Il rosso dei Feudi di San Gregorio dal 2004 al 1996
di Antonio Prinzo
Parco dei Principi, 21 gennaio: serata importante dell’Ais. Tante le degustazioni e le verticali fatte, ma adesso parliamo campano, parliamo di Aglianico, sentiamo il Serpico.
Due parole sui Feudi di S.Gregorio, grande casa oramai conosciuta ai più, 3.500.000 bottiglie all’anno, una di quelle realtà che fa pensare che grande è bello. Perchè quando ci sono queste realtà in un Sud difficile e contrastato si apre un respiro di speranza verso un’idea della tradizione che oltre a diffondere e affermare grandi produzioni vinicole sa guardare avanti innovando e creando quelle condizioni che spingono un territorio a crescere. E quanto l’Irpinia è cresciuta lo vediamo ogni giorno, leggendo qualunque guida e visitando le tante enoteche. Nel mio caso a Roma dove la crescita dell’offerta per i vini campani e irpini cresce ogni giorno, anche se con una certa lentezza, ma questo è nello spirito di Roma. Prima o poi vedremo che le grandi enoteche di Roma sposteranno verso l’alto le bottiglie campane non costringendoci sempre a inginocchiarci come davanti ad altari improvvisati.
Ma veniamo a noi al Serpico, nella bella sala del Parco dei Principi alla presenza di Marco Gallone Amministratore Delegato dei Feudi e del grande enologo Riccardo Cotarella che da qualche anno segue i Feudi. Il Serpico è Aglianico in purezza, più di un anno in barrique e poi affinamento in bottiglia.
Ci troviamo di fronte a sei annate: 1996-1999-2000-2001-2003-2004 tutte con un tratto in comune che è la grandezza e complessità di questo vitigno e che trovano i tratti distintivi soprattutto nelle stagioni di produzione oltre che chiaramente nell’età delle bottiglie.
Si parte con il 2004, rosso rubino, frutta matura, fieno e poi tabacco e al gusto forza dei tannini e grande acidità, a mio parere ancora qualche anno e sarà grande.
Il 2003 unisce ai forti sentori di frutta matura più evidenti rispetto al precedente, anche note balsamiche, tabacco e cuoio, al gusto polposo e sapido, lo berrei già adesso così con uno dei grandi piatti forti e scuri della cucina campana.
Del 2001 ma ne parlo dopo passo al 2000 che dimostra come i cambi di stagione influiscano sulle caratteristiche del vino ma anche come l’Aglianico è un puledro scattante e da tenere a bada che riesce sempre a mettere in luce la sua complessità e forza, rubino quasi impenetrabile, grande frutta rossa matura, ma anche grafite, liquirizia, tabacco, spezie e al gusto lo ritrovi come te lo aspetti, il tannino che ti assale e poi si acquieta, l’acidità sempre li e grande complessità di frutta e spezie, in bocca lungo lungo e pieno.
Il 1999 è li che comincia a dirti che gli anni fanno bene a questo vino
Il 1996 dal bel rubino tendente al granato con bei sentori di cuoio e tabacco ti fa pensare a cosa può essere questo vino ben oltre i dieci anni che stiamo esplorando, senti la maturità, senti la complessità che si apre al naso e che poi ritrovi in bocca, una delle migliori annate in degustazione, grande Serpico.
Ma eccoci al 2001 che mi ha emozionato più di tutti e qui più che delle sue caratteristiche gusto olfattive vorrei trasgredire e parlare delle emozioni che si provano di fronte a un vino che al naso e al gusto ti da una sferzata di profumi e aromi di tale complessità e grandezza che senti il cuore sobbalzare, ho pensato a quanti paragoni impropri sono stati fatti sull’Aglianico, quasi che avesse bisogno di essere associato a qualche nome blasonato, niente di più sbagliato, l’Aglianico è lui punto e basta, è un grande vino. E quando lo incontri, come il 2001 Serpico, devi solo chiudere gli occhi e ascoltare la grande storia che ti sta raccontando.
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