Romeo Bar del Romeo Hotel
Napoli, Via Cristoforo Colombo 45
Tel. 081.6041580
www.romeohotel.it
Aperto la sera. Chiuso lunedì, domenica
Sui 60 euro
di Ugo Marchionne
Il Romeo Bar, inaugurato e rinnovato da pochissimo, non sembra volersi fermare nella sperimentazione e nel proporre novità.
La guida a quattro mani dello chef stellato Salvatore Bianco e dell’ Edomae di Hokkaido, Mariko Watanabe ha fatto sì che la carta di questo ristorante giapponese potesse conoscere non solo la commistione con un piatto tutto napoletano quale gli spaghetti, ma anche e soprattutto un percorso di sushi finalmente innovativo.
Un Omakase è il percorso di degustazione di sushi, tutto nipponico, in cui è lasciato libero spazio alla fantasia e all’ estro del maestro di sushi, il quale a seconda della freschezza delle materie prime e delle preferenze del commensale, adatta ai suoi gusti un percorso che mostri a tutto tondo la propria linea di cucina.
L’ Omakase è il modo in cui, cosi come fanno i nostri chef stellati, un maestro giapponese, può dare campo aperto al suo estro, spaziando dal sushi, al sashimi, fino a degli abbinamenti sperimentali fuori menù.
L’ ambiente del Romeo Bar è ben noto per essere raffinato ed affascinante, pensato e curato dal noto architetto giapponese Kenzo Tange, ma finalmente le proposte che offre sono state rinfrescate dal tocco femminile, umile e discreto di Mariko Watanabe.
Se tradizionalmente un Omakase è pensato per essere un percorso degustazione in crescendo, questa sua anima peculiare è doppiamente tradita dalle proposte messe in campo al Romeo Bar.
Mariko Watanabe ha infatti concentrato la sua attenzione sulle materie prime proposte in stile Aburi ovvero scottate direttamente da crude con il cannello, una volta formato il nigiri.
Questa scelta quindi permette di poter provare un sushi che si discosta leggermente da quello che noi comunemente identifichiamo come elemento caratterizzante della cucina giapponese, ovvero il crudo.
Ecco il motivo per il quale la prima portata di questo percorso all’ impronta è stata l’ Aburi Toro, la ventresca di tonno scottata, forse il pezzo che più identifica il concetto di sushi di qualità e di grande aspettativa.
Il nigiri di ventresca, servito alla fiamma perde leggermente di burrosità e di eleganza al palato, ma sicuramente ne guadagna una consistenza e una carnosità inedita, un elemento extra che forse è piacevole ritrovare di tanto in tanto. Sicuramente la materia prima brillava per freschezza ed il sapore era eccellente, ma il vero O-toro va gustato crudo per apprezzarne il gusto rotondo.
Splendido il nigiri di Aburi Amaebi, il gambero rosso di Mazara del Vallo scottato. Affumicato, dolce, consistente, davvero un pezzo da ricordare, non solo perchè è rarissimo trovarlo proposto in questo modo, ma anche perchè da solo riesce a creare una piacevole sensazione al palato di robustezza e salinità, senza essere troppo persistente. Il tocco d’ artista di Mariko quì sta nei fiocchi di fior di sale posti sul nigiri e sul riso meno carico di Mirin.
Inedito al Romeo bar sushi, anche per me il nigiri di avocado scottato, fino ad ora mai visto nè assaggiato in un ristorante giapponese in città.
Vegetale, oleoso, davvero interessante. La consistenza cremosa dell’ avocado davvero si sposa bene con il concetto di sushi e non stona, nè la cottura gli fa perdere identità, anzi, ne esalta l’ avvolgenza data dagli oli e dai grassi naturalmente presenti in questo frutto. Più di un pezzo risulterebbe essere troppo, ma uno soltanto è un ottimo intermezzo che spezza la costante del pesce e prepara alla prossima portata, dopo essersi puliti la bocca con lo zenzero Gari.
Troppo ordinario invece il nigiri di Aburi Suzuki, branzino scottato.
Una volta formato il nigiri, purtroppo la punta di wasabi posta dallo chef al di sotto del filetto di pesce non si può più eliminare per non risultare scortesi ed in questo caso la nota piccante risultava troppo coprente su una materia dal sapore così neutro. Ugualmente coreografico l’ effetto fiammato sul nigiri e visivamente stupendo, ma la resa di gusto mancava un po’.
Si è decisamente cresciuti di tono con il nigiri di salmone scottato, Aburi Sake. Onestamente non sono riuscito a percepire se esso fosse selvaggio, pescato o comune di allevamento, ma sono sicuro di una cosa : non era nè troppo grasso nè troppo salato. Un nigiri adatto sia agli esperti che ai novizi del sushi, un crowd pleaser, uno che piace a tutti, ma che è facilissimo sbagliare nella fattura e nella scelta del pesce. In questo caso uno dei pezzi più comuni, che è possibile trovare ovunque è divenuto uno degli attori principali della serata grazie all’ aroma e al sapore rotondo e grigliato.
Sarò sincero, i fuori menù mi hanno colpito.
Senza mezzi termini.
Mi hanno sorpreso per inventiva e perizia nell’assemblamento. Il primo di essi è un piatto che oserei dire essere estivo e tropicale. Una tartare di gambero rosso su un letto di avocado, il tutto coronato da una salsa allo Yuzu, il limone giapponese e polpa di frutto della passione.
Un piatto fresco, saporito, giovane, che è riuscito in un gioco di contrasti davvero intrigante.
Il dolce del gambero, la freschezza dell’ avocado, il pungente dell’ agrume e il croccante dei semi del frutto della passione. Un insieme di gusti umami.
A ben notare, la tartare è servita in forma di nigiri, quasi a dare una linea di continuità con i piatti serviti in precedenza. Nice one Edomae-Sama.
Il secondo fuori menù era una cappesanta scottata alla piastra su un mini hamburger di ricciola e chips di alga croccante. Assemblaggio divertente. La ricciola forse era un pò troppo secca e la maionese non era abbastanza per rendere il piatto più morbido. Ottima la cottura rosolata della cappesanta.
Ultimo pezzo, dono di Salvatore Bianco peraltro, grande conoscitore ed estimatore della cucina giapponese è stato un gunkan di riccio e spugna di mare.
Quale miglior conclusione di un percorso così? Se la chef è di Hokkaido e la capasanta e il riccio di mare sono due delle eccellenze di Hokkaido, anche se solo idealmente, il gesto galante di chef Bianco ha omaggiato la tradizione la città natale dell’ elegante Mariko.
Il gusto per me era unico, si è letteralmente dissolto al palato, esplodendo in una sapidità mai provata prima. Un’ esperienza che sicuramente ricorderò a lungo.
Più che un Omakase è stata una folie a deux. Ecco perchè il Romeo Bar è a buon titolo uno dei ristoranti di sushi più in voga. Da provare.
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