di Gemma Russo
Foto di Marina Sgamato
Dal 24 ottobre 2015 al dicembre 2016, durante i fine settimana e i festivi, sono stata volontaria della Pro Loco Pozzuoli al Percorso Archeologico del Rione Terra. In questo lasso di tempo, seduta ad una scrivania di un sedile del Seicento, ho guardato i volti di più di 40 472 visitatori meravigliarsi della bellezza vista: il borgo seicentesco inabitato custodire tra le proprie mura la colonia romana di Puteoli del 194 a.C., e convivere con quella d’età augustea, classica nel candore, porto del Mediterraneo fino alla costruzione di quello di Ostia.
Il Rione Terra è stato, nel corso dei secoli, cuore pulsante della più grande delle cittadine flegree. Ruolo mai perso, pur se la rocca tufacea è inabitata da 47 anni, e la popolazione sottoposta ad evacuazione forzata il 2 marzo 1970.
In poco più di un anno, l’incontro con chi ha vissuto direttamente o indirettamente la rocca tufacea ha dato vita ad una pubblicazione scritta da me, patrocinata dal Comune di Pozzuoli. Storie dal Rione Terra sarà presentato domenica 5 marzo 2017, ore 10:30, presso la Sala Consiliare di Palazzo Migliaresi al Rione Terra di Pozzuoli.
Ventotto storie che dipingono la natura bradisismica della terra, l’importanza archeologica e storica, la quotidianità che non c’è più, fatta di usi e i costumi, anche gastronomici.
A moderare sarà Massimo Calenda, giornalista RAI. Interverranno: Susy Cassinese, Presidente Pro Loco Pozzuoli; Costanza Gialanella, funzionario archeologo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Napoli, Responsabile dell’Ufficio Scavi di Pozzuoli; Tiziana Vanorio, professoressa di Geofisica alla Stanford University; Vincenzo Figliolia, Sindaco di Pozzuoli; Angelo Di Costanzo e tutte le Storie dal Rione Terra.
L’ingresso sarà libero e il libro distribuito gratuitamente nel corso della presentazione.
Lascio al blog di Luciano Pignataro il prologo al ventunesimo capitolo, in cui la preparazione di un’antica ricetta puteolana è avvenuta nella cucina di Marianna Vitale.
***
«Ciao Gemma, stai arrivando?», chiede Marianna al telefono, «Se fai tardi è un problema. Devo andare a prendere mio figlio a scuola».
La rassicuro. Nella cucina del proprio ristorante, preparerà gli spaghetti con il sugo di polpessa.
Non è una ricetta qualsiasi, a detta di Angelo Di Costanzo, che si è fatto coinvolgere dalle Storie dal Rione Terra, ma tra i piatti più riusciti di sua suocera Partorina.
E allora, perché non rivolgersi alla signora Partorina?
No, sarà Marianna Vitale, cuoca stellata del ristorante Sud, a raccontarmi la ricetta.
«Angelo, non mi ha fatto capire bene cosa devi fare», afferma, mentre è intenta a soffriggere l’olio, l’aglio e il peperoncino, «L’ha scelta lui la ricetta. Mi ha mandato un messaggio in cui la spiegava. Devo farti leggere».
Prende il cellulare e, ridacchiando, recita: «Piglia la polpessa pescata di prima mattina, a te non mancano i modi. Pulizzala e mettila da parte. Fai aglio, olio, cerasiello e uvetta. Butta la polpessa, pescata di prima mattina, che a te non mancano modi, e lasciala cuocere».
Dispone la polpessa in pentola e sfuma con un po’ di vino bianco. La fa rosolare per bene, e aggiunge la passata di pomodoro; una manciata di uva passa e lascia cuocere, lentamente. Intanto, mentre chiacchieriamo, cala la pasta nell’acqua in ebollizione. È napoletana, ormai flegrea d’adozione. I Campi Flegrei non se ne sono accorti, ma sa interpretarli nel piatto in maniera più fedele di quanto possa fare chi ci è nato. Non si ferma a questa terra però, va oltre.
«Solitamente, la polpessa fritta la preparo come antipasto», rivela, «Sai chi la proponeva? Quel ristorante famoso di via Napoli. Come si chiamava? Vicienz a’Mmare».
Condisce gli spaghetti con il sugo. Aggiunge un mucchietto di pinoli e del prezzemolo tritato. Una spadellata e impiatta con cura, creando un nido che somiglia a uno chignon. Posiziona una granfia di polpessa, avvolgendola in modo da simulare il movimento compiuto dal mollusco, quando spunta dall’anfratto in cui si nasconde.
È bello guardarle le mani che eseguono movimenti meticolosi. Guarnisce con pochi pinoli tostati, prezzemolo e un’imponente foglia di basilico. Prende tra le mani il piatto e, sorridendo, afferma: «Questo piatto è proprio puzzulano».
Assaggio. È gustosissimo. C’è, nel sapore, qualche cosa che mi sfugge.
«È la menta», dice, «Era tutto tendente alle dolcezze. La menta dà quel tocco di contrasto».
Ho capito perché Angelo ha voluto quest’incontro.
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