di Antonino Siniscalchi
Nell’era dei panettoni “grandi firme”, a caratterizzare il Natale in costiera resiste la tradizione degli struffoli. Accanto alla produzione familiare attraverso le ricette che si tramandano di generazione in generazione, si è ritagliato uno spazio importante la vendita delle pregiate “palline”, più piccole o più grandi, nelle panetterie e nei negozi di alimentari, di struffoli in buste di cellofan, ad un prezzo che oscilla tra i 18 e i 22 euro al chilo. Una base semplice da guarnire con miele, frutta candita e confettini decorativi colorati. Immancabili, quindi, sulle tavole, pur nella scelta di comprarli a scatola chiusa. Il ricordo di questa secolare tradizione, in uno dei libri «Il racconto del lunedì» di Ciro Ferrigno, attento cultore della storia della penisola sorrentina. «A Natale la nostra casa profumava di miele – scrive Ciro Ferrigno -; è vero che tutte le grandi feste hanno i loro profumi, ma Natale un po’ di più. In genere l’antivigilia era il giorno ideale per preparare i dolci della tradizione: struffoli e zeppole. Io preferivo gli struffoli anche perché le zeppole di acqua e farina erano un po’ malfamate, nell’olio bollente potevano schizzare e arrecar danno a qualcuno; bisognava stare alla larga dal focolare e solo mia madre con un lungo forchettone si poteva avvicinare per girarle e rigirarle durante la cottura. Il profumo della frittura si mescolava con quello del miele sul fuoco ed il connubio diventava inebriante».
L’arte della manipolazione, l’attenzione nella successione degli ingredienti, il rito della frittura e della colata di miele. «La preparazione e la cottura di quei dolci era un momento da vivere assieme – aggiunge Ferrigno -, in festosa collaborazione e per questo la cucina traboccava di presenze intorno a mia madre. Friggevano tra chiacchierio e risate e la mia infanzia, la mia adolescenza profumavano sempre di più di quel miele che lentamente diventava liquido su quella fiamma destinata a custodire ricordi preziosi. Io andavo in cucina solo per rubare qualcosa: un cucchiaino di miele, dei canditi, degli struffoli appena cotti. Mi leccavo le dita per assaporare fino in fondo la dolcezza di quei dolci e di quei giorni, quando Natale era ancora Natale e non il trionfo del consumismo».
In Penisola sorrentina gli struffoli sono il dolce per eccellenza dei pranzi e delle cene che scandiscono le festività natalizie e di fine anno. Forse li preparavano già il Greci in epoca classica, i nostri progenitori della Magna Grecia, certamente quelli della Roma antica, mentre alcuni studiosi li fanno risalire al dominio degli Spagnoli, per esservi qualcosa di simile in Andalusia. Certamente i dolci natalizi, così come oggi li conosciamo, sono stati adattati al nostro gusto dalle mani sapienti delle suore dei tanti monasteri presenti sul nostro territorio ieri più di oggi. Esse ne preparavano per farne dono ai propri benefattori, negli ultimi giorni dell’Avvento. Gli struffoli, a Capodanno assumono un significato particolare: sono augurio di abbondanza, buon auspicio e fertilità. Maria Grazia Cocurullo che, in fatto di dolci, ha raccolto in sé tutta la sapienza popolare, nel suo libro «I dolci della domenica» suggerisce la ricetta nostrana degli Struffoli diversa, ma non tanto, da quella napoletana. Infatti, quel tocco di diversità si concretizza nell’uso di burro e olio, del limone dei giardini sorrentini grattugiato, nel miele l’anice e del vino bianco. «Nei giorni della grande festa – conclude Ciro Ferrigno -, tra Napoli e la costiera sorrentina è una gara nell’innalzare al cielo il profumo degli struffoli e del miele sul fuoco e mi piace pensare che queste nuvole odorose s’incontrino a mezza strada nel Golfo, per fondersi in un corpo ed un’anima sola, proprio come due persone che si amano». Per non cancellare usanze e tradizioni senza tempo, si ricorre sempre più alla busta di struffoli in commercio da completare solo con miele e decorare pezzetti di canditi e confettini “diavolilli”.
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