di Marco Contursi
Di serate belle sui salumi ne facciamo parecchie. Questa merita di essere raccontata. Non capita spesso di avere al taglio un prosciutto di suino (nero) casertano di 32 mesi e di suino mangalico di 36, più una ventricina di Vasto a fare da contorno.
La cultura dei salumi in Italia latita, con qualche timido segnale di ripresa, come ad esempio l’introduzione del simbolo del “salume”, nella guida Osterie d’Italia per premiare le osterie che valorizzano questo prodotto.
Da Botteghelle 65 a Salerno, la gastronomia del vulcanico Pino Adinolfi, invece sono 10 anni che i derivati carnei suini, trovano il loro regno: piccole produzioni artigianali ogni giorno a banco e serate incredibili ogni tanto.
Tante le persone alla serata sui prosciutti, nemmeno una sedia vuota ma nessun produttore di salumi presente, tranne Remigio Aiello di Angri, che aveva fornito uno dei prosciutti, l’altro era di Ciarcia.
Purtroppo non si comprende la valenza di simili momenti formativi.
Veniamo ai prosciutti. Entrambi suadenti al palato, con una nota di nocciola didattica in entrambi che si allungava a dismisura. Grassi nobili di incredibile scioglievolezza. Sentori carnei stagionati che rimarcavano la differenza fondamentale tra un 18 e un 36 mesi. I salumi vanno stagionati a lungo. Bocca pulita, unta ma non pastosa, come di olio evo. Un goccio di Mille Bolle, lo spumante rosè di Paolo Verrone e si è pronti per un altro assaggio.
La Ventricina, prodotto di pregio e presidio slow food, ha fatto da spalla a simili monumenti dell’arte salumaia.
Arte chiama arte e al taglio è venuto un artista del settore, Carmine de Cristofaro, la sua rosa di lardo, sembra uscita da un quadro di Irene Klestova.
C’erano anche i piatti cucinati da Pino (sfrionzola e crostata al cioccolato di Modica) e un altro bel vino, il Vigna Castello di Verrone, ma quel sentore di nocciola di prosciutti non mi lascia più, mi è entrato nella mente.
Serate uniche.
Da ripetere…
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