Vincenzo Donatiello è l’abile Food&Beverage Manager di Piazza Duomo ad Alba ed anche il mio sommelier preferito. Questo secondo punto non farà notizia ma credo interessante segnalare la grande dote che ha, quella di saper mettere a servizio dell’ospite la sua sconfinata cultura enologica, e la maestosa carta dei vini, senza imporre e ostentare. Traspare il solo piacere di guidare e consigliare. Una smemorata curiosa come me che preferisce l’ignoto piuttosto che il trincerarsi dietro comodi e blasonati cru trova in questa sua naturale predisposizione un motivo di piacere e sano godimento.
La sala gira sempre a mille e supporta con garbo la cucina di Enrico Crippa di cui già abbiamo scritto varie volte in questo blog.
Piazza Duomo è per me una tappa annuale, tanto mi piace. La prima volta con una stella, un servizio all’epoca troppo ingessato, piatti che rassicuravano ma sui quali il rombo del motore sotto la pressione dell’acceleratore già era evidente. Il ricordo di un dessert buonissimo, il muro di violette, mi accompagna da allora.
Partiamo con tanto divertimento con una lunghissima batteria di aperitivi precisi nell’estetica, nei sapori, nelle croccanti sonorità. Nel menù continui rimandi agli anni’80. Ci si trova a mangiare cose buone che nell’accezione del tempo lo erano solo in potenza. Alle idee si unisce la tecnica, il palato, la materia prima e l’insalata russa è la più buona di sempre, la maionese in abbinamento alle piccole zucchine un passaggio da commozione.
Piatto del viaggio le curve con pomodoro presentato ad Identità Golose, mi aveva incuriosito e sono felice di trovarlo in carta. Vari passaggi volti alla concentrazione degli ingredienti, su tutto una pasta al dente. Si compie l’opera di un piatto di pasta intenso, carnale, sofisticato e tagliente. Da tenere li e non togliere mai più dal menù.
Signature dish le tenere insalate con erbe, fiori e qualche nocciola gentile. Ogni foglia al posto giusto nel piatto. Una stratificazione di aromi di diversa intensità che parte delicata, si rafforza e torna nostalgica nella parte bassa della composizione, tra l’umido che richiama “casa” e finisce con un sorso di brodo di tonno essiccato, regalando al piatto l’ultimo aroma, l’umami , che chiude. Premio alla lunga masticazione.
I secondi cercano la cottura millimetrica, l’affondo nella memoria, l’allegria del palato che non si addormenta dietro le proteine e le dolcezze stimolato da continue note acide o amaricanti.
I dolci toccano le corde della memoria, ci ricordano che l’alta cucina è frutto di basi classiche e che a fronte di un lavoro di ricerca che può diventare anche estremo c’è sempre, e prima di tutto, una grande ganache!
In sintesi colpisce la capacità di lavorare, in campo, su verdure ed ortaggi e restituirli nel pieno del loro splendore. Emblematico ad esempio l’assaggio dei piccoli funghi all’olio, perfetti. E’ chiara la grande capacità di far fruttare al massimo l’investimento della coltivazione diretta in azienda. Occhio attento all’ottimizzazione dei costi e non solo alla creatività.
Oggi la cucina di Enrico Crippa è tra le più interessanti al mondo. Fortemente riconoscibile, personale e con una chiarezza di intenti manifesta. La freschezza dell’orto, l’esaltazione della complessità aromatica del mondo vegetale, la tecnica classica utilizzata per offrire sapori contemporanei.
Sempre giusti gli allunghi aromatici che ricercano triangolazioni insolite che scuotono il palato e ci contestualizzano nel mondo dei vivi. In parole povere se cercate la cucina morbida del già visto, già mangiato e già digerito, non venite qui.