Siamo ormai a vent’anni, ne manca uno, da questa vendemmia difficile che ci ha regalato invece un grande Taurasi che anno dopo anno si conferma di enorme spessore e di assoluta piacevolezza. Mastro Perillo non sbaglia un colpo grazie alla sua lemma e alla filosofia del cuoncio cuoncio confermandosi viticoltore vero, autentico, senza bisogno di favolette da raccontare. Ed eccolo allora, ancora un volta, un anno dopo, carpito dal lupo irpino Tornatore nella mia cantina e bevuto con amici competenti e sinceri. Troppo corto, stavolta, l’intervallo per darvi note nuove, ma ne abbiamo ancora di buone bottiglie e stavolta faremo passare un po’ di tempo in più prima di aprirle.
Scheda del 21 agosto 2020. L’interpretazione dell’annata è una delle doti che distinguono un bravo viticultore e dobbiamo dire che, a distanza di quasi vent’anni ormai, la difficile perchè piovosa 20o2 vede in questo Taurasi di Castelfranci una delle migliori interpretazioni di sempre nonostante l’altezza e le temperature giocassero sfavorevolmente a vigne così alte. Invece il bilanciamento della concentrazione in vigna, una certa tendenza alla surmaturazione tipica di quell’epoca ci regala una vino che è ancora in tutta la sua magnificenza,, a cominciare dai tannini ben levigati e risolti dallo scorrere paziente del tempo ma al tempo stesso ficcanti e in grado di dare la giusta soddisfazione al palato. Il naso è poggiato su tanta frutta fresca, gradevole e ancora croccante, in un corredo fumè appena accennato che ha il ruolo di esaltatore di sapore anche in bocca dove la beva è sapida, salina, molto ben bilanciata e con l’alcol presente ma non preponderante. Insomma questo piccolo artigiano, uno dei pochissimi che non si allarga ad altre tipologie per fare catalogo e per questo per noi decisamente ammirevole perchè coerente al suo progetto di vigna, resta uno dei più affidabili di sempre. Tra i migliori del piccolo areale taurasino.
Un esempio da seguire per impreziosire una denominazione che ha enormi potenzialità ma che non è emersa a causa di una mancanza di fiducia reciproca fra i produttori nello stesso mercato pur essendo tanto amata e ben considerata fra gli addetti ai lavori. del che è prova che la critica non fa mercato, come del resto avviene nei ristoranti, e che il successo deve essere affidata alla capacità di parlare alla gente. Ma questo solo una intelligenza collettiva è in condizioni di farlo.
scheda del 2 aprile 2016
Taurasi Perillo: un piccolo grande capolavoro di artigianato contadino in vigna e cantina. Gira e rigira, consultando l’archivio di questo blog, scopriamo che era dal 2010 che non si provava il Taurasi 2002 di Perillo. Si trattava però di una riserva anche se dopo 14 anni credo sia davvero difficile fare una distinzione tra i due vini. In effetti è solo questione di tempo, e si sa che su questo fronte Michele è il numero uno.
Qualcuno ricorderà che l’annata 2002 in linea generale è stata molto difficile per il vino italiano. Alcune aziende evitarono di uscire (Biondi Santi a Montalcino, Mastroberardino in Irpinia) con i top preferendo passare. Fu anche il primo anno di crisi, di riflusso della viticoltura italiana per la contrazione del mercato dovuta alla tragedia delle Torri Gemelle e allo scoppio della bolla speculativa della Net Economy.
In sostanza, per la prima volta si respirò aria di contrazione dopo una cavalcata fantastica partita all’inizio degli anni ’90, forse la migliore della storia moderna della viticoltura italiana mentre per la Campania mai così bene dagli anni 20, quando la fillossera non era arrivata e si vendeva alla grande in Italia e in Europa.
Nessuno poteva immaginare che sarebbe stata una contrazione lunga almeno quanto la fase espansiva, tanto da mettere a dura prova il sistema nel suo complesso. Agli albori della rivoluzione della critica che avrebbe subito il processo di diffusione, democratizzazione e velocizzazione di internet.
Quattordici anni durante i quali è cambiato tutto. Tutto tranne il modo di Perillo di stare in vigna e di trattenere i vini in cantina al di là di ogni ragionevolezza commerciale.
Michele lo conobbi con Antonella Amodio che lo ha ricordato parlando del Taurasi 2003. Ora questo rosso dell’annata precedente l’ho stappato di getto in una bella Pasquetta tra amici insieme ad una cinquantina di bottiglie. Quando la notte, insonne per il troppo alcol, ho iniziato a fare ordine in cucina, il Taurasi era una di quelle assolutamente vuote.
Questo è sempre il primo indicatore per capire se un vino è valido, al di là dello stile e della tipologia: la bevibilità è un valore assoluto, a prescindere.
Ma cosa lo rende tale? La stessa cosa che lo rende giovane dopo 14 anni, starei per dire un giovane di 14 anni: la freschezza assoluta, inesauribile, capace di reggere l’enorme massa materica che sempre avvicina Castelfranci a Montemarano più che a Paternopoli. E cosa lo rende speciale? Un naso che cambia in continuazione, virando dal fruttato al fumè, dagli agrumi alle note tostate. Un palato veloce e scattante, che in pochi secondi trascina dalla sensazione rassicurante della frutta ben matura, non surmatura, al piacere della freschezza corroborata dalla sapidità e dalla nota amaricante finel che lascia la bocca pulita. E poi ancora l’abbinabilità ai cibi più impossibili.
La 2002 di questo artigiano si rivela complessa, proprio come l’annata in cui è nata, uguale a se stessa come un grande classico.
Imperdibile.
Sede in Castelfranci, contrada Valle 19. Tel e fax 0827.72252. Bottiglie prodotte: 12000. Enologo: Carmine Valentino. Uva: coda di volpe ed aglianico.
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