TERRE DEL PRINCIPE
Uva: pallagrello bianco
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Vista: 5/5. Naso 26/30. Palato 27/30. Non Omologazione 28/35
Dopo quasi tre anni questo bianco continua a vivere una magnifica evoluzione ed è davvero una soddisfazione aprirlo, trovarlo fresco e appagarsi confermando secondo me un dato di fatto: i vini di Luigi Moio devono essere sempre valutati sulla lunga distanza. Il corredo aromatico del Serole, a sei anni dalla vendemmia, sta fondendo le note dolci del legno, spezie, con la frutta in un equilibrio che sposta l’asticella verso la pesca gialla e il cantalupo.
In bocca c’è un attacco dolce che lascia spazio poi ad un corredo sapido e ancora molto fresco. Il dinamismo nel palato è pimpante, la beva chiude pulita e lievemente amarognola. Un vino complesso al naso e in bocca, decisamente appagante e rinfrescante. Siamo stati facili profeti nel predire una vita interessante a questo bianco, lo siamo dicendo che l’impressione della nostra bevuta pasquale è che il Pallagrello bianco 2005 ha ancora molte cose da dire nei prossimi anni. Sicuramente il millesimo 2005 è uno dei migliori di sempre.
Scheda del 20 agosto 2008. Non so quanti di voi hanno seguito i miei consigli e fatto scorta di questo bianco. A due anni esatti di distanza l’ho provato sulla linguina fatta a mano con cozze e pesto di broccoli di Maria Rina al Ghiottone e ci siamo consolati: non solo per l’abbinamento perfetto, ma soprattutto perché il Pallagrello di Manuela e Peppe è ancora assolutamente integro, direi anzi che ha assunto una plasticità classica, qualcosa di mai raggiunto con le altre versioni nelle quali il sentore di legno resiste sino all’inizio della decadenza (?) ossidativa. Invece qui è ancora la freschezza a farla da padrona, una freschezza quasi agrumata, baldanzosa, irrefrenabile, abbinata comunque ad un approccio olfattivo facile ma non scontato, decriptabile da tutti ma non per questo banale, anzi: le spezie dolci la fanno sempre da padrone mentre la bocca è ancora più giovane, non c’è insomma ancora quella perfetta corrispondenza fra naso e palato che si realizza quando i vini campani fanno il loro giro di boa.
In ogni caso vi rinnovo l’indicazione: fate scorta in primavera o quando escono e beveteli dopo due, tre anni. E’ in questo arco di tempo che i bianchi riescono a raggiungere la maturità necessaria per poter accedere alla tavola delle occasioni speciali. Una Corona, ben più che meritata per una esecuzione di classe, che riconcilia con il mondo e ci ricorda che le potenzialità esplorate delle vitivinicoltura regionale sono ancora immense.
Assaggio del 14 agosto 2006. Non è solo la stima per quanto hanno fatto Peppe e Manuela che mi spinge a regalarvi questo vino per Ferragosto. Il fatto è, cari amici, che si tratta di un bianco eccezionale, tra i migliori in assoluto dei 650 degustati coperti per la selezione di Vini Buoni d’Italia del Touring Club avvicinandosi alla soglia dei 90 punti e superando di gran carriera molti rossi blasonati e inferrettati.
In questi anni ho capito una cosa essenziale: non è solo l’enologo a fare un grande vino. Certo, il winemaker ti fa un buon prodotto, ma senza la cura quotidiana in vigna e soprattutto in cantina da parte del produttore è impossibile arrivare a creare bicchieri capaci di stupire il mondo e in questo caso si vede bene come la pignoleria caratteriale di Moio esasperata dal clima accademico sia accompagnata dalla passione e dalla cura di Peppe e Manuela in cantina. Questo vale per le piccole aziende, come in questo caso, ma anche per i grandi numeri come per esempio la Cantina del Taburno, dove pure lavora Moio, in cui opera Pippo Colavecchia che è l’asso della manica.
In poche parole, l’enologo non è l’aspirina che ti fa passare il mal di testa, serve una vita sana e gli uomori in equilibrio come sosteneva Ippocrate. V’è poi la vocazione di un enologo per un vitigno e per un vino: in questo caso devo dire che Luigi ha sempre centrato il dosaggio tra legno e frutta, anche nella prima vendemmia difficile 2003, qui più che con le Ortole quando ancora lavorava alla Vestini. All’inizio, diciamo i primi mesi, agli appassionati piace sicuramente di più la versione in acciaio, ma in questo caso, per la prima volta, devo dire che Le Serole mi ha soddisfatto immediatamente di più, e non solo a me.
Il motivo è da ricercare sicuramente nelle caratteristiche della vendemmia 2005 molto piovosa e difficile, una vera battaglia il cui risultato spesso è dovuto alla decisione di raccogliere l’uva al momento giusto, quando verso fine settembre c’è stata una piccola tregua e le uve hanno cominciato ad asciugarsi per essere poi vendemmiate a ottobre. Non a caso le varietà tardive stanno dando risultati soddisfacenti anche se non esaltatnti perché comunque il processo di maturazione dall’invaiatura in poi è stato molto lento e complicato. Sia come sia l’uva è arrivata sana in cantina, l’impatto con il legno è stato positivo e il vino si presenta già in grandissimo equilibrio, ricco di aromi fruttati e di spezie, intenso, persistente, molto elegante.
Davvero Terre del Principe si presenta con un batteria di vini molto interessanti, tipici e al tempo stesso moderni, cioé con la caratteristica dell’alcol e della concentrazione ma non legnosi. Spero che l’evoluzione arricchisca ulteriormente il 2005, così come è avvenuto con il 2003 di cui pure abbiamo scritto. Che dire, il Sérole lo berrei a tutto pasto e su tutte le ricette possibili ed immaginabili ad eccezione di quelle con il pomodoro: va bene sui formaggi non stagionati, sulla provola, sulle alici, sulle zuppe di legumi e di ortaggi, persino sulla pasticceria secca non eccessivamente zuccherina. Ma sopratutto da vero bianchista inguaribile, lo consiglio assoluto perché è un vino così ricco di sensazioni olfattive e gustative che è un peccato rovinarlo con il cibo. Fatene buona scorta e abbinatelo ai prossimi anni.
Sede a Castel Campagnano, contrada Mascioni. Tel 0823.867126 081 8541125. www.terredelprincipe.com. Enologo: Luigi Moio. Ettari: 3 di proprietà e 7 in affitto. Bottiglie prodotte: 30.000. Vitigni: pallagrello bianco, pallagrello nero e casavecchia.
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