Taormina, ristorante La Capinera e i piatti di Piero D’Agostino

Via nazionale 177, località Spisone
Tel.0942.626247
www.ristorantelacapinera.com
Sempre aperto. Chiuso il lunedì, mai in estate

Smack smack smack. Che piacere poter prenotare alle 22, quando la maggioranza dei ristoranti italiani da Roma in su ha già chiuso le cucine imponendo ai clienti orari conventuali.
Smack smack smack. Che bella la storia di Piero D’Agostino e delle sorelle Cinzia (sommelier) e Giorgia che rilevano uno stanco locale di mare e lo rivoltano come un calzino.
Smack smack smack. La Sicilia.

Una cucina classica. Rubo la definizione di Nino Aiello perché alla fine della serata non riuscirò a trovare altri aggettivi più efficaci. Anche perché classica non vuol dire tradizionale, anzi: bensì capace di assumere forme e sostanza definitive e di riferimento. Ed è quello che accade dall’inizio al caffé: i sapori di questo ragazzo sono precisi, esaltati e presentati senza mediazione. Non c’è paura della giusta sapidità come di converso non c’è il cazzeggio di spezie che spesso si trovano nell’alta ristorazione più per voglia di citare qualcosa che per soddisfare esigenze espressive della materia prima.

La cucina è classica, dunque riconoscibile. E non a caso La Capinera ha bella clientela catanese e siciliana dalla sua. Un indicatore sempre importante per chi viene da fuori: vivere straniati dal contesto può essere un vantaggio, ma alla fine anche una dipendenza maggiore di quella costituita dalle beghe e dalle invidie di paese. Qui si centra il giusto mix tra le due polarità.

 

Il locale è essenziale, sicuramente non all’altezza della cucina ma questo contribuisce a fare atmosfera, ad evitare quella psicologia ingessata da grande ristorante che spesso prende prigionieri clienti e personale di sala.  In compenso il servizio è gentile e appassionato, l’hotellerie ben curata, lo stile essenziale.

C’è attenzione per l’olio, il vino, i pani, i grissini. Tutta la cornice molto italiana alla quale però non sapremmo rinunciare.

Paradossalmente il benvenuto è stato, a mio avviso, l’unico passo falso della serata. Il risultato finale è conseguito dall’acidità, ma passa attraverso il tunnel di troppi e confusi ingredienti.
Meglio una essenzialità pura o un divertimento non impegnativo.

Piero ha gli occhi da scugnizzo, è veloce, e soprattutto si diverte come un matto a cucinare. Questa cosa si vede e si percepisce nei piatti e nella conversazione.

La carta dei vini è molto interessante, sapiente e con ricarichi giusti. Ampia scelta di Champagne, praticamente tutta la Sicilia, belle incursioni nelle altre regioni e in Francia.

Il crudo è una esplosione di mare ben presentata. Incroci fantastici tra iodio e acidità, agrumio, agrodolce. Un piatto di grande scuola, che, come si usava dire un tempo nelle guide, da solo vale il viaggio. Il crudo non è cucina, siamo d’accordo, ma la selezione del pescato è biglietto da visita fondamentale per un locale mentre l’accostamento è barometro dell’estro del cuoco oltre che della sua capacità di dominare il prodotto. E Piero dimostra una maturità espressiva molto rara in Italia.

 

 

Gli antipasti sono ricchi, ghiotti, veloci. La mia insalata si muove rapida, l’agrumato la rende sempre piacevole, mai stancante.

 

Trovare Vicidomini qui vuol dire una sola cosa: il ragazzo di pasta ne capisce quanto di pesce. Sapori di Sicilia molto ben eseguiti. Alessandro Regoli benedice il piatto.

 

Scelgo la minestra, se l’antipasto era la licenza liceale, questa è la laurea: sapori forti, intensi, concentrati, meridionali. E poi acidità, giochi di consistenze, piacevolezza complessiva. Uno dei migliori piatti di questo inizio anno.

 

Dopo tanto pesce volgo alla carne, come sapete agnello e capretto sono le mie due preferite. Qui la doppia cottura, al forno e in padella lascia un cuore vivo concentrando sapori e croccantezza all’esterno e una piacevolezza quasi burrosa nel cuore di ogni taglio.

Il puré è sicuramente più rustico di quello di Robuchon-Vizzarì, ma la patata ha del suo e con la carne si sposa alla perfezione.

Quello che vedete è stato il dolce di Regole. Ancora mare e freschezza agrumata di alto profilo.

 

 

I dolci sono classici, meridionali senza mediazione. Una pranzo nel pranzo.

 

Insomma, la cucina di Piero D’Agostino lascia appagati e soddisfatti. Un must se venite a Taormina, ma se siete a Catania o a Messina l’allungo è obbligatorio.
Pagherete 75 euro per un menu degustazione di sei portate, 90 per nove. Formula easy per il vino con vendita a calice a prezzi fissi.

 

 


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