La vera pizza napoletana? Sicuramente non era fatta con le farine forti di oggi, per non parlare di quelle realizzate con gli integratori. Sino a qualche decennio fa l’impasto si otteneva con farine deboli che richiedevano una grande capacità del pizzaiolo nella lavorazione dell’impasto. Per fare un esempio ai non addetti ai lavori, una cosa è nuotare con le pinne altra ottenere lo stesso risultato senza.
Questo il senso profondo, tecnico se volete, dell’operazione celebrata con un pranzo di prova nella sede di 50 Kalò di Ciro Salvo al quale ha partecipato tutta la filiera produttiva: una dozzina di coltivatori di grano tenero sparsi fra Campania, Puglia, Molise, Basso Lazio e Basilicata, quasi tremila ettari che consentono di mettere nel Mulino Caputo circa 25 mila quintali di prodotto italiano coltivato nel migliore dei modi, senza chimica e con i più sofisticati sistemi di controllo satellitari che consentono di valutare al meglio e chirurgicamente gli interventi e gestore tutto il processo fino al momento della raccolta ottimale. La Green Farm di Michele Mennino dirige così ormai da sei anni il progetto Grano Nostrum che vede il Mulino Caputo come referente.
Il significato di questa operazione è duplice. Da un lato, lo abbiamo visto, c’è l’aspetto tecnico: la farina prodotta è di tipo 0, di media forza, cento per cento italiana, e vede come alfiere il pizzaiolo Ciro Salvo che la utilizza nelle sue due pizzerie, a piazza Sannazzaro e a Londra. Da anni Ciro Salvo porta avanti la sua personale ricerca sulle farine e sull’impasto per raggiungere standard elevati di leggerezza, gusto e digeribilità. Ha avuto modo di studiare e testare la nuova farina Caputo e, dopo un anno di esperimenti e test, ha calibrato con il Molino Caputo il blend ideale che risponde alle esigenze dei prodotti tradizionali di pizzaioli e panificatori. Di Grano Nostrum, Ciro Salvo ha inoltre condiviso da subito i valori che sono alla base del progetto: gli accordi di filiera integrata, la ricerca della qualità e l’approccio etico e sostenibile.
«Poter sfornare una pizza 100% italiana, a cominciare dalla farina, è un progetto che mi appassiona – spiega Ciro Salvo, Ho sempre creduto nell’eccellenza campana, tutti i giorni cerco di valorizzare attraverso le mie pizze le produzioni di piccoli artigiani locali, dal pomodoro all’olio extravergine d’oliva, dai latticini ai salumi, agli ortaggi che scelgo per le mie pizze vegetali. Con un impasto da farina di alta qualità, proveniente solo da grano italiano, del Sud Italia, è come chiudere un cerchio».
Il manico dunque si vede proprio nella capacità di fare grandi pizze con una farina senza trucchi e senza facilitatori. Inutile dire che in questo modo Ciro Salvo, campione d’Europa per le prime due edizioni di 50 Top Pizza e sempre nei primi cinque nella classica italiana, allunga deciso il passo sulla qualità.
Il secondo aspetto è politico: in Europa sono fermi oltre nove milioni di ettari per rispettare le normative mentre è indispensabile operare una politica di autosufficienza alla luce degli ultimi eventi. Perché se è vero che il grano ucraino non è decisivo nel consumo italiano, è anche vero che l’aggressione russa a Kiev provoca un aumento dei prezzi e comunque ci mette in condizioni di maggiore dipendenza verso altri mercati. «Per anni – ha detto Antimo Caputo – il prezzo del grano si è gioco al ribasso. E’ venuto il momento di dare valore a chi lo coltiva in Italia, c’è una domanda di grano italiano superiore all’offerta ed è giusto che i prezzi, fermi da oltre vent’anni, si alzino un po’. Non sarà certo questo ad incidere sui prodotti finali».
Il grano come elemento politico sin dall’antichità ci riporta a questioni ancestrali che avevamo rimosso in un mondo di pace dove tutto è sempre disponibile ovunque. Invece la guerra in Ucraina ha dimostrato la vulnerabilità del nostro paese su questo fronte e la necessità di spingere in Europa per la modifica dei regolamenti e sui prezzi per invogliare gli allevatori a coltivare buon grano. Ricordando una verità: non è il posto che fa buono il grano, ma la conoscenza di chi lo coltiva. Proprio come la pizza: non basta una buona farina per fare una buona pizza se non c’è il manico del pizzaiolo.
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