di Marco Contursi
Parmigiana di melanzane e linguina alla Nerano a febbraio? Naturalmente.
Come la pizza broccoli e salsiccia a luglio, e le arance ad agosto.
Tutto normale, perché “la gente lo chiede”. Ma la gente lo chiede perché avendo ormai abbandonato il modello di vita contadino, i cui ritmi e abitudini erano scanditi dal susseguirsi delle stagioni, oggi ha dimenticato quando andrebbe raccolta una melanzana o uno zucchino. E se un tempo trovare prodotti fuori stagione era appannaggio solo dell’alta ristorazione, per cui la materia prima è asservita alla tecnica, oggi il mancato rispetto della stagionalità è proprio anche delle trattorie, un tipo di cucina molto più simile a quella delle case contadine.
Importante rispettare la stagionalità dei prodotti
Due domande senza sofismi:
- E’ proprio necessaria la parmigiana o la nerano a dicembre? La risposta è sicuramente NO. Poiché la cucina italiana è cosi ricca di alternative, sia come prodotti che come ricette, che si possono cucinare mille altre cose gustosissime, rispettando la stagionalità. Più che altro, il mancato rispetto lo vedo come un limite di quello chef, che forse sa cucinare parmigiana e poco altro.
- Perché è importante rispettare la stagionalità? I motivi sono molteplici. Innanzitutto si permette a frutta e verdura di crescere naturalmente limitando l’uso di pesticidi, di altri aiuti chimici, della luce artificiale, della plastica delle serre. Sostenibilità ambientale della produzione, in parole povere. Inoltre se si consuma sempre uno stesso ortaggio, la cosa va a discapito di altri prodotti della terra che rimangono invenduti e quindi non vengono più coltivati e si perde in biodiversità. Poi perché i prodotti di stagione costano meno e sono più gustosi, essendo prodotti secondo natura. E che la natura non sbagli è provato dal fatto che l’organismo umano necessita di nutrienti diversi a seconda delle stagioni e quindi avremo più necessità di vitamina C nei mesi invernali, periodo di arance e limoni, mentre di maggiore idratazione in estate, quando angurie, zucchine, cetrioli, finocchi saranno di stagione.
Qualcuno ha osservato che il concetto di la stagionalità andrebbe applicato non solo a frutta e ortaggi ma anche ad altri prodotti alimentari e l’osservazione seppur giusta necessita di opportuni distinguo. La stagionalità si deve riferire al tempo di produzione, e non al consumo, perché se produco nel periodo naturalmente “giusto”, poi posso mangiare quel prodotto quando voglio. Gli esempi più evidenti di mancato rispetto della stagionalità di produzione sono la mozzarella di bufala e i salumi. La prima andrebbe prodotta in inverno quando le bufale fanno più latte ma la richiesta maggiore è in estate e quindi si ricorre alla destagionalizzazione dei parti, pratica di allevamento su cui si può discutere per ore in quanto, si cerca di ottenere il maggior numero di gravidanze nei periodi in cui si istaura l’anestro fisiologico della specie e questo già di per sé suona come qualcosa di sbagliato. Discorso similare per i salumi che vengono prodotti a livello industriale anche in piena estate, ricorrendo a celle e additivi chimici tutto a discapito dell’ambiente e della qualità del prodotto.
Tutto ciò andrebbe risolto, fornendo al consumatore una chiara educazione alimentare, che passa anche per chi somministra, ossia gli chef, perché se io non amo la zucca o la verza e mi viene proposta in modo vario e gustoso, inizierò a preferirla nei mesi in cui è di stagione, a zucchini e melanzane.
Basterebbe in pratica, ritornare alle buone tradizioni contadine, di quella civiltà rurale che viveva secondo il fisiologico svolgersi dei cicli naturali, in perfetta armonia con essi. D’altronde la stessa dieta mediterranea, era uno stile di vita e non solo un regime alimentare. E i centenari stanno tutti lì….
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