Ho assaggiato recentemente i vini di Stanko Radikon con il figlio Saša, a giugno, durante l’evento Mare & Vitovska al castello di Duino (Trieste), dove l’amica Aurora Endrici mi ha invitato come relatore al convegno e la famiglia Radikon esponeva ai tavoli di assaggio insieme ai produttori dell’Associazione Ribolla di Oslavia.
Chiedo pertanto a chi mi ha fatto conoscere più da vicino quest’affascinante realtà dei vini che ‘parlano sloveno’ parlarmi di Stanko Radikon. Mi rivolgo proprio ad Aurora, paladina della viticoltura di matrice italo-slovena, la quale mi ha invito queste righe accompagnandole con una testimonianza di Matej Skerlj, presidente dell’associazione Vignaioli del Carso e di Beniamino Zidarich, icona dei vini carsolini.
di Aurora Endrici
“Non aggiungerò nulla di quanto è’ già stato raccontato sulla vita da produttore di Stanko Radikon ma ti descriverò cosa sento al suo ricordo. Oggi più che mai nel quotidiano mi attraggono le persone vere, quelle che non cercano il consenso forzato e sanno essere sé stesse senza compromessi, le persone che conservano nello sguardo la luce di un ragazzo curioso, che con naturalezza sanno spiegarsi e spiegare il loro cammino… Ecco, Stanko Radikon era anche questo.Il mio battesimo con i ‘vini arancione’ lo devo a due vini e a due produttori: la Vitovska ad Edi Kante, la Ribolla gialla a Stanko Radikon. E’ il 2000, da poco laureata in mediazione linguistica, assaggio a Trento, mia città natale, la Vitovska macerata di Kante in occasione di un festival sulle minoranze linguistiche dell’arco alpino. E’ un autentico colpo di fulmine per questo stile di vino verace, vivo e minerale. Progetto allora il mio primo viaggio in Carso da dove mi si apre un orizzonte che tutt’ora mi appartiene. Come succede quando sei sulla strada giusta, le cose arrivano, di lì a poco mi trasferisco persino dal Trentino in Friuli. Conosco quasi subito Edi Kante, Beniamino Zidarich, Sandi Skerk e con loro nelle serate in cantina sul Carso, assaggio più e più volte i vini arancione di Radikon, dal Collio goriziano, nel segno di una condivisione di stile tra produttori di territori seppur lontani qualche decina di chilometri, tuttavia familiari per lingua e tradizioni di confine. Il desiderio di visitare la cantina di Stanko si concretizza nel 2005; in Friuli insegno in quel periodo Enologia all’ istituto alberghiero IAL di Aviano e scelgo di portare le mie classi in visita proprio da Radikon; ragazzi adolescenti, quasi nessuno di estrazione italiana, rumeni, albanesi, macedoni, qualche nordafricano, pochi friulani, tutti (forse) futuri maître o camerieri ma per il momento solo ragazzi. Stanko e la moglie Susanna ci accolgono come ospiti importanti e ci dedicano ore preziose di formazione, senza remora e con il sorriso, come se fossimo dei giornalisti importanti o qualche cliente affezionato. La prof alle prime armi e la classe più multietnica delle superiori friulane (miracolosamente silenziosa!) trascorre allora un pomeriggio indimenticabile insieme a Stanko, ad arrampicarsi sui tini, per vedere dall’alto Malvasia, Tocai e Ribolla a macerare sulle bucce, assaggiare i vini direttamente dalla botte, scherzare sull’etimologia di Jakot-Tokaj, parlare di vigneto e progetti di vita con quell’uomo vestito in jeans e maglione larghi, scarponi imbrattati e l’entusiasmo scolpito sul volto, lo sguardo sorridente e vivo . Il profilo di quella stradina che sulla verde e solitaria collina di Oslavia porta con sé memorie di guerre e di passioni silenziose, da allora mi ha legato ai vini arancione e al quell’idioma, quel melting-pot sloveno-italiano che unisce Collio italiano e Carso goriziano e sloveno e dal quale il mio animo di globe-trotter non riesce a staccarsi.
Anni dopo nel 2011, organizzo con Paolo Ianna e Fisar Venezia l’evento “Gradito l’Abito Bianco”, e voglio che ci sia in programma un degustazione speciale, credo ancora unica nel suo genere, una tavola rotonda tra produttori di Collio e Carso, come viaggio ideale nel territorio tra le regine, le autoctone Ribolla Gialla e Vitovska. La sala è gremita di pubblico, al tavolo siedono accanto a me per la Ribolla di Oslavia Stako Radikon, Marko Primosic, Franco Sosol e per la Vitovska del Carso Beniamino Zidarich, Sandi Skerk e Matej Lupinc. Stanko innamora tutti in sala, i fortunati presenti seduti in sala alla degustazione lo sentono autentico e franco ed escono da quella sala con l’animo appassionato di stimoli e leggero.
Mariagrazia Melegari, sensibile narratrice di territori e vini veri, è tra il pubblico quel giorno e realizza poi questo video della memorabile degustazione. Un ricordo ora per me, per tutti noi, doppiamente prezioso ..
Voglio che aggiungere un ricordo di Stanko da parte di Beniamino Zidarich, produttore icona di vini macerati di matrice slovena, amico da sempre di Stanko Radikon, che per tra i primi mi ha fatto bere i suoi vini … “Stanko era una grande persona, umile, semplice, sempre disponibile. Io ho imparato tanto da lui e grazie a lui sono entrato nel gruppo ViniVeri, un’esperienza che mi ha arricchito con produttore e come uomo.Sono decine e decine i ricordi che conservo di momenti condivisi con lui: le degustazioni a casa sua dove le ore passavano senza accorgersene, insieme alla moglie Susanna, agli amici Dario Princic, Paraschos, i fratelli Bensa, Edi Kante. Ci scambiavamo le nostre bottiglie da assaggiare, ci davamo consigli, tutti convinti di voler preservare nel nostro vino la memoria di gusti del nostro territorio. Conservo oggi gelosamente nella mia cantina una bottiglia di Merlot ’88 di Stanko, un grandissimo rosso e tante bottiglie di Ribolla gialla di varie annate. Stanko è’ stato il paladino dello stile della Ribolla gialla autentica, quella che non scende a compromessi, che esprime il gusto della terra marnosa del Collio, mai spumantizzata, sempre frutto di macerazione. Per me è’ un’autentica perla l’ultimo vino che Stanko ha creato, l’ ‘Oslavje – Fuori dal Tempo’ nato con l’annata 2000 ed uscito solo due anni fa; un esempio di come una cuvée di Chardonnay, Sauvignon e Pinot grigio possono modellarsi nel tempo con la macerazione proprio secondo il volto delle colline di ponca di Oslavia e assumere il gusto del terroir oltre l’uva. Stanko va ricordato in futuro come il vero paladino del vino naturale, che non aveva necessità di indossare etichette di produttore biologico o biodinamico: per lui fare il contadino significava essere autentico, un uomo senza cravatta ma con l’apertura alla disponibilità in qualsiasi momento verso gli altri, verso i colleghi, verso tutte persone pronte ad amare come lui la terra madre.
Le ultime parole su Stanko le chiedo a un produttore di nuova generazione che ha dichiaratamente imparato tanto da lui. Mi rivolgo a Matej Skerlj, determinato produttore del Carso triestino e attuale Presidente dell’Associazione Vignaioli del Carso con la quale ho la gioia di collaborare ormai da anni. Matej era fortemente legato a Stako, sia per la comune e forte esperienza nel gruppo di produttori naturali ViniVeri, sia come suo maestro e ispiratore del suo stile di vinificazione.
Intervisto Matej che inizia a parlare ruota libera….”Ti racconto un po’ come io e Stanko ci siamo conosciuti. Prima di cominciare a fare vino in bottiglia seguivo le fiere e coltivavo da sempre una passione per il vino naturale che a me piaceva tanto. In particolar modo mi aveva colpito la manifestazione ViniVeri che si teneva a Villa Boschi quasi in contemporanea di Vinitaly; sicuramente tra i tavoli ai quali ‘mi incollavo’ in maniera particolare c’era quello di Radikon…all’ epoca non ci conoscevamo, forse avevo 20 anni…mi ricordo tra le altre cose di avergli chiesto un cavatappi molto bello in omaggio e lui andò a prenderlo in magazzino e me lo diede: fai conto che era come per uno juventino ricevere le scarpette di Gigi Buffon o -diciamo meglio- per un interista ricevere le scarpette di Zanetti ( forse così è più giusto, sai, Stanko era interista…)
Poi come studente di vini naturali (anche oggi ovviamente studio ancora), sono andato a bussare alla porta di tanti produttori ‘maestri’ come Dario Princic ,Beniamino Zidarich, Vodopivec ed altri.. ma non poteva mancare lui, Stanko. Come tutti mi ha aperto le porte, dato consigli, aiutato, abbiamo bevuto qualche suo bicchiere, vini che parlano al cuore del resto come lui parlava al cuore …ero dell’idea – e lo sono anche oggi – che assapori ancora meglio qualsiasi vino quando vieni a conoscenza del produttore che lo fà.Da lì in poi ci siamo conosciuti meglio, abbiamo fatto assaggi insieme, mi ha regalato bottiglie che custodisco gelosamente, abbiamo trascorso capodanni insieme e non ultimo, mi ha stupito quando diverse volte mi ha invitato a casa sua per qualche festa o anche a cena, seppur fossi di un’altra generazione, e talora mi chiedessi cosa ci facevo in quel posto..ma, ero felicissimo..appunto come se Zanetti mi avesse invitato a casa sua…Per la cronaca andavo via sfinito, quando invece loro si mettevano a cucinare la pasta di mezzanotte o del mattino con aglio olio e peperoncino. Stanko era così…, difficile descrivere o immaginare per chi non lo ha conosciuto come fosse una persona capace di darti sul piatto la sua anima, ma con estrema lealtà nel dirti le cose vere, come stanno, senza fronzoli, senza il bisogno di dover apparire o essere per forza simpatico, con parole che ti prendevano dentro scavalcando ogni barriera, un uomo che ne ha viste tante, ma che con le sue parole ti incoraggiava e ti riempiva di positività, con la sua allegria, vitalità impressionante ti faceva apprezzare lo stare insieme, condividere passioni come se non ci fosse un domani…Un visionario, pieno di iniziative e di idee nuove, mai per il singolo, ma per il gruppo… io lo reputo uno vero”.
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