Formaggi, la crosta si mangia? Risponde Valeria Vanacore
Una domanda che spesso sentiamo fare. L’abbiamo girata a Valeria Vanacore che ha un bel curriculum formativo e pratico: nata e cresciuta nei Campi Flegrei. Laureata con lode in Conservazione dei Beni Culturali, con tesi in Antropologia dell’Alimentazione con relatori Marino Niola e Licia Granello. Master in Comunicazione Multimediale dell’Enogastronomia presso l’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa in collaborazione con il Gambero Rosso. Sommelier Ais e Docente Onaf.
Lavora nel mondo del vino dal 2012 e in quello dei formaggi dal 2015. Da 7 anni ha aperto e gestisce da sola, a Pozzuoli, Polyphemos Enoformaggeria Flegrea, una piccola bottega di vini e formaggi artigianali provenienti da tutto il mondo.
In premessa dobbiamo precisare che bisogna fare distinzione di superficie (crosta) tra:
Valeria, sono nato nel culto trasmesso da mia madre che il cibo non si butta. Quindi faccio male a mangiare la buccia dei formaggi?
Vero. In passato nulla andava sprecato. Molti ingredienti che oggi definiamo “di scarto”, un tempo si andavano a collocare nella “cucina degli avanzi”. E anche per la buccia o crosta del formaggio era cosí. Se non c’erano motivi particolari per cui non fosse edibile, la si mangiava o la si utilizzava per arricchire delle pietanze, come la pasta e patate o zuppe di legumi e cereali.
Il vero esperto, o comunque diciamo l’appassionato, devo o no mangiare la buccia?
Dipende ovviamente dal tipo di formaggio. Se la crosta non é trattata con cera o non é attaccata da muffe indesiderate, come per i formaggi a crosta lavata (la cui crosta potrebbe assumere un sapore sgradevole con il tempo) non c’é motivo per cui non la si possa mangiare. Ovviamente un discorso a parte va fatto per le donne in attesa, poiché sulla crosta di alcuni tipi di formaggio potrebbe proliferare il batterio della listeriosi, letale per il feto.
Pelle, buccia e crosta del formaggio
La regola vale per tutti i formaggi, o è elastica, nel senso che per alcuni si e altri no?
La regola non é valida per tutti i tipi di formaggio. Nei formaggi a crosta lavata, sarebbe preferibile non mangiarla. Si tratta di quei formaggi la cui crosta viene trattata, appunto “lavata” piú e piú volte, con una soluzione di acqua e sale, favorendo la formazione di una buccia, talvolta piú sottile talvolta piú spessa, dal colore rosa tenue o piú intenso. Le muffe che si formano in superficie sono naturali ma indesiderate. L’esempio piú esplicativo é quello del Taleggio.
I formaggi a crosta fiorita, invece, hanno la buccia completamente edibile. Anzi, é il loro valore aggiunto e sono anche molto gustose. La loro crosta si forma con una soluzione di acqua e muffe del genere penicillium candidum o penicullium camemberti. Esempi di formaggi a crosta fiorita sono il Brie e il Camembert.
Per tutti gli altri formaggi, non ci sono controindizioni particolari che vietino di mangiarne la crosta, a meno che non siano avvolti in cera, plastiche, inchiostri e che non siano completamente ricoperti di muffe indesiderate.
Per godere in pieno del sapore di un formaggio, come bisogna procedere
al taglio della buccia?
Nel servizio di un formaggio, al ristorante ad esempio, la buccia non va mai tolta. Nel caso in cui essa non fosse edibile, basta spiegarlo al cliente. Ma mai togliere la buccia! Lasciare la buccia conferisce dinamicitá al piatto ed é anche bello dal punto di vista cromatico. E poi, mangiare alcuni tipi formaggio senza la loro buccia, non ha senso. Chi toglierebbe mai la buccia ad un Camembert?
Ma in fondo, come si forma la buccia? E’ un processo naturale o creato
dall’uomo?
Per alcuni formaggi, come le croste lavate e fiorite, le bucce sono create dall’uomo.
Per quelli freschi, come le robiole e la crescenza, si forma in maniera naturale, nel momento della maturazione/stagionatura. Nei formaggi a pasta dura, come il Parmigiano Reggiano, si forma durante la salatura. Le forme vengono immerse in grosse vasche contenenti una soluzione di acqua e sale (salamoia) e lí ci restano tra i 20 e i 27 giorni. In questo lasso di tempo, per osmosi, rilasciano il siero in eccesso e si forma una crosta bella dura e resistente in grado di supportare una lunga stagionatura.
Dai un'occhiata anche a:
- Collection Imperiale Creation no.1 la nuova espressione di Moet&Chandon
- La pizza di Antonio Troncone al carcere femminile di Pozzuoli per la festa della mamma
- Siculento ad Agropoli: c’è un po’ di Sicilia in questo Cilento
- Oltrepò Pavese: per la vendemmia 2024, qualità promettente, ma rese in calo
- Tenuta Tirelli a Faicchio, un’oasi nel verde della campagna Beneventana
- Sal De Riso presenta il dolce Principessa Pignatelli all’Ostaria Pignatelli di Napoli
- Il panforte cilentano della pasticceria la Ruota
- Un viaggio di sapori al Cariño Nikkei di Piazzetta Rodinò, Napoli