Uva: aglianico
Fascia di prezzo: fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Vista 5/5. Naso 26/30. Palato 26/30. Non Omologazione 32/35
Ecco, possamo rispondere, finalmente, con precisione alla domanda. Quando andrebbe venduto il Taurasi 1999 di Emilio Di Placido?
Molto semplice: adesso.
Lo abbiamo ritrovato a breve distanza, domenica alla Fiera Enologica di Taurasi insieme ad altri sette e dove, mio gusto personale, è arrivato terzo dopo Contrade di Taurasi e Antonio Caggiano. E poi a Ferragosto, dove ho portato una dieci litri che avevo da tempo lasciato poltrire in cantina, in occasione della festa organizzata da Frank Rizzuti a Potenza.
Busso sempre con i piedi, mi piace.
E a proposito di educazione, è bello vedere come in questi tre anni trascorsi dall’ultima scheda il vino sia rimasto fedele a se stesso più delle persone, merito soprattutto della educazione in vigna e del governo in cantina, di stile tradizionale, un po’ lento forse rispetto alle attese e alle ansie, ma chiaramente capace di uscire in strada solo quando è davvero arrivato davvero il proprio momento. Non ha avuto bisogno di tradire se stesso e la propria terra per esprimersi al meglio e conquistare spazio.
Da iniziare a bere adesso grazie alla sua spiccata verve giovanile, figlia di un’annata equilibrata in ogni mese, forse l’ultima di questo tipo prima dell’arrivo delle estati tropicali. Un equilibro giocato anche sulla pazienza di vigne antiche, molte a piede franco, coltivate attorno al paese in Contrada Piano.
In batteria con gli altri Taurasi il 1999 di Emilio Di Placido non ha strillato, si è affermato con la sua compostezza, un naso non esuberante ma preciso di ciliegia, lieve tostature, cenere di foglie, “un bel bere artigiano austero ed integro che vuole la convivialità del cibo” come lo ha definito con precisione Marina Alaimo.
E infatti nella cena di Ferragosto, tra mugliatielli e parmigiana, lasagna e salsicce di cinta o lucane, ha fatto davvero la sua figura portandoci a capire la vocazione di questo vino quando è concepito in maniera tradizionale, botti grandi e zero concentrazioni: l’abbinamento con il cibo di tradizione. Qui la freschezza rinnovata lo porta a vincere la maratona, tutti lo vogliono perché serve, è utile.
Il retrogusto fruttato restituisce il dolce che la beva secca e sapida nega sino alla chiusura amara e pulita. Poi nel palato di torna la piacevolezza della frutta fresca. Ed è qui che il vino riesce a fare lo scatto, a tredici anni dalla vendemmia.
Per quanto tempo ancora? Impossibile prevederlo, il ricongiungimento tra naso e palato è appena avvenuto, come sempre succede nel decennale di un Taurasi, e adesso inizia la velocità di crociera la cui lunghezza nessuno può pronosticare.
Forse per sempre.
Scheda del 13 marzo 2009. Insomma, che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Si sapeva, perchè si diceva, delle infinite possibilità di invecchiamento dell’Aglianico e, in particolare, del Taurasi, ma in realtà oltre il 1990 non esistono altre bottiglie in circolazione se non quelle di Mastroberardino. Del resto, a quella data, erano appena dieci le aziende irpine impegnate nell’imbottigliamento e solo Struzziero, oltre la storica azienda di Atripalda, produceva anche Taurasi. Dopo la rivoluzione iniziata negli anni ’90, durante la quale il numero delle cantine ha superato quota 150, finalmente cominciamo a disporre di archivio, sia pure non sistematico e neppure lontanamente commerciale. Ma almeno qualcosa si inizia a bere con maggiore ponderazione anche grazie alla crescita di una nuova generazione di degustatori abituata al confronto con gli altri territori. Per questo abbiamo organizzato in amicizia la serata di Vinicola Taurasi-Gmg con il titolare Emilio Di Placido. E’ stata una cavalcata negli anni molto piacevole fatta insieme a tanti amici nel bel locale Vino&Caffé di Taurasi: 2001, 2000, 1999, 1998, 1996 e 1995 con un passaggio dalla barrique al legno grande, portati maieuticamente per mano da Giovanni Ascione di Bibenda. Il vero segreto di Emilio è l’essere la rappresentazione plastica dell’ancestrale percezione del tempo irpina dove l’orologio è un ninnolo, non il dittatore della giornata. Il 2002? Non è pronto risponde il nostro amico: non male come chiosa al termine dell’Anteprima Taurasi 2005. Già, non è ancora pronto perché i sistemi tradizionali sono dei maratoneti, il bicchiere non è popputo e, peggio, sfrontato, come succede quando si opera molta concentrazione in cantina, ma è la frutta a percorrere il tragitto stabilito dal suo dna e dall’annata. Questa differente impostazione regala l’articolazione tra i millesimi e presenta meglio la fotografia della vita del territorio dentro il bicchiere. Non a caso, nonostante le grandi annate 2001 e 2000 attualmente in commercio, tutti i presenti hanno rivolto il loro pensiero quaresimale alla magnifica 1999, cioé all’ultimo grande millesimo vissuto dal vino in Campania e in Italia in cui l’eleganza si fonde alla potenza. Di cui per fortuna c’è disponibilità e che adesso Emilio farà bene a farsi pagare a caro prezzo perché il piacere profondo dell’animo non conosce il significato del termine «risparmio».
Dai un'occhiata anche a:
- BuonConsiglio 1999 Grumello ArPePe, l’eleganza del nebbiolo
- Contrada Sant’Aniello Fiano di Avellino DOCG 2016 Vigne Guadagno
- Vigna della Congregazione Fiano di Avellino 2010 docg, Villa Diamante
- Greco di Tufo 2022 docg, Tenuta del Meriggio
- Fiano di Avellino 2005 docg, Colli di Lapio Clelia Romano
- Vini Laura De Vito – Nuove annate
- Vini Torricino di Stefano Di Marzo. Nuove annate
- Opera Mia 2008 Taurasi docg, Tenuta Cavalier Pepe