di Enrico Malgi
L’areale del Vulture rappresenta un territorio unico nel panorama vitivinicolo meridionale, pur utilizzando in maggior parte le stesse uve di Aglianico come avviene ormai in tutte le regioni ed i comprensori del sud Italia. Ma qui aleggia qualcosa di diverso, quasi di magico che fa risaltare i vini che vi si producono. Si tratta di un Aglianico sicuramente differente rispetto a quello che si produce in Irpinia e nel Sannio, pur condividendo con questi territori la stessa natura vulcanica del terreno, l’altitudine e la posizione geografica interna senza l’influenza del mare vicino. L’Aglianico qui ha una propria impronta e possiede una sua spiccata personalità che lasciano il segno e lo rendono subito riconoscibile ed approcciabile.
Come l’ottimo Aglianico che producono i fratelli Sara e Luca Carbone di Melfi per esempio nelle loro quattro versioni, differenti soltanto per il tempo che trascorre durante il periodo di maturazione del vino ed il contenitore impiegato. In questo frangente si tratta dell’etichetta Stupor Mundi Aglianico del Vulture Doc 2014 (dedicato a Federico II di Svevia), che all’edizione 2019 di Radici del Sud ha conquistato una meritata seconda piazza ex aequo da parte della giuria dei Wine Buyers nella propria categoria di appartenenza. In precedenza il 400 Some Aglianico del Vulture 2011 della stessa azienda aveva sfiorato l’en plein a Radici 2014, dove si era piazzato al primo e secondo posto. Come si dice? Buon sangue (o meglio ancora buon vino!) non mente.
Aglianico allevato a 550 metri di altezza su un terreno di natura vulcanica. Età delle viti di 45 anni. Vendemmia effettuata nella terza settimana di ottobre. Macerazione sulle bucce per quindici giorni in piccoli fermentini di acciaio a temperatura controllata. Dopo la fermentazione malolattica il vino è transitato in tonneaux riposti in grotte di tufo per un anno. Tasso alcolico di quattordici gradi. Prezzo in enoteca intorno ai 25,00 euro.
Veste cromatica bellamente luccicante di rosso rubino non eccessivamente carico. L’affascinante bouquet prende subito in ostaggio le narici, costringendole ad annusare tutta la vasta gamma di intensi profumi emanati. Elevate risultano soprattutto le note fruttate di sottobosco, di marasca e di susina, intersecate subito a nitide percezioni speziate di noce moscata, chiodi di garofano e vaniglia. Al naso si avvertono poi nuances resinose, sulfuree, catramatose, sapide e minerali. Coté balsamico, tabaccoso e cioccolatoso di ottima rilevanza. Approccio del sorso in bocca segnato da un rigore seducente ed aristocratico e permeato da una silhouette austera, fine, armonica, corroborante, energica e ben equilibrata. Tannini imperiali e ben masticabili. Legno sicuramente ottimamente dosato e senza prevaricare. Solida l’intelaiatura portante per un gusto pieno, voluttuoso, complesso, raffinato ed elegante nel suo incedere sicuro fino alla meta finale. Ed infatti il retroamoma si conferma sublime e persistente. Sulla classica cucina di terra lucana. Un grande vino davvero, che ben rappresenta questa tipologia territoriale e che certamente durerà ancora per lungo tempo.
Sede a Melfi (Pz) – Via Nitti, 48
Tel. 348 2338900 – info@carbonevini.it – www.carbonevini.it
Enologo: Luca Carbone
Ettari vitati: 8 – Bottiglie prodotte: 35.000 – Vitigni: Aglianico e Fiano
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