Stilema Mastroberardino. Qualcuno dei venti lettori appassionati che mi seguono si ricorderà del mio grande entusiasmo, condiviso con il maestro Daniele Cernilli, per il Fiano di Avellino 2015 Stilema .
Beh, ieri mattina ho avuto modo di provare tutta la linea completa e ne sono uscito bello carico e con una considerazione banale e semplice dopo quasi 30 anni di scrittura del vino e dopo aver parlato di di tutti: senza la Mastroberardino non potremmo parlare di Irpinia enologica a cui tanti certo hanno contribuito negli ultimi 25 anni, primo fra tutti ovviamente Luigi Moio, ma voglio citare Molettieri, Caggiano, Gabriella Ferrara, Clelia Romano, Guido Marsella, la famiglia Capaldo con i Feudi. Ma senza l’azienda di Atripalda non staremo qui a scriverne territorialmente perchè ha dimostrato, proprio in questo periodo, di essere rimasta leader in un periodo di grandi trasformazioni in cui in tanti hanno provato a mettere in discussione, esplicitamente o implicitamente, la leadership senza riuscirci.
Proprio la figura di Piero Mastroberardino sarà ricordata come essenziale: ieri durante la visita mi è venuto in mente il nostro primo incontro, c’erano il padre Antonio e il fratello Carlo che ancora stava in azienda. Era il 1994 e si era appena consumata la separazione della famiglia e stavano sorgendo tante aziende. Un momento difficile. Bene, nel corso di questi anni Piero Mastroberardino ha creato la tenuta di Mirabella Eclano; rimesso a posto gli spazi ad Atripalda e creato un Museo del Vino che è unico in questo momento nella nostra regione; avviato per primo in Campania la vendita on line; aperto uno shop aziendale. Per primo, con il More Maiorum ha creduto al Fiano invecchiato sin dal 1995 e ha dimostrato di sapersi aggiornare con nuove etichette sperimentando per esempio i future con il Naturalis Historia resistendo alle mode, per esempio delle bollicine.
Questi sono i fatti. Ottenuti con lo stile del cuoncio cuoncio e sapendo usare a proprio vantaggio il tempo, la memoria, garantendo affidabilità ai consumatori.
Stilema torna al vecchio concetto da cui si era partiti, ossia mettere insieme le migliori uve dei diversi areali con metodi che puntano alla essenzialità del gusto senza concentrazioni e surmaturazioni, ossia senza effetti speciali. Tutto il contrario della filosofia dei cru. L’intesa progettuale fra Piero Mastroberardino e Massimo Di Renzo, grande professionista, da questo punto di vista è perfetta.
C’è anche un ritorno orgoglioso al passato con le bottiglie renane che si usavano in passato per Fiano e Greco, che a noi piace moltissimo.
Stilema Greco di Tufo 2017 docg
Il bianco si presenta con una energia incredibie, gli effetti sulfurei del vitigno si fondono con piacevolissime note fruttate di pesca. Al palato la beva è ricchissima, di gran corpo, salina, con una chiusura amaricante davvero piacevole. Un vino che ha davanti a se una vita infinita.
Prezzo: 20 euro più Iva
Stilema Fiano di Avellino 2016 docg
Appena un passo indietro rispetto alla 2015 dal punto di vista olfattivo. Le note di mela e l’accenno fumè sono meno intense ma ben presenti e si ritrova una perfetta corrispondenza tra fra il naso e il palato. Anche questo prevede di vivere eternamente, se rispettato da chi lo conserva.
Prezzo: 22 eur più Iva
Stilema Fiano di Avellino 2017 docg
Somiglia di più al 2015 ed è leggermente indietro come maturazione rispetto al Greco, ma è un vino ancora in potenza, da aspettare per un po’. Ma è una delle migliori espressioni di Fiano che abbia mai provato.
Stilema Taurasi 2015 docg
Sono un bianchista ma provare questo Taurasi per me è stato un tuffo al cuore perchè mi ha riportato ai primi comprati e bevuti, quelli degli anni ’80 anche se in realtà il riferimento tecnico che Piero ha voluto in questa bottiglia è quello degli anni ’50. Grandissimo frutto, impostazione tradizionale, un Taurasi di ottima bevibilità, da spendere persino su piatti di pesce strutturati; un rosso messo in cura dimagrante da una azienda che comunque non ha mai esibito effetti speciali. Si riconcilia così un ritorno al futuro pensando al passato, segno dell’eterno ciclo vichiano a cui tutto, anche le mode del vino, devono obbedire. Nessuno ha mai pensato di paragonare un Taurasi a un Pinot Nero, ma è esattamente quello che mi è venuto in mente con questo capolavoro.
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