Leggi Falanghina e traduci bevibilità immediata. Davvero impossibile ottenere dei bianchi da memoria con questo vitigno nei Campi Flegrei? Ma no, serve solo un po’ di attenzione, magari ricordando come la facevano i vecchi contadini, sulle bucce, ma al tempo stesso aggiornando la tecnica. Grotta del Sole, I Vini della Sibilla, Farro e Raffaele Moccia ci hanno già provato con risultati brillanti, anche nelle degustazioni coperte per le guide specializzate: ricordo giusto le quattro stelle del Touring al Vigna dei Pini 2003 di Moccia. Nel club si iscrive adesso anche la Cantina Astroni il cui percorso architettonico è ormai quasi terminato con la ristrutturazione della cantina, la sala di degustazione, la prossima foresteria e soprattutto con la vigna belvedere sul cratere del vulcano esploso 40.000 anni fa i cui lapilli, ci ricorda il direttore della riserva naturale Giuseppe Pugliese, arrivarono sino in Russia. Vicino al più grande bosco monumentale italiano, una traccia di come era la Campania sino a 80 anni fa, maturano la falanghina e il piedirosso sotto lo sguardo del giovane Gerardo Vernazzaro, quarta generazione della famiglia Varchetta impegnata a fare vini in questo posto sin dal 1891. Gerardo e il suo maestro, il professore Roberto Zironi, ordinario di Enologia a Udine, hanno realizzato l’ambizione di un bianco importante, capace cioé di attraversare il tempo. Fermentazione sulle bucce, parte travasato in tonneaux da cinque ettolitri, affinamento in acciaio e bottiglia prima di uscire sul mercato un anno dopo la vendemmia: è la breve storia dello Strione 2006 presentato in anteprima domenica scorsa sugli Astroni. Sin dal colore si annuncia un vino ricco di sensazioni da raccontare, un giallo paglierino carico, quasi oro, brillante, al naso, soprattutto quando raggiunge la temperatura ambiente, parla del vulcano e della macchia mediterranea, in bocca è pieno, così strutturato da poter vantare un finale lungo e pulito, la freschezza conserva intatta il suo ruolo, gratifica la beva e la fa andare avanti annunciando al tempo stesso la volontà del bicchiere di evolvere ancora. Sino a quando? Non ci sono esperienze con la Falanghina dei Campi Flegrei, ma le premesse per aspettare con fiducia sicuramente. La sapidità e la freschezza invocano sicuri gli abbinamenti di mare, magari sul porto di Pozzuoli con il sauté di Bobò o con la zuppa di pesce del Tarantino. Oppure con gli spaghetti alla colatura di alici della gang di Cetara,San Pietro, Convento e Acquapazza, adesso che andiamo verso la tradizione dell’Immacolata.