Di Carmen Autuori
C’è un “prima” ed un “dopo” sia professionale che privato nella vita di Stefania Di Pasquo, chef e titolare, insieme al marito Tomas Torsiello che si occupa della sala, di Locanda Mammì ad Agnone, il paese molisano famoso per la fonderia delle campane Pontificie.
Lo spartiacque è stato il 2020, l’anno che ha messo in ginocchio il mondo, e in particolare quello della ristorazione, ma non Stefania: la giovane chef è figlia dei monti del suo amato Molise ed ha un carattere d’acciaio – celato dall’aspetto gentile – che emerge già alle prime battute della nostra chiacchierata.
Ma procediamo con ordine.
La laurea in economia ed un master in edilizia conseguito prima di entrare nell’azienda di famiglia non l’hanno distolta dalla sua vera passione ereditata dalla nonna paterna, classe 1915, che le ha trasmesso un mondo di tradizioni legate alla cucina, ‘ad Agnone quasi ogni giorno c’è un santo da festeggiare con un cibo particolare’, ci spiega divertita. A lei è dedicata la locanda perché nel suo paese le nonne si chiamano ‘mammine’, da cui il diminutivo Mammì.
Alla soglia dei trent’anni di una cosa è certa, anzi due: vuole ristrutturare un vecchio casale di famiglia per crearvi un B&B, così da poter avere l’occasione di preparare dolci per la prima colazione degli ospiti – passione per i dolci da credenza coltivata sin dalla più tenera età – e desidera restare nella sua terra, quell’entroterra straordinario, come tanti altri, che si trova lungo la dorsale appenninica, oasi di pace, di aria buona e di vita lenta, è lì che Stefania vuole far crescere una futura famiglia.
Grazie anche ad un bando regionale che incentivava la creazione di strutture dedicate all’accoglienza, furono avviati i lavori. Solo che alla fine della ristrutturazione il vecchio casale era diventato un’ampia ed impegnativa struttura con ben sette camere ed una sala di oltre 150 metri quadri.
Era arrivato il momento di decidere cosa voler fare ‘da grande’, e il cambiamento andava affrontato non solo con il cuore ma anche con la testa ossia con una solida base professionale da cui partire. Così, Stefania, si iscrive alla scuola di Niko Romito, a Castel di Sangro, dove ha conseguito anche un master, tutto nel giro di un anno.
“Quando sono arrivata in accademia ero totalmente estranea al mondo della cucina stellata – racconta -, avevo come bagaglio solo la cucina di nonna Esterina che, sia ben chiaro, mi ha dato comunque la percezione di quanto fosse importante la tradizione ed il territorio da cui essa traeva spunto. Una cucina fortemente identitaria che ha, poi influenzato le mie scelte future. La scuola mi ha fornito invece le basi, cioè la tecnica, e Niko mi ha sempre incoraggiato perché vedeva in me sé stesso all’inizio della carriera. Ma la cosa fondamentale è che grazie a questa esperienza sono passata dall’essere esecutrice all’essere ideatrice di un piatto. L’accademia mi ha stimolato il pensiero così da poter esprimere me stessa attraverso quello che cucinavo.
I primi anni alla locanda sono stati difficilissimi, dovevo confrontarmi con una cucina vera, con tutte le difficoltà che ciò comporta, dovevo essere io a risolvere in tempo reale i problemi, coordinare i collaboratori e tanto altro. E poi c’è da dire che dieci anni fa il fine dining in Molise era guardato con molto scetticismo, c’erano solo agriturismi. Però io ho avuto sempre la mia famiglia alle spalle che mi ha sostenuto e in quegli anni ho conosciuto Tomas che invece proveniva dal mondo dell’alta cucina essendosi occupato sempre della sala al ristorante Arbustico, dove suo fratello Cristian aveva conquistato la stella”.
Come dicevamo il vero cambio di rotta per Stefania si è avuto con il Covid, in quell’anno Tomas lascia Arbustico e raggiunge Stefania ad Agnone, si sposano e passano tutto il tempo della chiusura forzata a studiare, a sperimentare e a rinnovare Locanda Mammì.
<< Con Tomas siamo partiti dalla ristrutturazione del locale, alleggerendo molto gli arredi facendo sì che anch’essi rispecchiassero il territorio. Agnone, pur essendo fuori dai circuiti turistici, ha un suo indotto di nicchia grazie alle fonderie Pontificie che sono l’espressione di una grande tradizione di metalli, rame e una volta anche oro. Nel nostro locale è presente una parete interamente realizzata in rame, in onore dei nostri straordinari artigiani, decorata da una grande ‘presentosa’, il gioiello in filigrana che una volta lo sposo regalava alla sua promessa in segno d’amore. Abbiamo costruito un dehor, che usiamo per gli eventi.
A quel punto mi sono guardata attorno e mi sono detta che non c’era alcun bisogno di cercare altrove l’ispirazione, avevo tutto a portata di mano: materia prima d’eccellenza, tradizione e il testamento gastronomico di nonna Esterina. Allora ho deciso di portare in tavola piatti che fossero esclusivamente espressione della mia terra, tutti però rielaborati sulla base delle conoscenze acquisite nel mio percorso. Ho voluto dare grande importanza al vegetale, comprese le erbe spontanee: i nostri boschi sono un supermercato a cielo aperto. Il pesce è ‘di montagna’, quindi baccalà, aringhe, trote, acciughe, insomma ripropongo ciò che arrivava qui cento anni fa, le capesante, ad esempio, sono state bandite dal mio menù, appartengono all’altra Stefania. E tanta carne, di agnello in primis, come detta la migliore tradizione molisana, ma anche cacciagione. E poi i nostri magnifici caciocavalli, la manteca (una sorta di scamorza che contiene burro), è un antipasto che si trova sempre in carta. Sono ritornata alle cotture tradizionali, tanta soddisfazione mi danno i cibi alla brace, il fuoco regala un’infinità di sfumature di sapori, dipende dalla legna che si sceglie.>>.
Cosa si mangia a Locanda Mammì
Dimenticate i lunghi menù che sanno tanto di storytelling, qui sono due (estivo e autunnale) ed ognuno comprende quattro scelte per portata. La materia è trattata con grande sensibilità, senza troppi fronzoli, com’è lei d’altra parte.
Pane e manteca, come dicevamo, non manca mai. Il burro contenuto nel piccolo caciocavallo sostituisce l’olio.
La trota marinata e affumicata rivela la grande tecnica della chef. Non manca il tocco gentile (e femminile), dato dalla dolcezza della crema di carota.
Tra i primi il risotto alle ortiche è una vera e propria passeggiata nei boschi, mentre il tocco acido del kefir riesce a regalare la giusta freschezza. Le ortiche sono raccolte da lei stessa e le erbette di campo crescono spontanee nel piccolo orto.
Lo gnocco di caciocavallo ripieno di faraona è un omaggio allo straordinario formaggio a pasta filata realizzato con il latte che sa di pascoli incontaminati.
Tra i secondi la faraona alla brace è impreziosita dalla lattuga cotta prima in osmosi e poi arrostita, mentre il cervo con melograno e radicchio, piatto di grande esecuzione, è uno dei suoi cavalli di battaglia.
Lo scenografico baccalà alla pizzaiola è un piatto di grande immediatezza e riconoscibilità: baccalà in olio cottura, crema di pomodoro, di olive nere e di origano.
Veniamo ai dolci. Qui viene fuori la memoria e la fantasia di Stefania. Pane, vino e caciocavallo, la colazione dei contadini, diventa pan brioche caramellato, gelato al caciocavallo e crema al vino;
mentre ricotta e caffè, la merenda che le preparava nonna Esterina, diventa uno straordinario gelato al caffè, crema di ricotta e spuma al caffè.
Locanda Mammì ad Agnone
Contrada Castelnuovo, 86
Tel. 0865 77379
Aperto a pranzo e cena, domenica solo a cena
Chiuso lunedì e martedì
1-Catia Corbelli,l’ostessa di Mormanno
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