Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 10 a 14 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Ove si ragiona dei prezzi del Taurasi e della situazione del mercato del vino
Si parla poco dell’area di Venticano, un comune irpino a mezza strada tra Taurasi e il Taburno, segnato a lungo dalla coltivazione del tabacco di cui restano evidenti le tracce quando si scollina dalla valle del Sabato in direzione degli spazi della Baronia e del Sannio. Eppure qui, oltre a Struzziero, operano numerosi conferitori di uve che da qualche anno, di fronte al crollo dei prezzi, hanno iniziato a vinificare e imbottigliare.
Si trova nelle pieghe di questo fenomeno diffuso la possibilità di uscire dai percorsi pre-disegnati negli anni ’90 e divertirsi davvero. Basti pensare che dopo il 2001 sono oltre sessanta le aziende irpine che si sono affacciate sul mercato e chi resta con le chiappe attaccate alla scrivania, sia di una enoteca che di un ristorante ma anche di un giornale, si trova improvvisamente non aggiornato da un anno all’altro. E’ proprio la dimensione di questo fenomeno che mi ha trasmesso la convinzione che in realtà la prima vera annata di Taurasi da prendere in considerazione come parte della storia moderna sarà la 2004, equilibrata dalla natura e dal mercato che ne ha stoppato i prezzi.
A tal proposito osserviamo che se i produttori taurasini fossero stati un po’ più scaltri e si fossero mossi guardando il mercato anziché quello che facevano i vicini, avrebbero già da sette, otto anni, dovuto scendere sui dieci euro per restare competitivi e smaltire lo stoccaggio divenuto imbarazzante a partire dal 1998. Ora, pressati dal calo della domanda, fenomeno che non riguarda i bianchi, il rischio è svendere. Abbiamo notizie precise di partite vendute a 4,5 euro a Capri mentre il mercato americano non ne vuole sapere di vini che poi arrivano sopra i venti dollari. E su questo aspetto devono riflettere i produttori di Fiano e Greco. E si capisce: ieri in un supermercato, proprio a Venticano, ho beccato un Brunello a 14,90 il che vuol dire uscito a poco più di cinque euro dall’azienda.
Diciamo che dopo aver subito per oltre quindici anni i prezzi imposti dai produttori, le parti si sono letteralmente rovesciate e sono i compratori a fare i prezzi. Già, perché questa situazione crea grandi occasioni di vantaggio e se si hanno zucca e un po’ di soldini, non tanti, diciamo un migliaio di euro, davvero i privati possono fare clamorosi affari e mettere a posto la propria cantina personale per i prossimi dieci anni anni comprando soprattutto 2004 e 2005.
La correzione dei prezzi è un fenomeno mondiale e tutti i produttori devono fare i conti con l’eccesso di offerta. L’Australia, principale responsabile di questa situazione, ha iniziato ad espiantare vigne mentre riesce ad aumentare i voumi dell’export sul mercato americano solo abbattendo del 40% il listino.
Gli stessi produttori della Napa Valley, abbiamo visto, sono alle prese con le stesse difficoltà e il fenomeno Opus One difficilmente si potrà più ripetere.
Si tornerà ai boccioni? Mai è possibile bagnarsi nello stesso vino, vent’anni di miglioramenti in cantina e in campagna non sono passati in vano: è possibile prevedere solo un ridimensionamento della spesa che ciascuno di noi assegnava al bicchiere, un po’ come è stato sino agli anni ’70 quando l’acquisto di una bottiglia non pesava sul bilancio familiare. Certamente sono finiti i tempi in cui era possibile ricavare il tremila per cento da una bottiglia, neanche con i diamanti sono possibile questi ricarichi. E se i vini devono costare in modo tale che la spesa sia percettibile ci devono essere valide e oggettive ragioni per cui questo avvenga: salubrità del suolo, difficoltà di raccolta, tipo di vendemmia, costo dell’affinamento e dello stoccaggio, creazione di cru e di riserve autentiche.
Non sarà un caso che, nonostante le difficoltà di pagamento, è proprio il Napoletano, più ricco di tradizione commerciale, a navigare bene in questo momento di crisi con bottiglie che mai salgono sopra i 5 euro iva compresa, ma in realtà parliamo di tre euro come media ponderata. E sappiamo bene che con tre euro ci sono ampi margini di guadagno se si riesce ad incassare.
Staremo a vedere, intanto, cari consumatori, se avete voglia di viaggiare e curiosare, c’è da divertirsi molto in questo momento, soprattutto nelle campagne sannite, irpine e lucane.
Ieri abbiamo goduto della freschezza di questo Taurasi tradizionale della famiglia Manganiello in Venticano, tre generazioni aggrappate alla vite, che dal 2003 si sono messi in proprio dopo aver conferito le uve di propria produzione per quasi trent’anni.
Lo abbiamo bevuto in condizioni ottimali, ossia con i soffritti dell’Alta Baronia nell’ambito della splendida domenica organizzata da Slow Food con le comunità del cibo a Flumeri. Per capire l’Aglianico davvero bisogna provarlo in queste condizioni. Solo così ti puoi rendere conto di quanto sia funzionale la freschezza esagerata, i tannini, di quanto sia necessario il corpo e di come vini pensati per essere provati da soli in modo autistico in un wine bar di città non hanno proprio senso in queste occasioni. Proprio come i Taurasi tradizionali non hanno speranze nelle sale autoptiche di degustazioni in cui le bottiglie sono messe in fila l’una accanto l’altra.
Invece ieri questo Taurasi fatto da Raffaele Panariello ha funzionato eccome, sui fegati sfritti, le papaccelle, le patate rosolate, i cruschi e peperoncini, il pane di Ariano, ha ripulito egregiamente la bocca dopo aver deliziato il naso con la dolcezza della ciliegia di fine maggio e la leggera tostatura del tabacco biondo. Legno ben dosato, giusto, mai invasivo. Lunghezza al naso e soprattutto in bocca con una chiusura straordinaria, autorevole, magnifica.
Pensatelo, anime belle, per il pranzo di Pasqua. Ai problemi ci pensa il Signore.
Sede a Venticano, località San Nicola. Tel. 0825.965343. wwwroccadellangelo.it. Enologo: Raffaele Panariello. Ettari: 5 di proprietà. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: aglianico, coda di volpe e Greco.
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