di Giancarlo Maffi
Il giorno di Santo Stefano, che caso, ero buono anch’io a ricordarmene il giorno dell’onomastico , mi chiama il capo tribù: “Stefano Caffarri ti ha certamente mandato il suo libro di ricette, vero?”. Intordonuto da quattro chili del meraviglioso cappone speditomi da Carmine, compagno di merende di Ciccio Sultano, con carico da undici del ripieno mediato fra la ricetta di mia nonna e i preziosismi di Fabio Mazzei, chef di Filippo, ristorante à la page di Pietrasanta, non ho saputo capire il tranello e ho risposto sì!
Giulivo, il Pigna, con la scusa “allora la recensione me la fai tu, che lo conosci meglio di noi tutti”, mi affidava l’ingrato compito, scaricandosi la coscienza e soprattutto l’innata pigrizia da Gemelli, che ben conosco. Vai là che vai bene…Per non dire della bufala sulla presunta conoscenza dell’autore, perché uno così non lo conosce suo padre, figurati io.
Impossibile braccarlo a pranzo o cena, non viene se invitato e invece chiamare lui avverrà il giorno in cui qualcuno non si farà fregare da Pagano. Non andiamo d’accordo su quasi nulla, pur avendo una buona empatia andata e ritorno. Ho smesso di guardare i suoi voti sul Cucchiaio, anche perché alcune delle sue secondo linee mi fanno, a turno, sbellicare dalle risa che rischio il soffocamento oppure un prurito, pericoloso, alle mani.
Anche sui gusti femminini andiamo poco d’accordo e poi lui è ormai sposato in caveau blindato e non riesco a passare nemmeno da lì. Non parliamo poi di musica. Lui suona pure, e conosce nomi per me improbabili. Io al massimo sono ancora al “probabilmente uscì chiudendo dietro a sé la porta a vetri” di gucciniana memoria, figurati. Quando per scherzo gli dissi che mi piace Pausini non mi ha più chiamato per mesi.
Gli abiti poi, del Caffarri, te li raccomando: monocolore democristiano, nel giorno di lutto. Questa roba era meglio scritta dal Ciomei di Collodi oppure dallo Scarpato della Spezia, ma pare che a loro non sia arrivato, il prodotto.
Però è bravo, penso scorrendo le prime pagine di “Nuove Ricette Antiche, viaggio irriverente tra i fornelli italiani”, edito da Domus per il Cucchiaio D’Argento, di cui Stefano è dominus assoluto.
Belle le fotografie, che telodicoaffare, accettabile la prefazione, meno carica dei soliti suoi termini stravolti che a volte piacciono altre no, pallare per parlare (deve essere un corso di cinese andato a male), saporevolezza invece di sapore (pag. centoquattro), lumeggiare invece di chiarire (pag. undici), e via di, lo dice lui, “desuetismi, anacronismi e neologismi”. Insomma il Caffarri che aspira a far di meglio del Gioan Fu Brera.
Se ci riuscirà lo diranno gli eredi di Bartezzaghi, non certo il povero pirla (lui direbbe scriba) che vi scrive. Comunque, divide la baracca in sette capitoli: entrate, minestre, pietanze, dolcezze, cose varie, e poi le ultime due, molto interessanti, Sentieri e Paesaggi. In Sentieri il lievito naturale liquido, Stefano potrebbe ormai panificare a livello professionale, la pasta fresca, la pasta secca e il riso.
In Paesaggi parla di pianura, collina montagna e mare, con un bel passaggio sul Cilento e sulla bufala, con stupenda foto di una mozzarella che ti viene voglia di staccare la pagina e mangiartela. Assurda la mancanza di un accenno a una regione santa in tema gastronomico come la Sicilia!
Il gioco nelle ricette è inserire almeno un nuovo ingrediente in ogni preparazione e magari un po’ di contemporaneità, ma giusto un po’. Per esempio, la matriciana è inversa, la cacio e pepe è di riso, con fragranze orientali; le lasagne sono al cacao, con ragù di biancostato. Però mi pare tutto bene e tutto di non difficilissima attuazione. Belle le dieci o quindici righe di accompagno, in puro stile caffarriano, però anche gioioso e meno autocelebrativo del solito.
Uno sforzo notevole che merita i quindici eurini necessari per averlo, soprattutto con certa robaccia che gira in libreria. Ultima ma per me importante nota: la carta ha un ottimo profumo. Non è cosa da poco, quando si parla e si legge di cibo. E grazie per la dedica, vate. Che sia un pochino fanculatoria lo sappiamo in due, forse tre. Ma io la prendo come un complimento…
Nuove Ricette Antiche
a cura di Stefano Caffarri
Il Cucchiaio d’Argento
pp.190, 15 euro
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