CANTINA DEL TABURNO
Uva: coda di volpe
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Non mi stancherò mai di consigliare: fate scorta dei bianchi d’annata e conservateli con cura almeno due, tre anni. Vi regaleranno grandi soddisfazioni trasformandosi da vini del bere quotidiano a bicchieri delle grandi occasioni, da sfilare di fronte a piatti importanti e in momenti particolari. Può succedere tranquillamente con i Fiano, i Greco e la Falanghina del Taburno come dimostra la straordinaria perfomance di 2001 di Libero Rillo apprezzata da tutti avidamente inserita nelle carte dei migliori ristoranti della Campania, da Gennaro a Don Alfonso, di cui sono curioso di conoscere l’esito delle degustazioni delle varie guide specializzate che stanno per iniziare. Ma, questo è il punto, anche la Coda di Volpe, un vino di cui comunemente è nota la breve esistenza nei luoghi comuni a causa della bassa acidità di partenza, riserva grandi sorprese. Lo vedremo con alcune verticali in programma la settimana prossima a Battipaglia, io intanto l’ho verificato con il Serra Docile 2004 della Cantina del Taburno in questi giorni: un Coda fermentato ed evoluto in legno che, a quattro anni di distanza, mantiene intatte le sue caratteristiche. In effetti bisogna chiedersi cosa ci si attenda da un vino sui tempi lunghi, visto che la stragrande maggioranza dei prodotti esce pronto per essere bevuto subito in Italia. I bianchi campani possono dare una risposta precisa, atteso che a mio giudizio vengono venduti sempre troppo presto, immaturi e acerbi: in primo luogo, appunto, una certa ricomposizione in bocca nella quale l’acidità diventa passa dall’essere l’aspetto caratterizzante assoluto ad un elemento, portante ma più discreto, della beva. Questo fattore consente così di gustare meglio le altre componenti del vino in bocca, palato che rifletterà a questo punto un maggiore corrispondenza con sentori olfattivi evoluti e più complessi, meno turbati dalla pubertà del vino. Il Serra Docile, lo ammetto, mi ha spiazzato perché mi aspettavo un vino stanco, impegnato a sferrare gli ultimi colpi e invece l’ho trovato molto più fine ed elegante dell’ultimo assaggio, il legno pur presente ha quasi ripiegato un po’ su stesso lasciando spazio a toni di frutta gialla matura, ritorna il miele, ancora mineralità ben pronunciata. In bocca la freschezza caratterizza ancora meglio la beva, il vino è grasso, opulento, presidia saldamente il palato avvolgendo la lingua e regalando dunque una sensazione di pienezza nonostante l’annata abbia toni in generale più fini. Ma i sistemi di allevamento e la tecnologia in cantina oggi mettono l’enologo in condizioni migliori per correggere i difetti del millesimo e dunque progettare vini che riescano ad interpretare il rapporto fra frutta, clima e terroir nel migliore dei modi possibili. Lo abbiamo bevuto sulla pasta con la crema di acciughe salate del ristorante Gelsomare di Cala del Campo a Ispani nel Cilento avverso la quale ha giocato un po’ di contrasto con i suoi toni dolci e poi sovrastandola con la struttura e l’alcol ben presenti. Un vino ancora di lunga durata, il colore giallo paglierino carico è brillante e denota un impianto ancora perfettamente funzionando nella beva. Il Serra Docile per pochi spiccioli vi mette in condizioni di presentare qualcosa davvero valida e che consente di discutere fra appassionati ed è questa la favola più bella che i bianchi di questa regione possono raccontare.
Assaggio del 29 ottobre 2006. Ecco un vino delle grandi occasioni: complice l’annata che ha smussato le velleità opulente, la nuova versione di questo classico, un Coda di Volpe lavorato esclusivamente in barrique, si presenta in grande spolvero ed elegante. Il colore giallo paglierino carico annuncia infatti sentori di frutta matura, spezie, note minerali attraverso un impatto davvero molto intenso e assolutamente persistente, oserei dire un vino di naso internazionale, ricco, immediatamente coinvolgente e capace di sedurre anche chi non è un grande bevitore grazie al sottofondo dolce, diciamo mieloso, che segna con discrezione tutto il rapporto con il Serra Docile. Lo abbiamo annusato a tutte le temperature e il bianco ha mantenuto il suo carattere sempre, senza cedere nulla nemmeno a distanza di giorni volgendo magari a favore della frutta rispetto ai sentori del legno: la sua compatezza si conferma anche al palato dove naturalmente la freschezza non ha le stesse caratteristiche predominanti a cui siamo abituati con i bianchi campani e vulturini, ma ha un suo ruolo preciso, ben presente e in equilibrio con le altre componenti. Come sempre accade, il legno si fa da parte quasi immediatamente, ritorna solo alla fine della beva. Questo vino, riflettevo, ha ormai dimostrato che il livello dei vini meridionali è di qualità assoluta, indiscutibile, credo davvero ci sia poco da aggiungere in termini di sensazioni olfattive e al palato rispetto ad una produzione ormai maturta, seria, interessante, capace di esprimere il terroir e finalmente libera dal complesso di inferiorità di dover dimostrare qualcosa o dalla velletià di fare il vino più buono del mondo: le bottiglie fanno il loro dovere se riescono a far parlare il territorio e penso che ormai abbiamo decine di esempi in questo senso. Quello che manca, e vi si può rimediare solo con la serietà commerciale e la lungimiranza, è la costruzione della tradizione, ossia avere la possibilità di commentare e soprattutto reperire le diverse annate dei vini più importanti. In questo scaffale ideale, io ne ho scelti 140 nella guida che sta per uscire e nella quale ne abbiamo schedati 1500, c’è sicuramente il Serra Docile. Penso che mai come in questa circostanza Luigi Moio abbia speso bene la sua esperienza francese e quella decennale accumulata in Campania. Il suo incontro con la Cantina del Taburno è stato davvero felice, spero che anche la Cantina di Solopaca con Pizzi e la Guardiense con Cotarella riescano a fare prodotti così centrati come è accaduto a Foglianise, in rapporto qualità-prezzo assolutamente conveniente per il consumator appassionato. A patto che trovino il loro Pippo Colandrea. Il Serra Docile lo berremo praticamente su tutto, escludiamo solo le ricette con il ragù, poi va bene su tutto, compresi i dolci non dolci della tradizione appenninica che si richiamano alla tradizione latina come i biscotti al miele e la copeta.
Sede a Foglianise, via Sala. Tel. 0824. 871338, fax 0824. 878898. E mail: info@cantinadeltaburno.it, sito: www.cantinadeltaburno.it. Enologo: Luigi Moio. Ettari: nessuno. Bottiglie prodotte: 1.500.000. Vitigni:aglianico, piedirosso, falanghina, coda di volpe, greco, sangiovese,merlot
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