustando, perché uscire adesso con il 2006 non è una forma di forzatura eccentrica, bensì avere in testa il ritmo giusto dell’aglianico che, appunto, prima di cinque, sei anni, non dovrebbe proprio lasciare una cantina.
Si aspettava il 2006 di Anna Maria e Michele Perillo dopo la pausa presa con il Taurasi 2005, un anno in più perché questo operaio tornato a fare il contadino compiendo il processo inverso che ha segnato intere generazioni meridionali dall’inizio del ‘900 in poi, non era convinto del risultato. Così, come gli artigiani che facevano un pezzo alla volta di ceramica prendendosi tutto il tempo richiesto, quello imposto in botte grande dal suolo vulcanico, dalle vigne a starseta, dal piede franco, dalle lente maturazioni di quota 600 metri: esce adesso il Tautrasi 2006. Buon ultimo. In una classe o in un aereo c’è sempre quello che tarda, ma alla fine è lui a dettare i tempi degli altri costretti ad aspettarlo.
Il rosso di Perillo non è per tutti. Non perché sia difficile, ma perché ha personalità e carattere e dunque non è pensato per avere un consenso ecumenico. Bisogna avere il palato esercitato all’Aglianico, capire che la materia in bocca non è cercata da processi di concetrazione, bensì dalla frutta, come pure il naso dolce ma non stucchevole non ha nulla a che vedere con i residui zuccherini.
Perillo per me è il classico esempio di cosa dovrebbe fare ogni piccola azienda in un areale maturo segnato dalla presenza di grandi aziende consolidate: cioé produrre una cosa sola e come Cristo comanda. E se proprio deve fare il bianco, come i Lonardo hanno il Grecomusc’ Michele ha una delle Coda di Volpe più spettacolari mai uscite da una cantina. E in verità la 2011 è ancora in vasca e io gli ho detto: aspetta ancora, aspetta ancora, non pensare alla guida ma solo al vino. Il resto viene da solo.
Il naso di Perillo è sempre un po’ esuberante, ma anche complesso, oltre alla frutta si trova la cenere, l’agrumato, la notarella balsamica. In bocca la dolcezza arriva dopo e non prima la salivazione prodotta dall’acidità viva e vibrante. La massa si muove all’inizio in modo ancora scomposto ma si riordina alla fine come la folla all’uscita di un cinema per una chiusura praticamente infinita.
Lo immagino, questo cazzo di vino, seduto sulla terrazza del Relais Blu. Perché è uno dei pochi posti al mondo dove non ho fretta di vivere.
Sede in Castelfranci, contrada Valle 19. Tel e fax 0827.72252. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 17.000. Uva: coda di volpe ed aglianico.
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