TERRE DEL PRINCIPE
Uva: pallagrello bianco
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
A distanza di sei anni dall’ultimo assaggio, e a dodici dal millesimo questo bianco fantatsico si presenta quasi come vino da meditazione ormai. Intendiamoci, non ci sono cenni di ossidazioni, il colore stesso è solo leggermente più carico rispetto agli ultimi prodotti e la freschezza resta assolutamente vibrante ed efficace nel regolare la beva. Da meditazione perché gli elementi dolci al naso e al palato con il passare degli anni si sono accentuati rispetto a quelli sapidi. Ed ecco, allora, come sempre, il mio bel pomeriggio in relax con questa bottiglia, simbolo di riscatto di un territorio e del suo vitigno principe. Buonissimo!
Scheda del 26 dicembre 2012. Dopo cinque anni è il momento di ristappare questo bianco che ci appassiona per la solita visita di controllo natalizia. Ebbene, crediamo che sia al nadir, grazie all’acidità ormai rientrata che, pur presente, è integrata in tutto il corpo enologico della bottiglia.
Il naso presenta un bel ventaglio che va dalla frutta a pasta gialla allo zafferano, al miele di acacia, alle speziatura dolci, in bocca la prima sensazione è il rimando dolce della frutta a cui segue molta sapidità che riempe la bocca, ripulita infine da una rinfrancante nota amara. Un vino vivo, che non mostra cedimenti ma, appunto maturità di quilibrio, pieno e di corpo.
La dimostrazione di come anche il Pallagrello Bianco, come tutti i bianchi coltivati su terre vulcaniche e in buona escursione termica, ha solo vantaggio dallo scorrere del tempo.
Un bianco da bere adesso, da spendere su piatti ben strutturati e complessi.
Scheda del 26 aprile 2007. Molto difficile dire sin dove si vuole spingere questa azienda sul fronte dei bianchi. Molto in alto perché Manuela è appassionata come me di questa tipologia di vino e non sente, come altri prodotturi, di giocare in serie B quando lavora il Pallagrello Bianco. Millesimo dopo millesimo la crescita di Terre del Principe è davvero impressionante, maturano evidentemente le vigne, ma anche l’esperienza dei nostri cari amici con il vitigno. Certamente la versione base è più pronta, ma già foriera di frutta davvero ben maturata, coerente con il progetto enologico di Manuela e Peppe seguiti da Luigi Moio. In questa versione del Sèrole la prima cosa che mi colpisce favorevolmente è il rapporto tra il legno e i sentori dell’uva e dunque del terroir, che sono davvero ben avvolti l’un nell’altro nonostante l’imbottigliamento sia ancora molto recente, poco più di un mese.
Un uso dosato della barrique che non ha piegato comunque le caratteristiche di un vitigno che si rivela essere fresco e pimpante, ricco di personalità e, in bocca, molto ben strutturato, minerale con il finale esageratamente lungo. Sicuramente in questa fase iniziale della bottiglia prevale la potenza, direi l’esuberanza del Pallagrello lavorato in legno, ma sono convinto che tra cinque o sei mesi di elevamento in bottiglia potremo parlare anche di eleganza, quella eleganza che già riscontriamo nel vino base che tanto ci ha colpito al Vinitaly.
La storia di Terre del Principe è anche la conferma di un assioma che non va mai dimenticato: l’enologo può dire come si fa il vino, ma alle sue spalle ci devono sempre essere proprietari pignoli e scrupolosi, capaci di seguire l’evoluzione e agire con prontezza. L’epoca del winemaker farmacista che lasciava la ricetta e tornava dopo qualche mese è ormai tramontata perchè non siamo più nella fase in cui basta fare un buon vino per essere in vetrina. Del Sèrole 2006 ci piace molto la complessità olfattiva che non è banalizzata bensì esaltata dalla barrique come sempre dovrebbe essere, la perfetta corrispondenza fra ciò che promette il naso e quel che mantiene la bocca, il fatto di trovarsi di fronte ad un bianco dalle infinite possibilità di abbinamento, sempre comunque con piatti ben strutturati e complessi. E, diciamolo pure, un bianco che si fa bere nonostante l’alcol proprio grazie alla freschezza. Siamo chiaramente sulla via di quella classicità di cui abbisogna ogni nuovo vitigno che si affaccia sulla scena enologica campana e che le vicende umane hanno interrotto, per fortuna solo per qualche mese. Attualmente ci sono molti buoni Pallagrello Bianco, ma nessuno ha raggiunto questa maturità enologica.
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