Selvaggia Lucarelli e Giovanna Pedretti. Questa storia triste merita almeno due righe di riflessione più approfondita e distaccata.
In primo luogo appare chiaro che finchè sarà garantito l’anonimato sui social e su piattaforme come TripAdvisor il Far West di questi anni è destinato a durare a lungo. Odiatori che nemmeno ti aspetti, ma che il più delle volte sono più vicini a te di quanto tu possa pensare, non devono perdere manco più il tempo a scrivere lettere anonime e spedirle con il francobollo di nascosto. Questo è il primo cerchio concentrico che, come l’antica Inquisizione, ti mette nella condizione di essere imputato di qualcosa che tu nemmeno hai mai immaginato di fare ma che chi ti odia farebbe se stesse al posto tuo.
Il secondo tema è la scalata sociale sui social. Cosa c’è di più bello che fare i soldi a palate senza avere alcuna qualità se non quella di saper surfare sugli umori e i sentimenti basici e animaleschi delle masse?
L ‘Agcom ha inziato a mettere finalmente i paletti proprio in questi giorni. Al momento per quelli che hanno più di un milione di follower, in realtà dovrebbe valere per tutti: ossia dire chiaramente quando un post, un video, un reel, ha un contenuto pubblicitario e quando invece è frutto di una pura recensione, così come stabilisce la legge sulla stampa.
Pretendiamo sempre più chiarezza sulle etichette dei prodotti, perchè non chiedere lo stesso per quello che ci viene messo sotto gli occhi spesso sotto forma neutrale?
Queste due sono le macro questioni. Sarei prudente nell’emettere giudizi di responsabilità dell’accaduto perchè, se il suicidio sarà confermato, in questo caso vittima e carnefici appaiono seguire la stessa aspirazione, quella della visibilità a tutti i costi, costi quel che costi.
Se c’è una differenza, probabilmente è nella conoscenza dei meccanismi che portano alla viralità di un post. Nel caso della vittima, la signora Giovanna Pedretti, sicuramente non poteva immaginare che la cosa avrebbe avuto una simile risonanza, se non la falsa (ammeso che sia tale) recensione quanto meno la sua risposta.
La viralità ha delle regole precise che spesso consiste in una sola: dire la cosa giusta al momento giusto un minuto prima degli altri, come un surfista che deve cavalcare l’onda. E questo può essere una tecnica consapevole o, come nel caso della vitima, sicuramente inconsapevole. Ne ebbi contezza quando durante il lookdown pubblicai la lettera di una sconosicuta ai più ristoratrice di Apricena all’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte che fece un milione e centomila letture. Quando la chiamai lei mi pregò di non farle rilasciare altre dichiarazioni spaventata dall’effetto che aveva avuto quel suo semplice gesto. Un banale sfogo su facebook. Di qui ls considerazione più generale: non c’è errore più grande di quello di sfogarsi sui social, chiunque tu sia.
La polemica di Selvaggia Lucarelli
Nel caso di Selvaggia e Lorenzo Lucarelli possiamo tranquillamente dire, invece, che il meccanismo lo conoscono benissimo. Si tratta di entrare a gamba tesa su un fatto di cronaca, non necessariamente con protagonisti importanti, di cui si è parlato molto nei media, con una contronarrazione credibile rispetto a quella predominante. Quello che Selvaggia Lucarelli definisce “ricerca della verità” altro non è che una raffinata tecnica per nuotare sino alla cresta dell’onda e poi, surfando, diventare a sua volta protagonista della discussione.
Un tempo si chiamavano polemisti, ma avevano ben altri argomenti che quelli della colletta a favore di un ragazzo aggredito da uno squalo o di una anonima ristoratrice che replica ad una recensione. Ma il fatto è che, nel mondo social, una notizia vale l’altra (Dagospia docet) sino a quando qualcuno di noi non è direttamente coinvolto. Per esempio l’entrata in guerra dell’Italia contro la Russia ci riguarderebbe tutti e diventerebbe sicuramente più importante di quanto non lo sia adesso. Il social è un antidoto alla organizzazione pratica di una coscienza collettiva di massa.
Ma un popolo come quello italiano, tra i più analfabetti dell’Occidente con i suoi 28 milioni incapaci di scrivere e leggere, ovviamente valuta le cose di prossimità senza una prospettiva di ampio raggio, venute meno le scuole di partito e di tutte le altre forme associative del passato Ottocentesco durato sino alla nascita del social. E la prossimità è data dal cellulare e dalla televisione.
L’aspetto finale di questa lezione è che in questo Far West in cui ognuno crede di avere ragione, in cui ci si schiera a prescindere senza ragionare, ogni atto di notorietà può diventare un boomerang e lo stesso popolo che ti ha messo like chiede poi vendetta il giorno dopo. In questo Selvaggia stavolta, forse perchè inaspettatamente sotto pressione proprio come Chiara Ferragni, ha fatto un passo falso che ha peggiorato la situazione con un post in cui non mostra compassione per l’accaduto. In questi casi l’unico antidoto è il silenzio, perchè tanto il web dimentica presto, prestissimo.
In questa vicenda nessuno è da condannare, è l’andazzo dei tempi. La speranza è che serva semplicemente a prendere le misure per limitare il Far West in cui ci troviamo dove tutti quanti noi possiamo un momento prima essere eroi e un momento dopo delinquenti da mettere in croce.
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