Una voluttuosa sensazione di freddo subìto tra i castagni, gli olivi, le vigne appena piantate a Roccamonfina. E di pomeriggi a Galardi trascorsi a discutere senza fretta a rubarsi l’anima, perché internet non esisteva e il giornale poteva aspettare.
Hai compiuto il giro, visto tante cose nuove, ma i periodi di crisi ti liberano dal superfluo e riportano inesorabili all’essenziale: persone e cose lasciate dieci anni fa perché dovevi correre mentre loro non capivano stanno lì, di fronte a te, a fianco a te, e tu sai di essere tornato, non di essere arrivato.
Terra di Lavoro 2009 prova da botte
La vendemmia è stata fatta il 7, 9, 12, 14-16 ottobre.
Non hai la possibilità di fare lunghe disquisizioni. Il vino è fresco, lampone e un po’ di mirtilli, dal colore vivace e violaceo come da manuale. L’annata ti insegna un po’ di sottilezza presagendo la bevibilità, la scelta dei legni indica l’idea dell’affiancamento, così come del resto è sempre stato.
Il primo concetto da recuperare è quello di blend. In fondo abbiamo spinto tutti in Italia sui vitigni in purezza, e questo andava e va bene quando si tratta da distinguerli dall’indistinto e dagli intrugli in cantina. Poi alcuni come il Fiano, il Greco, l’Aglianico, la stessa Falanghina e gli altri bianchi campani vogliono vivere da soli a patto di aspettarli il tempo necessario.
Ma il blend di Aglianico e Piedirosso è quello tradizionale da sempre usato in gran parte dei vini campani, ha la sua ragione d’essere nei tempi diversi e nelle diverse caratteristiche delle uve che si compenetrano in un tandem d’eccezione. Qui la sottilezza del Piedirosso ha la funzione di rendere meno cupo il principale rosso della regione regalandogli un po’ di bevibilità, leggerezza, voglia di essere colto.
Terra di Lavoro 2008 Roccamonfina igt Voto 87/100
Colore: 5. Naso 26. Palato. 26. Non omolgazione: 30
La vendemmia è stata fatta in tre giorni: 9, 10 e 13 ottobre da vigne di 18 anni un quinto), 14 anni (un altro quinto), 12 anni (due quinti) e 5 anni. Dieci ettari di superfice vitata, resa di 60 quintali per una produzione finale di 30.000 bottiglie, 811 magnum e 289 doppi magnum.
Alcol 14%, acidità totale 5,10 gr, ph 3,50. Estratto secco 32 gr.
In azienda sono contenti, la definiscono la migliore raccolta di sempre insieme alla 2001.
Il vino si presenta complesso e sostanzialmente ancora non risolto. Al naso ha freschezza balsamica, lunghezza, frutta non matura e note di geranio, in bocca ha corpo, il frutto torna protagonista, l’iniziale dolcezza della lingua lascia subito il posto ad una rinfrancante sapidità che si conclude con un punta amara nel finale. Il tannino è ancora preponderante, ma in questa fase iniziale va molto bene così.
Il ruolo di Riccardo Cotarella in Campania è stato decisivo quanto quello di Moio. Entrambi hanno portato una idea di vino che si collegava per la prima volta ai grandi Bordeaux rendendo possibile una comparazione altrimenti prima inesistente, impensabile. Prima di loro il concetto di vino campano semplicemente non esisteva fuori dalla Campania, gli unici marchi conosciuti erano Mastroberardino e D’Ambra. Sembra l’era giurassica, parliamo invece di 18/20 anni fa quando la domanda era: “fate rossi laggiù?”. La Campania ha regalato grandi soddisfazioni a Cotarella e molti ritengono che sia proprio questo il suo vino-capolavoro. Alla luce di come si è dispiegato il rapporto con questa regione nel corso degli anni, ho maturato la convinzione che la sua relazione con i Feudi, cioé con l’azienda che ha raccolto più successi e che più di ogni altra ha fatto conoscere il vino campano fuori dalla Campania, è stato un coitus interruptus. Una occasione colta tatticamente ma mancata sul piano strategico.
Terra di Lavoro 2007 Roccamonfina igt voto 75/100
Colore 5. Naso 22. Palato 23. Non omolgazione 25 La vendemmia anticipata di una decina di giorni: 1-5 ottobre.
22.000 bottiglie prodotte, 811 magnum, 289 doppi magnum
Alcol 13,5%, acidità totale 5,20 gr, ph 3,60. Estratto secco 31,80 gr.
Si conferma il difficile rapporto con la 2007, annata calda anche se non siccitosa. Il vino è sicuramente in equilibrio pur dovendo registrare una impennata di alcol, la freschezza mantiene il tutto in maniera abbastanza dignitosa, ma l’eccesso di frutta matura rende impossibile penetrare nella giungla dei sentori e anche in bocca, pur non scadendo mai nella dolcezza piaciona, il tema è abbastanza monocorde con punte di noia.
La dolcezza e la morbidezza, ritenute negli anni ’90 caratteristiche da ricercare nel bicchiere sono i veri nemici dei grandi vini, quanto lo chador alla bellezza femminile. Dalla spasmodica ricerca di non irritare il palato e di suaderlo ci guadagnano solo le bottiglie scadenti. Una forza del Terra di Lavoro è stato quello di non cedere mai a questa tentazione in cui sono caduti tanti supertuscan mantenendo il proprio carattere anche in annate dove questo equilibrio con l’acidità è stato difficile da gestire.
Terra di Lavoro 2005 Roccamonfina igt Voto 93/100
Colore 5. Naso 26. Palato 29. Non Omologazione 33
Bottiglie prodotte 25.000, 811 magnum e 289 doppi magnum. La vendemmia si è svolta a metà ottobre. Qui in produzione viti di 15 anni per il 25%, di 11 per l’altro 25 e di 9 anni per la metà.
Alcol 13%, acidità totale 5,35 gr, ph 3,84. Estratto secco 35,50 gr.
L’ultimo vigneto entra in produzione dalla 2006.
Una estate piovosa dopo una primavera calda, ma le cose sono andate molto bene in cantina. Benissimo: lo smagrimento lascia ampio spazio alle noti minerali di cenere, fumé, il naso è fresco, di frutta appena colta, vicino al 2008 per capirci. In bocca il rosso è ricco di tensione, dinamico: non ha l’attacco dolce, immediatamente domina la sapidità abbinata al frutto rosso non polposo. Nonostante l’impianto fruttato non esaltante, l’uso del legno è magnifico, supporto da comprimario regalando appunto il tono balsamico e accenni leggeri di resina. Il vino è lungo, abbinabile, spettacolare nel suo percorso appagante. Di gran lunga il primo bicchiere a finire.
Esattamente nel 2000 fa facemmo l’altra verticale a Galardi. Fu un cosa molto intima, non più di dieci persone. Tale da farci amare profondamente il vino e l’azienda. C’era ancora Roberto con la sua verve tragica e spumeggiate, e si passò da pranzo a cena avvolti dal freddo come solo in serate taurasine mi è poi capitato. Da allora ho premuto su Arturo Celentano in più di una occasione, i tempi sono diventati maturi ed è stata organizzata al Due Torri di Presenzano in maniera magnifica, abbinata poi ai sapori ruspanti delle colline dell’Alto Casertano con una attenzione alla carne non comune in Campania. L’atmosfera è stata forse meno intima ma altrettanto coinvolgente grazie agli inviti ben gestiti dall’inossidabile gaffeur Teodoro Naddeo. Le annate vengono presentate da me, da Daniel Thomases e Gimmo Cuomo, Riccardo si riserva la 2001, a detta di molti il suo vero capolavoro. Tanti amici per una serata “mondiale” gestita con la giusta eleganza da Maria Luisa, Dora, Arturo e Francesco.
Terra di Lavoro 2003 Roccamonfina igt Voto 75/100
Colore 5. Naso 22. Palato 22. Non omologazione 26
Il periodo di vendemmia potrebbe far chiudere qua il commento: dall’11 al 23 settemre, con un anticipo medio di circa tre settimane.
Alcol 13,50%, acidità totale 5,30 gr, ph 3,70. Estratto secco 33,9 gr.
Il vino è salvato dalla decisione, mantenuta in tutte le annate, di far svolgere la malolattica in acciaio. Le caratteristiche sono da manuale quando si affrontano verticali di questo genere: spunta la conserva con spunti di cuoio, il colore volve sul granato, il naso è sostanzialmente monocorde con punte di stanchezza. In bocca le cose vanno meglio grazie alla irrefrenabile acidità dell’aglianico ed è questa una caratteristica di questo millesimo in Campania. Vale anche per i Taurasi che rivelano a distanza di sette anni insospettabile freschezza. In queste annate vale molto la capacità dell’enologo di prendere rapide decisioni per evitare il peggio.
Da bere tutto e subito per evitare di trovarsi a breve bottiglie in declino.
Fino a qualche tempo fa dire “calda” di una annata era buon aggettivo, come esporre le viti a Sud nei depliant. Di fatto le cose sono cambiate negli ultimi dieci anni, a partire dalla Duemila e questo è stato un segno favorevole per l’aglianico, uva tardiva che si è radicata nelle zone più fredde della Campania. Così quello che in passato era uno svantaggio ora sta diventando un formidabile punto di forza, che marca favorevolmente la differenza.
Terra di Lavoro 2001 Roccamonfina igt Voto 95/100
Colore 5. Naso 29. Palato 29. Non omologazione 33
Si vendemmia dall’1 al 5 ottobre. 9500 bottiglie, 250 magnum.
Alcol 13,5%, acidità totale 5,20 gr, ph 3,70. Estratto secco 32,40 gr.
Annata giudicata da tutti di grande equilibrio, con giuste piogge sparse in estate. La porta per entrare nel fantastico mondo del Terra di Lavoro così come è stato amato in questi anni: il naso è complesso perché parte offre toni di frutta matura avvolti in note balsamiche per poi dirigersi deciso verso il sottobosco, il fumé, note di funghi appena colti, pizzico di tabacco, sentori appena accenati di cuoio. In bocca è un torrente in piena, c’è tanta materia domata e condotta in avanti dall’acidità vibrante, niente dolcezze inutili, la beva è austera, coinvolgente, molto impegnativa, tanto da incidere a volte sulla stessa bevibilità. Insomma è un vino su cui non è possibile non stare concentrati. Lungo, lunghissimo il finale.
La prima vendemmia ufficiale del Terra di Lavoro è del 1994, siamo a San Carlo di Sessa Aurunca, territorio di grande importanza ai tempi dei romani, da cui si domina tutto l’Ager Falernus: era qui che si coltivavano i cru, la Bordeaux di Roma imperiale. L’attività vitivinicola era fiorente, ve ne sono infinite tracce, e lo sbocco era il porto di Pozzuoli. Fontana Galardi ha circa undici ettari. Due cugine, Maria Luisa Murena e Dora Catello e i rispetivi mariti, il barone Roberto Selvaggi scomparso nel 2001 e Arturo Celentano, sommelier, autore di un paio di raffinate pubblicazioni, e Francesco il fratello di Dora, sono i protagonisti di una avventura nata per gicoo nel 1993, quando si carezza l’idea di produrre un po’ di vino per autoconsumo. Due annate, 1994 e 1995, poi subentra Riccardo Cotarella e dal 1997 il vino diventa l’oggeto dei desideri, soprattutto dopo la benedizione di Parker che lo paragona ai grandi chateau bordolesi. Un successo travolgente che continua ancora oggi perché la crisi non ha neanche sfiorato questa bella impresa familiare. Le vigne sono a 400 metri di altezza su terreno vulcanico, con una densità di 4500 ceppi per ettaro. La fermentazione avviene a contatto con le bucce per 15 giorni del 1999 e 20 nelle successive con affondamento del cappello più volte al giorno. Dopo la malolattica svolta in acciaio, si procede all’affinamento in barrique nuove di Allier e Never per un anno. A seguire l’affinamento in bottiglia per altri 5/8 mesi.
Terra di Lavoro 1999 Roccamonfina igt Voto 94/100
Colore 5. Naso 28. Palato 28. Non omolgazione 33
Vendemmia dal 18 settembre al 18 ottobre. 5000 bottiglie, 91 magnum.
Alcol 13%. Acidità totale 5,10. Ph 3,70. Estratto secco 30
Una versione molto austera e affascinante, con frutto e legno perfettamente integrati fra loro, acidità scalpitante. Alcol e sottilezza di estratto ne facilitano decisamente la beva, meno impegnativa del 2001 ma ugualmente appagante e complessa. Domina la sapidità in bocca, con continui rimandi minerali e al sotto bosco. E’ forse questa l’annata in cui naso e bocca coincidono in maniera assoluta viaggiando in parallelo. Segno di una velocità di crociera raggiunta dal vino per un viaggio sicuramente molto lungo vista l’integrità del colore, la pulizia del naso e la struttura palatale.
E’ molto bello parlare di tradizione, a parte che si sia ben coscienti che in Campania una tradizione varietale ben delineata era presente solo a Ischia con la biancolella e a Tufo con il greco, non a caso tra i pochi vini dai caratteri ben definiti e immediatamente riconoscibili. La tradizione regionale prende piede solo dopo la crisi del metanolo, esattamente a cavallo tra gli anni 1990-1994 e dunque non ha alcun senso parlare di Terra di Lavoro come di un vino poco aderente al terroir. Prima del 1994 solo olivi, querce e castagni, certo, ma anche suolo a ridosso della bocca di uno spaventoso vulcano, buone escursioni termiche, ottima esposizione ben ventilata, altitudine di rispetto. Le condizioni per piantare la vite c’erano tutte e i risultati ci sono stati. La tradizione diventerà tale dopo il primo passaggio generazionale, perché è solo in quello che fa l’uomo che sia ha la possibilità di definire il tempo di qualcosa, come di un vino.
Terra di Lavoro 1997 Roccamonfina igt Voto 93/100
Colore 5. Naso 28. Palato 27. Non omolgazione 33
Vendemmia a inizio ottobre. 3000 bottiglie.
Alcol 13%. Acidità totale 5,20. Ph 3,70. Estratto secco 30,1
Annata calda ma con brusco abbassamento della temperatura, definita all’epoca “annata del secolo” ma a quei tempi queste cose si stabilivano a Montalcino. Si entra adesso nella storia del vino, con i terziari che lasciano poco margine al fruttato che pure resiste, dominano le note del cuoio e anche in questo caso la buona sapidità. Molto bene in bocca dove il vino dimostra di aver raggiunto equilibrio ad alta quota, la freschezza pimpante, molto di più di quanto non sia dieci anni dopo nel 2007 tanto per fare un esempio. Adesso, chi ne ha, potrebbe cominciare a berlo.
Chi immaginava di fare un vino di cui avremmo fatto la verticale dopo 13 anni? La domanda di Riccardo rimbalza molto spesso e credo che è quanto si chiedono oggi giorno tanti produttori a cui vengono chieste le vecchie annate. C’è bisogno di dirlo? Uno degli elementi che compongono la tradizione è la nascita di verticali, senza vecchie annate non sarà mai possibile parlare di distretti vitivinicoli maturi. Certo, all’epoca con una produzione così bassa era difficile resistere alla pressione, ma oggi, con 30000 bottiglie, crediamo sia saggio costruire uno storico corposo per passare il testimone alle future generazioni.
IL SERVIZIO FOTOGRAFICO E’ DI TONIA CREDENDINO
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