20 aprile 2002
La raffinata aristocrazia napoletana ha bruciato negli ultimi due secoli il suo reddito fondiario nei consumi in città, quella toscana reinvestendolo nei poderi. Forse ne valeva la pena: la corte borbonica era ben altra cosa rispetto a quella provinciale del Granducato, ma oggi noi speriamo che gli imprenditori partenopei non imitino l’esempio dei ricchi del passato seguendo invece le orme della borghesia toscana: investire nella terre, sulla vite, conviene all’ambiente e alla tasca. Prendete il caso di Antonio Moretti, per tradizione di famiglia impegnato nel tessile con marchi di successo quale Car shoe, la scarpa fatta a mano preferita da Giovanni Agnelli e Tronchetti Provera, e con Arfango e Bonora, che insieme a Gucci e Ferragamo segnano la storia della grande pelletteria toscana. Da tre anni Moretti ha rilanciato i vigneti della Tenuta Sette Ponti (Località Oreno a San Giustino Valdarno. Telefono 055.977.443. Sito www.tenutasetteponti.com) che il padre acquistò dalle principesse Margherita e Maria Cristina di Savoia d’Aosta. Trecento ettari, di cui 63 a vigneto, su cui lavora il winemaker Carlo Ferrini e la sua assistente Gioia Cresti. Risultato? In una zona, siamo sui colli aretini, dove si producevano vini leggeri sono nati due supertuscans, il Crognolo e l’Oreno, che hanno immediatamente raccolto consensi di pubblico e di critica. Il primo è un sangiovese in purezza con una punta di merlot, il secondo è un blend classico di cabernet sauvignon, merlot e sangiovese. Come vedete, anche in questo caso l’ideologia non condiziona le scelte: bene la tradizione, bene i vitigni internazionali. Volete una indicazione più precisa di dove si trova l’azienda? Facile. Prendete la Gioconda o la Madonna di Fusi di Leonardo: sullo sfondo c’è il ponte Buriano, è uno dei sette della zona dove nascono il Crognolo e l’Oreno.