di Adele Elisabetta Granieri
Studio di impasti, lievitazioni e tecniche di cottura, ricerca di produzioni di qualità, accostamenti di sapori, profumi e consistenze, per creare un equilibrio perfetto: la pizza di oggi è profondamente cambiata rispetto a 20 anni fa. La metamorfosi è avvenuta di pari passo con quella dell’abbinamento: abbandonata definitivamente la triste moda delle bibite gasate a tavola e riservata la birra industriale ghiacciata alle pizze mangiate nel cartone sul divano guardando la partita, è il vino a ritagliarsi sempre più spazio in pizzeria. La scelta è sempre più attenta e curata, spesso affidata a professionisti del settore, anche se in alcuni casi ancora si sente la mancanza di personale di sala formato ad hoc. Ma che vino si beve in pizzeria? Siamo andati a chiederlo ad alcuni big della pizza che hanno fatto propria questa tendenza, facendoci raccontare l’abbinamento che preferiscono proporre e i trend di scelta dei clienti.
“Mi piace proporre gli abbinamenti della tradizione, così sul nostro ripieno al ragù napoletano, che resta a pippiare per 6 ore con tracchie salsicce e cotiche, amo mettere un Taurasi di carattere, come quello di Michele Perillo” – ci racconta Emanuele Labagnara, sommelier di Concettina ai Tre Santi – “anche se spesso, per chi sceglie il menu degustazione, lo Champagne o le grandi bollicine italiane rappresentano la soluzione ideale, perché sono versatili e riescono a coprire più portate.” Alle pizze di Ciro Oliva, però, non mancano abbinamenti enologici più inediti e personali, come “Sette”Extra Brut di Opificio del Pinot Nero che sosta 7 anni sui lieviti, sulla “Pacchianella”, cotta due volte nel ruotino con lo strutto e condita con pomodoro San Marzano e datterino, alici di Cetara, olive, capperi, aglio e origano.
Ciro Salvo, patron di 50 Kalò, sceglie personalmente le etichette da inserire in carta, e se con i fritti ama suggerire bollicine d’Oltralpe, come la Cuveé Royale Brut di Joseph Perrier, disponibile anche al calice, sulla Margherita predilige un napoletanissimo Piedirosso dei Campi Flegrei. La liaison che più gli piace ricreare a tavola è quella tra la “Pizza e Patate” (a base di patate cotte con sedano, carota e cipolla, arricchite da provola affumicata e crosta di parmigiano) e il Fiano di Avellino di Guido Marsella, che esce dopo due anni dalla vendemmia e richiama nel calice la nota fumè della pizza.
Manuela Chiarolanza (esperienze da Pignalosa, Vitagliano, Martucci e da Pepe) a occuparsi della carta vini,declina tra Campania e Champagne. “Mi piace proporre la Viandante, una pizza fritta con mortadella, ricotta, zest di limone e granella di pistacchio, con Regina Sofia, un Aglianico rosato rifermentato dell’azienda Mustilli” – ci spiega – “anche se l’abbinamento più consolidato nel tempo è quello del calzone con scarola a crudo, alici, olive e capperi, con il Pallagrello Bianco Fontanavigna di Terre del Principe: fu Manuela Piancastelli a scriverne per prima, per Veronelli”.
Dai Fratelli Salvo scopriamo un dato interessante e divertente sul trend delle scelte dei clienti: mentre nella sede di San Giorgio a Cremano il consumo dei rossi rispetto ai bianchi è di 4 bottiglie ad 1, nella sede di Napoli il dato è praticamente invertito. Francesco e Salvatore Salvo propongono le grandi bollicine del Ferrari Maximum Brut sui fritti, ma restano profondamente legati al territorio quando alla loro “Cosacca” scelgono di abbinare la Falanghina dei Campi Flegrei di Contrada Salandra.
“Mi piace proporre la Campania, specialmente a chi viene da fuori”, ci racconta Francesco Martucci, patron de I Masanielli, che alla sua celebre “Mani di Velluto” (a base di vellutata di broccoli con acqua di ricotta di bufala, mozzarella di bufala, salsiccia di suino nero casertano e pecorino) ama far sposare la Falanghina dei Campi Flegrei di Selva Lacandona. “Mi sto appassionando sempre di più al vino, è un mondo che mi incuriosisce” – aggiunge Francesco – “e mi piace spaziare dai miei conterranei Pallagrello e Casavecchia alle grandi bollicine francesi”.
Carta campana con belle e dotte curiosità italiane nelle due pizzerie di Diego Vitagliano, curate rispettivamente da Eleonora Rescigno (Bagnoli)
E Manuela De Francesco a Pozzuoli.
E fuori dalla Campania che si beve sulla pizza? Ci hanno risposto Matteo e Salvatore Aloe dalla pizzeria Berberè di Castemaggiore (Bologna), vincitrice del premio “Migliore Carta dei Vini” di 50 Top Pizza 2019: “Da Berberè abbiamo scelto i vini con la stessa filosofia con cui selezioniamo gli ingredienti per la pizza, predigendo i vini naturali e artigianali e facendo ruotare spesso le etichette in carta, per avere una proposta varia, ma che resti veloce e accessibile”. Quanto all’abbinamento che preferiscono, ci raccontano: “La pizza con gorgonzola, speck e miele si sposa perfettamente con Pusole Bianco, Vermentino di Ogliastra dell’azienda Pusole, di grande aromaticità, ma al contempo fresco e minerale”. Particolarmente interessante la proposta di due vini “della casa”, realizzati appositamente da due piccole cantine: un rosso romagnolo da Sangiovese e un bianco veneto da Garganega e Friulano. “È il nostro modo di avvicinare gli ospiti meno avvezzi alla scelta del vino sulla pizza” – conclude Matteo – “perchè è la scelta più conviviale che ci possa essere”.
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