Con una giusta punta di orgoglio sul sito di Slow Wine si rende conto della grandissima presentazione che si è tenuta ieri a Torino durante la quale almeno un centinaio di persone non sono neanche riuscite ad entrare.
Una suddisfazione doppia perché la Guida, dopo l’intesa con la Fisar, è ormai la più diffusa in Italia. Una guida di scrittura, non solo di riconoscimenti, dove ogni scheda inquadra le aziende, è un invito al viaggio e alla consocenza del produttore. Una guida coerente dalla Val d’Aosta alla Sicilia grazie all’impegno dei curatori che partecipano personalmente a tutte le degustazioni regionali.
Il successo è nel fatto che non si tratta di una guida ideologica, ma aderente alla realtà del vino italiano, dove diverse tribù si incrociano senza parlare pur facendo parte, consapevolmente o incosapevolmente, dello stesso mondo, quello dell’Italia che sta camminando a schiena dritta in un momento molto difficile per il nostro Paese.
Nessun ukaze, nessuna fatwa, né ordini dall’alto e né esclusioni ideologiche. I vini si assaggiano tutti, lo sguardo è sempre alla vigna e allo storico di ciascuna cantina.
Una paziente scrittura della viticultura italiana che resterà per sempre e che ormai costituisce uno strumento di lavoro per chi si approccia al vino come studioso oltre che per gli appassionati o per chi ci lavora.
Nelle guide, come nella bottiglia, paga sempre l’investimento nella qualità. Artigiani siamo, e artigianato dobbiamo fare in questo benedetto Paese-)
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