Selvetelle, nuovo Greco antico

Pubblicato in: I vini del Mattino

Irpinia e Sannio sono ormai diventate una grande riserva di caccia dove gli appassionati di vino possono scorazzare a piacimento. Oltre i nomi storici, oltre le aziende cresciute negli anni ’90 e note in tutto il paese grazie alle quali la viticoltura campana è tornata d’attualità, c’è infatti una batteria di piccole cantine capaci di riservare straordinarie sorprese. Per comodità andate pure alla Maschera di Avellino, dove i ristoratori possono imparare come si fa una carta dei vini. Anzi, le carte, visto che una è interamente dedicata alle bottiglie irpine che si possono chiedere, tutte, al bicchiere, l’altra inizia con le regioni del Sud relegando il resto d’Italia alla fine. Così si fa quando si vuole interpretare un territorio e, soprattutto, quando non si soffre di quel provincialismo tipico di alcuni ristoratori capaci di infilare Sassicaia o Gaja senza avere la Falanghina o l’Aglianico prodotti magari a pochi metri. Una sola eccezione giustifica scelte simili, e riguarda i ristoratori della Terra delle Sirene dove la clientela è internazionale. Considerazioni da fare provando il Greco di Tufo 2005 di Centrella, microscopica azienda, appena due ettari, a Torrioni, alle prese con un solo vitigno, come le mie amatissime Torricino, Marsella, Picariello. Carlo e Andrea, padre e figlio, sono impegnati nel vigneto dal 1977, la prima etichetta è del 2005, annata molto difficile che ha obbligato ad una vendemmia anticipata e flagellata dalle piogge. Il primo sorso l’estate scorsa, il vino era assolutamente scomposto, poco equilibrato al naso con la prevalenza dello zolfo esuberante su cui galleggia questa parte della provincia di Avellino, l’indicatore di freschezza esagerato anche rispetto ai miei parametri personali. Poi, mese dopo mese, la ricomposizione, il brutto anatroccolo è diventato un bel cigno sino alla rivelazione della settimana scorsa quando ho avuto la possibilità di godere del naso ricco, fruttato e minerale, di una freschezza ben equilibrata con l’alcol e la struttura, di una beva lunga e pulita. Davvero un Greco di spessore che solo adesso inizia a vivere anche se degustatori professionali come Diodato Buonora e Gaspare Pellecchia ne hanno scritto mirabilie sin dal primo incontro con questo Greco. Una sola critica allora: deve essere in commercio a un anno dalla vendemmia, magari un po’ più caro. Oppure, chi lo compra, deve aspettare. Il bianco di Centrella non mi fa pensare alla cucina di mare, ma a quella contadina senza pomodoro, ideale ad esempio sulla zuppa di cipolla ramata di Montoro fatta dalla giovane chef Antonella Iandolo, per citare ancora La Maschera di Luigi Oliviero, the man in black. Grazie ai suoi viticoltori, l’Irpinia è diventata il territorio meridionale più grande da esplorare e da bere.


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