di Andrea Petrini
Per questa ultima puntata di Delivery IGP ho voluto intervistare una bravissima imprenditrice del sud Italia, Simona Natale che, assieme a suo marito Gianfranco Fino, tanto stanno dando alla viticoltura della loro Puglia. Simona e Gianfranco stanno affrontando da anni sono dei visionari e, nonostante la crisi pandemica, non smettono di investire nei loro sogni!
Buongiorno Simona, anzitutto una domanda personale: come stai affrontando questa emergenza?
Lo facciamo come tutti, adattandoci ad una vita fatta di lavoro e zero viaggi. Da una esistenza sempre a mille in giro per il mondo a zero.
Ci siamo comunque dedicati al cantiere della muova cantina è questo non è stato per niente negativo. Abbiamo fatto la scelta di fermarci, niente e-commerce, niente delivery. Noi lavoriamo con l’horeca che è il settore più colpito e quindi non ci sembrava giusto percorrere altre strade.
Hai parlato di viaggi di lavoro. Cosa ti manca di quell’aspetto che ora è in stand-by?
Sicuramente gli abbracci, quel bagno di folla che ci dava la forza di non fermarci mai, quella sensazione di casa con i colleghi, quel modo di vivere un po’ girovago, che comunque mi dava tantissime emozioni.
Ti aspettavi questa nuova ondata di epidemia? Come la stai affrontando aziendalmente?
Ovviamente tutti abbiamo sperato di non vivere questa nuova fase che sembra non finire più. Stiamo combattendo per non fermarci. Ci spaventa solo il blocco del cantiere per la nuova cantina, non saremmo in grado di sopportarlo dopo tutti gli sforzi che abbiamo fatto.
Secondo te il nostro Governo ha preso tutte le misure adottate sono state sufficienti o si poteva fare qualcosa di più anche alla luce di questa seconda ondata?
Il Governo ci prova ma questa cosa è arrivata nelle nostre vite come un uragano. Nessuna Nazione era pronta a fronteggiarla. Avremmo tutti voluto non vivere questa guerra con un nemico così subdolo, ma allo Stato chiediamo solo che ci aiuti per ciò che concerne il costo del lavoro, che è un valore altissimo da sostenere per tutti noi, soprattutto per aziende come la nostra in cui è impossibile meccanizzare il lavoro agricolo, sia dal punto di vista filosofico che oggettivo, vista la nostra viticoltura così particolare.
Da noi in Puglia, poi, tra COVID e Xilella , l’impatto economico è stato davvero pesante, soprattutto se parliamo di piccole aziende agricole. C’è sicuramente bisogno di sostegno e di aiuti importanti a livello nazionale, ma soprattutto regionale.
Usciamo un pò dal discorso virus e parliamo di territorio, del tuo territorio. Che periodo sta vivendo il Primitivo di Manduria e, in generale la Puglia?
Secondo me ancora, nonostante tutta la situazione internazionale, siamo in un territorio privilegiato, innanzitutto climaticamente; infatti abbiamo solo dieci giorni all’anno veramente brutti… poi la Puglia si è sempre difesa anche da un punto di vista turistico con un rapporto qualità prezzo enormemente interessante. Quindi un territorio bellissimo, 800 Km di coste, una proposta assolutamente varia e comunque tutti luoghi in cui si mangia e si beve bene, per cui abbiamo tantissimo da offrire. Come comunicazione siamo ancora una delle regioni più interessanti del mondo e lo dicono anche i media.
La scelta di lasciare il consorzio, nel 2017 da cosa è dipesa e se siete ancora convinti che sia la cosa giusta?
Stiamo meditando di rientrare nel Consorzio rimanendo sempre della nostra idea di non rivendicare la DOC, almeno fino a quando non sarà imposto l’imbottigliamento in zona.
Per il 2021 cosa ti aspetti?
Spero che il mondo riparta, non solo da un punto di vista economico, ma umano. Tutti noi, in tutto il mondo, abbiamo bisogno di tornare a vivere. Credimi, è più un auspicio umano che commerciale, vorrei solo vedere la gente tornare a vivere una vita normale.
La Pandemia cosa ha cambiato e cosa cambierà nel mondo del vino?
Credo che nel mondo del vino la Pandemia non abbia cambiato nulla in più di ciò che ha cambiato in tutto il mondo. Sicuramente è cambiata la comunicazione che è pari a quella del mondo del food; i due mondi si sono completamente bloccati, oggi stiamo reinventando un sistema di comunicazione, ma io più che sul “on-line” sono calata nel mondo one to one, delle degustazioni che richiedono un contatto umano.
Che consigli daresti ai tuoi colleghi per affrontare al meglio il futuro?
Ai colleghi auguro di rimanere in salute, dobbiamo continuare a crederci. Non bisogna abbassare l’attenzione sulla qualità o lanciarsi in operazioni commerciali spregiudicate che servirebbero solo ad ingenerare confusione nel mercato. Io credo che “il bello ed il buono ci salveranno”.
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