di Marina Alaimo
99…99…99. Questa data mi ricorda qualcosa di importante. Me lo sono ripetuta per tutto il viaggio da Napoli a Taurasi in occasione della XIII Fiera Enologica. Risalendo i tornanti che si snodano lungo la salita costellata dai vecchi starzeti che inconfondibilmente annunciano l’arrivo al piccolo regno dell’aglianico, mi si schiarisce la memoria. E’ proprio l’anno in cui cominciavo il mio viaggio nel mondo del vino ed avevo due uniche certezze: che dovessi partire da Taurasi e che la mia ignoranza in materia fosse imbarazzante.
Avevo letto da qualche parte che qui ci fosse la festa del vino ed il programma previsto offriva la possibilità di visitare la cantina di Antonio Caggiano. Il grande entusiasmo di quest’uomo, i suoi racconti di viaggio in giro per il mondo accompagnato dalla passione per la fotografia, il suo vino austero e avvolgente, il fascino degli splendidi vigneti hanno imposto il mio primo imprinting. Così la curiosità iniziale si è trasformata in fame di sapere e gli incontri successivi tra vigne, cantine, uomini e donne del vino hanno dato vita ad un passione delirante.
Mi dirigo verso il Castello Marchionale per guidare insieme a Luciano Pignataro e Oto Tortorella la degustazione dei “ragazzi del 99” e noto quanto le cose siano cambiate da quella prima visita. Innanzitutto il castello non è più un rudere ma si mostra in tutta la sua bellezza ritrovata. Le strade sono piene di giovani a tal punto che si fa gran fatica a camminare. Così mi rifugio velocemente nel vecchio maniero per sottrarmi al caos della folla.
I ragazzi del ’99 sono pronti per condurci in questo jump back nel passato timido ed incerto dell’areale taurasino, emerso poi con grande fatica. Sappiamo che è stata un’annata straordinaria per la regolarità dell’andamento climatico e questo accresce la curiosità di quanti lentamente hanno riempito la sala. Il 1999 rappresenta quindi un’annata di riferimento per il Taurasi dal punto di vista enologico, ma certamente non da quello territoriale in quanto le aziende impegnate erano ancora poche. Solo dal 2004 le cantine raggiungono un numero rappresentativo: sono una trentina ed uno stile comune di produzione comincia ad affermarsi. I numeri riferiti alla produzione sono rimasti piccoli. Nonostante la docg arrivata nel 1993 allarghi il territorio di riferimento a 17 comuni nella provincia di Avellino, le bottiglie etichettate in un anno sono circa 1.500.000.
Il comparto produttivo è infatti rappresentato da Mastroberardino, Terredora, Feudi, Struzziero e numerose piccole aziende a carattere strettamente familiare che nell’arco del tempo si sono sottratte al ruolo di conferitrici di uve per le cantine guida.
E sono proprio loro ad aprire la degustazione dei Taurasi del 99 seguite da altre due aziende storiche per poi presentare quelle a carattere più ridotto sia per numero di bottiglie che per anni di attività alle spalle.
Il Taurasi 1999 di Feudi di San Gregorio è il primo a vedere la collaborazione in azienda dell’enologo Riccardo Cotarella, succeduto a Luigi Moio. Già il colore fa trasparire un temperamento giovane del vino, poi confermato nelle successive fasi della degustazione. È rubino brillante e trasparente. I profumi sono integri e predomina la ciliegia croccante seguita dai toni discreti di pepe e chiodi di garofano. Il sorso è scorrevole, delinea un carattere vibrante per la vivace freschezza ed in tannini austeri.
Radici 1999 di Mastroberardino ha invece un approccio terroso e speziato, con frutta matura e toni balsamici. Il sorso ha materia con tannini compatti e freschezza in asse con il corpo del vino.
Fatica Contadina Taurasi 1999 di Terredora nei profumi ha carattere ruspante con toni fumè e di catrame in prevalenza che mortificano il frutto evoluto di amarene sottospirito. In bocca la spinta viene prevalentemente dalla forza dei tannini con freschezza in sottotono.
Il Taurasi Riserva 1999 di Di Meo delinea un corredo olfattivo ristretto sui toni speziati e frutto maturo. In bocca è agile con acidità calante.
Con il Taurasi Macchia dei Goti 1999 di Antonio Caggiano entriamo nel territorio storico di produzione. Il vino esprime una pulizia olfattiva perfetta e racconta uno stile classico e di estrema coerenza territoriale. Sia al naso che al palato dichiara tutta l’esuberanza giovanile dell’aglianico: prevale la ciliegia seguita armoniosamente dai toni di pepe nero e cenere. Bocca scattante sulla spinta della freschezza vivace e dei tannini compatti che sanno lungamente coinvolgere.
Restiamo nel territorio storico con Contrade di Taurasi ed il suo 1999 sa ampiamente emozionare la platea con stile amorevolmente artigiano. Fitto nel colore rubino e lucente. Grande pulizia di profumi ritmanti dal battere del frutto integro e profondo. Ci avvolge con toni speziati di pepe e cacao, terroso, balsamico e cinereo. In bocca è scattante e vigoroso con freschezza verticale e tannini di gran razza.
GMG 1999 classicheggia ricordando la fatica contadina che ha scritto la storia di questi luoghi. Emilio Di Placido è riuscito a ripulire i profumi ed i sapori dell’aglianico riversato ampiamente nelle piccole cantine delle casette del centro storico. E un bel bere artigiano austero ed integro che vuole la convivialità del cibo.
Il Taurasi 1999 di I Capitani ha i profumi evoluti, quasi maturi coniugati a una marcata nota balsamica mentre l’incedere in bocca è ancora molto fresco, di corpo, giovane.
Il racconto dei ragazzi del 99 si conclude con l’abbinamento a due piatti di antica tradizione irpina preparati sapientemente da Filippo Branca, responsabile cibo Slow Food della condotta dell’Ufita: fusilli fatti a mano con ragù e ‘ndruppeco o pezzente, una sorta di cotechino realizzato con le parti più povere del maiale.
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