Sembra ieri, ma è già un anno che Stefano Bonilli è morto. Lo ricordiamo nel modo migliore attraverso queste parole di Maurizio e due video beccati su Youtube. Uno montato da Massimo Bernardi nel quale è proprio Stefano che ripercorre la sua fantastica avventura umana, l’altro è una breve intervista ad Andrea Petrini dalla quale emerge la sua capacità di guardare sempre avanti.
di Maurizio Cortese
Stefano non amava le commemorazioni e la retorica nella quale è facile scivolare in momenti del genere. Tuttavia, dopo giusto un anno dalla sua scomparsa, credo sia giusto ricordarlo per ciò che ha rappresentato per tutti noi. Stefano Bonilli, critico gastronomico, ha saputo sempre anticipare i tempi. E’ stata la sua principale virtù.
E per questo motivo, per la sua capacità di delineare percorsi prima degli altri, credo che tutti gli addetti ai lavori gli debbano qualcosa.
Il suo zainetto blu, che l’accompagnava ovunque, custodiva metaforicamente il suo modo di rapportarsi al mondo. Al suo interno la solita pila di giornali, che tutte le mattina acquistava, tablet e computer di varie dimensioni, a testimoniare la sua capacità, esempio molto raro nelle persone della sua generazione, di saper guardare al passato, ma contemporaneamente anche al presente e al futuro.
Perché se con il suo Gambero Rosso, inizialmente costola del quotidiano Il Manifesto per il quale lavorava, aveva tracciato un importante percorso prima con la guida e poi con la rivista, ancora prima degli altri aveva intuito che parte di quel mondo si sarebbe trasferito in rete, anticipando nuovamente i tempi con il forum del Gambero Rosso e qualche anno dopo, nel 2004, con il suo blog “Papero giallo”.
Io sono fra quelle poche persone che negli ultimi anni lo hanno frequentato con maggiore assiduità, ben consapevole del privilegio che mi era dato, di poter godere della sua intelligenza, della sua straordinaria ironia, della sua immutata curiosità, anche per le più piccole cose.
Con me, appena dopo l’amaro epilogo con il Gambero rosso, aveva approfondito le sue conoscenze nel mondo della pizza, della pasta, anche attraverso gli eventi che organizzammo, e scoperto ogni angolo, ogni anfratto, della Penisola Sorrentina.
E più dei tanti ristoranti importanti della zona, che ovviamente già conosceva, si era particolarmente appassionato alle piccole trattorie, ai piccoli produttori, agli orti, raccontandoli come solo lui sapeva fare. E per questo motivo che oggi, a un anno dalla sua scomparsa, pesa ancora di più il non poter godere di quei suoi lucidi racconti per la volontà incomprensibile, anche se da un altro punto di vista rispettabile, di chi ha deciso di oscurare il suo blog papero giallo e la gazzetta gastronomica che insieme avevamo fondato.
Stefano era una persona schiva, riservata, ma a sua insaputa tremendamente ingombrante dopo che è andato via. Qui a Sant’Agata sui due Golfi, a un anno di distanza, mi sembra di vederlo ovunque. Al Bar Centrale, che divenne il nostro ufficio grazie ad un buon segnale wi fi, nei giardini del Don Alfonso dove spesso ci rifugiavamo per bere litri di acqua e limone dopo le grandi scorpacciate che ci facevamo in giro per ristoranti e trattorie.
Stefano è andato via proprio come sarebbe piaciuto a lui, all’improvviso e in silenzio. E proprio come sarebbe piaciuto a lui credo sia giusto per tutti noi ricordarlo, senza piangersi addosso, ma con un sorriso, magari davanti a un gran piatto o bevendo uno di quei vini che a lui piacevano tanto.
Ciao, Direttore, spero che l’aldilà, al quale non credevi, ti sia stato lieve.
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