Avevamo incontrato Tommaso Morone al Tagliere di Salerno qualche anno fa, oggi lo ritroviamo nella sua terra natia, a Caggiano, dove nel 2015 ha aperto la sua SenzaTempo Osteria al piano superiore del ristorante Panorama esistente già da diversi anni.
Al padre di Tommaso piaceva cucinare ed è stato lui a trasmettergli questa passione che lo portò a decidere di studiare all’istituto alberghiero di Maratea dove si è diplomato e poi a seguire corsi con alcuni chef stellati tra cui Vito Mollica e Pino Lavarra. Ma una parte importante della sua formazione è quella effettuata da autodidatta grazie anche alle visite fatte presso ristoranti di alto livello nell’ambito delle quali ha catturato degli input e li ha mescolati con le basi della tradizione.
Qui, all’ombra del monte Capo la Serra, Tommaso, profondamente legato alle sue origini di cui è a buon ragione orgoglioso, offre una cucina che esprime attaccamento per il territorio con lampi moderni. I suoi piatti, che mostrano di essere fondati sempre su un’idea e di essere costituiti da elementi ognuno dei quali concorre all’equilibrio complessivo, rivelano la tradizione con mano contemporanea e sicura, ovvero rendono merito all’identità gastronomica dei luoghi pur rinnovandola con piacevoli guizzi.
In cucina è affiancato da Valerio Ciliberti che ha alle spalle una lunga esperienza di lavoro da In Tavola Banqueting di Emidio Trotta.
Nel menu, che ruota stagionalmente (circa ogni mese e mezzo), tra i prodotti del mare troviamo la seppia, il gambero rosso, il pesce bandiera, la colatura di alici, gli scampi. Mentre tra le carni faraona, fassona, cinghiale, agnello, galletto e maiale nero casertano. Tra i fornitori la macelleria Cillo di Airola. Ma anche l’orto è protagonista con piselli, carciofi, asparagi selvatici, fave, peperoni cruschi. Mentre dal bosco si attingono tartufi, funghi cardoncelli e pioppini, nocciole.
Nello scorso menu veniva proposta anche una pasta del giorno dopo, una specie di carbonara senza pancetta e guanciale presentata con fonduta di caciocavallo di grotta e un pezzetto di puntina di maiale e di salsiccia.
La regia della sala, che comprende 33 posti, è affidata a Luigi Manisera e Donatella Carucci che provvedono a un servizio garbato, attento e mai invadente.
Il benvenuto è all’insegna del re della cucina caggianese, il pasticcio, le cui origini sono antichissime e legate a diversi aneddoti tra cui uno secondo il quale la ricetta, che gli abitanti del luogo tuttora conservano gelosamente, è di origine francese e venne portata dai signori napoletani che trascorrevano qui al fresco della montagna le giornate estive. L’impasto di questa specie di torta rustica viene preparato con formaggi freschi, stagionati e semi-stagionati, carne macinata di vitello e prosciutto crudo, il tutto lavorato a mano, poi sistemato in una teglia unta con la sugna e cotto per circa due ore nel forno a legna. Chi non è del luogo, e quindi non può gustare il pasticcio durante tutto l’anno, ha la possibilità di apprezzarlo durante il Percorso Culinario organizzato dalla Pro Loco che si svolge ad agosto nel centro storico.
Ci viene poi servita una tartare di gamberi rosa su gazpacho e yogurt di bufala la cui acidità ben si sposa con la tendenza dolce del gambero e la freschezza del gazpacho e a seguire un goloso panino farcito di paté di faraona accompagnato da una salsa al pecorino in cui intingerlo per armonizzare il tutto e da uno strudel alla mela caldo.
Per primo abbiamo assaggiato gnocchi di patate fatti a mano con pesto di zucchine, scampi e caviale mujjol. La pasta fresca è fatta sapientemente in modo tale che non si incolli al palato come spesso accade con i prodotti industriali ma scivola piacevolmente mescolandosi in modo equilibrato con la salsa e con il caviale che serve ad apportare sapidità facendo da contrappeso alla tendenza dolce delle altre componenti.
Poi abbiamo provato dei cappellacci con genovese di cinghiale cacciato, crema di patate affumicate e asparagi selvatici dove la tendenza amarognola degli asparagi compensa la tendenza dolce del ripieno. Un piatto che profuma di bosco, quello vero.
Particolarmente rilevante la cottura del filetto di nero casertano eseguita a bassa temperatura sottovuoto così da farlo diventare tenero e succoso, accompagnato da una crema di topinambur ammorbidita dalle patate, funghi cardoncelli e un rinfrescante gelato alla mela annurca che ripulisce il palato preparandolo al momento finale.
In conclusione una interpretazione della cheesecake composta da striscioline che ricordano le chiacchiere appoggiate su gocce di ricotta di bufala mantecata punteggiate da frutti di bosco. Il piatto di servizio è di design e porta la firma dell’architetto Massimiliano Fuksas.
In carta sono presenti anche altri due dessert, una mousse al cioccolato bianco con gelato al pistacchio, crema alla liquirizia e terra al cioccolato e un tortino al gianduia.
La lista vini, che contiene circa 50 etichette, è ragionata e i ricarichi sono onesti.
L’arredamento è in stile moderno ma il legame con le radici è ben presente ed evidenziato dalle piante di olivo collocate in diversi punti tra i tavoli.
L’atmosfera è soft con una delicata musica in sottofondo.
Tre i menù degustazione disponibili comprendenti 2 antipasti, 2 primi, 1 secondo e 1 dessert; quello di Terra a 35 euro, quello di Mare a 45 euro e quello misto di Mare e Terra a 40 euro.
Una esperienza davvero bella. Un posto adatto per una cena romantica o per godersi un pranzo durante le belle giornate quando dalla terrazza e dalle vetrate che definiscono il perimetro della sala, si può far spaziare lo sguardo da Caggiano agli Alburni fino al mare del Golfo di Salerno.
SenzaTempo Osteria
Contrada Forluso
Caggiano (Sa)
Tel. 0975.393470 – 393.1793575
Chiuso lunedì e martedì
Ferie 2 settimane a novembre
Foto di Novella Talamo
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