Il Presidente dall’Associazione pizzaiuoli napoletani, Sergio Miccu, ha rilasciato la seguente dichiarazione:
Tre anni fa, il 7 dicembre 2017, abbiamo raggiunto un traguardo storico con il riconoscimento Unesco che ha iscritto l’arte del pizzaiuolo napoletano nell’elenco del patrimonio immateriale dell’umanità.
Le pizzerie in questi tre anni sono migliorate molto , perché sono più attente alla qualità delle materie prime da utilizzare ed al prodotto finale da offrire.
Abbiamo così compiuto un grande salto di qualità difendendo la nostra tradizione : questo anniversario purtroppo cade in un momento difficile ma siamo certi che anche questa volta la pizza ce la farà .
La pizza e l’arte del pizzaiuolo napoletano hanno sempre dimostrato di poter affrontare e superare le grandi crisi sociali ed economiche della storia dell’uomo, hanno affrontato fasi drammatiche come le guerre e l’epidemia di colera e riteniamo che anche in questa difficile contingenza saranno la leva per superare ogni difficoltà e per tornare a vivere come prima.
Come Apn quindi vogliamo lanciare un messaggio di speranza e di rilancio.
La pizza, alimento dell’elevato valore culturale , farà ripartire l’economia e tutto il comparto ristorativo. È da sempre il grande collante sociale della nostra città e per questo siamo certi che dalla pizza e dall’arte del pizzaiuolo ripartiremo e rialzandoci più forti di prima.
Il riconoscimento Unesco fu raggiunto dopo un percorso iniziato a Palinuro, in Cilento, durante una cerimonia con l’allora ministro dell’Ambiente Giancarlo Galan e il presidente dell’Unesco. La pizza fu inserita nella piramide della dieta mediterranea e nacque l’idea di far sì che l’arte dei pizzaiuoli fosse riconosciuta come patrimonio immateriale dell’umanità.
La nostra associazione a sostegno della candidatura raccolse due milioni di firme in tutto il mondo , tra cui tante sottoscrizioni persino in Corea e Giappone.
L’Apn inoltre è stata l’unica associazione che ha scritto il dossier di candidatura e richiesta dell’iscrizione, con il supporto del dott. Pierluigi Petrillo , componente del comitato intergovernativo Unesco.Bisogna ricordare che non parliamo di riconoscimento per la pizza napoletana in quanto prodotto finito commestibile e commerciale , ma per la cultura e la tradizione che la rende possibile, ossia per l’arte del pizzaiuolo napoletano.
Mi riferisco a gesti come lo schiaffo, alla scelta degli ingredienti, alla manualità, all’arte, insomma. Non a caso abbiamo realizzato una intera campagna di comunicazione dedicata al fattore U, quello che fa grande la tradizione. PizzaiUoli.
Il traguardo conquistato nel 2017 non fu che il culmine di una serie di altri obiettivi che erano stati inbprecedenza raggiunti, come quello del disciplinare che fu avviato nel 2007 per poi arrivare al marchio europeo di produzione della pizza napoletana Stg – Specialità tradizionale garantita nel 2010.
Una sigla con canoni ben precisi, che non è limitata al luogo geografico come ad esempio lo sono le Dop o le Igp ma che è più ampia. Aver ottenuto il marchio Stg è importante, perché abbiamo messo un altro pezzo in un puzzle che certo deve ancora essere pienamente completato.
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