di Fabrizio Scarpato
Il diminutivo non aiuta, in qualche modo non rende merito a un vitigno autoctono ligure, che tra l’altro, col nome di albarola, magari con maggior appeal, ci mette del suo nella denominazione Cinque Terre. Riporta alla mente certe domeniche nell’entroterra, le margherite e le ginestre, i mazzi di rosmarino e asparagina sui sentieri, i pergolati, il pane e salame, il sorso godurioso. Perché altro che bianchetta, è vino bianco corposo, persino morbido nei suoi cenni di frutta esotica, sostenuto da una bella botta acida, in un sorso disincantato e franco. Mi ci affetto una cima, ma anche un coniglio ripieno, che il pesce, in campagna, non si sa mica tanto bene cosa sia.